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 Metodi di cura e terapie per la SM
 Roland Martin:nuova ricerca
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dany61
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Inserito il - 23/11/2018 : 09:19:50  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Cosa scateni la sclerosi multipla (SM) non è chiaro. Sappiamo che alla malattia contribuiscono fattori genetici e ambientali, altri come fumo, obesità, una flora intestinale non equilibrata, il virus Epstein-Barr e bassi livelli di vitamina D. Tuttavia cosa porti il sistema immunitario a scatenarsi verso le cellule del proprio organismo, danneggiandolo, ancora non è noto. Gran parte della ricerca finora si era concentrata sulla mielina, il bersaglio colpito dal sistema immunitario impazzito nella sclerosi multipla. Ma è probabile che la scintilla arrivi da più lontano, persino dall'intestino. A raccontarlo, a Roma durante la MSIF World Conference, la conferenza mondiale delle persone con sclerosi multipla e delle loro associazioni nazionali, organizzata da AISM in occasione dei suoni 50 anni, è Roland Martin, neurologo dell'University Hospital Zurich.

Martin e colleghi hanno recentemente presentato sulle pagine di Science Translational Medicine uno studio che identifica un auto-antigene - una piccola molecola dell'organismo - bersagliato dal sistema immunitario nelle persone con sclerosi multipla. L'ipotesi, spiega il ricercatore, è che questa molecola possa essere alla base delle reazioni autoimmunitarie e infiammatorie osservate nelle persone con SM e la sua scoperta apre le porte a nuove strategie per trattare la malattia, passando dalla rieducazione del sistema immunitario.

Prima però è necessario capire cosa scateni la malattia. «Uno dei motivi per cui è così arduo capire cosa sia alla base della malattia è il fatto che la sclerosi multipla inizia probabilmente molti anni prima di manifestarsi con i sintomi clinici, per cui è molto difficile ipotizzare collegamenti. Non solo: isolare le cellule che partecipano alle reazioni immunitarie, capire quali sono i bersagli, richiede tecnologie avanzate e costose», spiega Martin.
Il team di Martin ci è riuscito: ha isolato un clone dei linfociti T che si presentano abbondanti nelle lesioni cerebrali di una persona con sclerosi multipla (forma secondariamente progressiva) deceduta e ha identificato un enzima contro cui si scatenava l'attacco di questi linfociti.

«Successivamente abbiamo identificato le popolazioni di linfociti T che si scatenavano contro parti dello stesso enzima nel liquido cerebrospinale di altre persone con SM, anche con forme a ricaduta e remissione», spiega lo scienziato. 31 le persone con SM analizzate, circa il 40% i casi con reattività all'enzima.

Ciò ha portato i ricercatori e ritenere l'enzima GDP-L-fucosio sintasi un nuovo possibile auto-antigene alla base della sclerosi multipla. Questa molecola traccia un filo tra intestino e cervello: l'ipotesi dei ricercatori è che una volta attivate nell'intestino le cellule immunitarie migrino nel cervello scatenando gli attacchi verso la variante endogena, causando infiammazione e danni ai tessuti. Ovvero, uno dei possibili fattori scatenanti la SM potrebbe essere la cross-reattività del sistema immunitario a molecole che arrivano dalla flora intestinale.

I ricercatori hanno inoltre osservato una correlazione tra la reattività contro questo nuovo auto-antigene e quella contro la mielina, la sostanza danneggiata in chi è colpito da sclerosi multipla. «Quanto osservato porta a riconsiderare ancora una volta il possibile ruolo del microbiota nella sclerosi multipla – riprende Martin – e suggerisce che intervenire sulla flora intestinale potrebbe avere dei benefici nella lotta alla sclerosi multipla, come già indicato da altri gruppi, che hanno dimostrato il potenziale dei probiotici nel ridurre l'attività di malattia».

Questo studio apre le porte anche a prospettive terapeutiche, alcune già in fase di sperimentazione, spiega Martin: «ora dobbiamo capire se, attaccando in laboratorio le porzioni delle molecole che funzionano da auto-antigeni ai globuli rossi delle persone con SM, possiamo indurre tolleranza nel sistema immunitario una volta reintrodotti nel paziente. Dopo la fase I stiamo ora procedendo a una sperimentazione di fase 2».

Una sorta di rieducazione del sistema immunitario, istruito a non prendere a bersaglio molecole del proprio organismo. L'idea è quella anche di combinare più auto-antigeni insieme per rendere più efficiente l'induzione della tolleranza. Perché è estremamente probabile che esistano più autoantigeni nella SM: «Alcuni possono essere condivisi, altri invece magari sono presenti solo in alcune persone con la malattia - conclude Martin – questo perché ognuno di noi è esposto a un ambiente diverso, per inquinamento, dieta o batteri».

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