Dopo i progressi compiuti sulla rigenerazione dei nervi danneggiati, grazie a una terapia sperimentale a base di anticorpi, e con il trapianto di cellule staminali, una molecola, scoperta da un team di ricercatori del CHUM Research Centre e del Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Montreal, promette adesso di rallentare il progresso della malattia di Davide Patitucci | 11 luglio 2015
Un nuovo passo avanti nel contrasto alla sclerosi multipla. Dopo i progressi compiuti sulla rigenerazione dei nervi danneggiati, grazie a una terapia sperimentale a base di anticorpi, e con il trapianto di cellule staminali, una molecola, scoperta da un team di ricercatori del CHUM Research Centre e del Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Montreal, promette adesso di rallentare il progresso della malattia.
Si chiama “Mcam” (Melanoma cell adhesion molecule) e, come illustrato in uno studio pubblicato sugli “Annals of Neurology”, rappresenta la base di partenza per la realizzazione di un farmaco in grado, potenzialmente, di rallentare lo sviluppo della malattia. “Potrebbe essere la prima terapia con un effetto concreto sulla qualità della vita delle persone colpite da sclerosi multipla, riducendone la disabilità in modo significativo”, afferma Alexandre Prat, a capo del team canadese.
Secondo l’Associazione italiana sclerosi multipla (Aism), nel mondo la patologia colpisce tra i 2,5 e i 3 milioni di persone, 600mila in Europa, di cui circa 72mila solo in Italia. Nella maggior parte dei casi la malattia è diagnosticata tra i 20 e i 40 anni, in prevalenza a donne, tra le quali l’incidenza è doppia rispetto agli uomini. Le cause della sclerosi multipla sono ancora in parte sconosciute.
Nel mondo la patologia colpisce tra i 2,5 e i 3 milioni di persone, 600mila in Europa, di cui circa 72mila solo in Italia Pubblicità
Quello che gli scienziati hanno finora scoperto è un collegamento con un difetto nella barriera emato-encefalica, che normalmente impedisce alle cellule del sistema immunitario di raggiungere il cervello. Negli individui colpiti dalla malattia, invece, questa barriera non è efficace, favorendo il passaggio di alcune cellule immunitarie come i linfociti CD4 e CD8. Queste cellule, che in genere difendono l’organismo dall’attacco di agenti estranei, in questo caso aggrediscono il cervello distruggendo la guaina mielinica, il manicotto isolante che protegge i neuroni e velocizza la trasmissione degli impulsi nervosi. La conseguenza è la comparsa di paralisi muscolare, che spesso degenera in disabilità cronica.
Il ricercatore: “Abbiamo osservato un calo di circa il 50% dell’attività della malattia nei topi con encefalite autoimmune sperimentale” “I nostri studi – spiega Prat – hanno mostrato che la proteina Mcam è necessaria per la migrazione dei linfociti CD4 e CD8 attraverso la barriera emato-encefalica. Se blocchiamo la sua azione, infatti, l’attività della malattia viene in qualche modo ridotta”. Lo studio per il momento è stato effettuato solo su gruppi di cellule umane fatte crescere in laboratorio, e sui topolini. “Abbiamo osservato – aggiunge Prat – un calo di circa il 50% dell’attività della malattia nei topi con encefalite autoimmune sperimentale, il modello animale più utilizzato per studiare la sclerosi multipla”.
Risultati che incoraggiano gli scienziati ad andare avanti nelle loro indagini. Proprio in queste settimane dovrebbe, infatti, partire un primo trial clinico per valutare anche sull’uomo l’efficacia di un possibile trattamento basato sulla proteina Mcam. “La cosa più significativa, e promettente, che abbiamo osservato – conclude lo studioso – è che, intervenendo su questa proteina, la sclerosi multipla può essere fermata fin dalla comparsa dei primi sintomi”.