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lampaDINA e lampaDario
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Regione: Lazio
Città: Roma


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Inserito il - 08/11/2017 : 12:11:30  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di lampaDINA e lampaDario Invia a lampaDINA e lampaDario un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
CAplan Lizzy
(AP)




Lizzy Caplan,
all'anagrafe Elizabeth Anne Caplan
Los Angeles, 30 giugno 1982,
è un'attrice
ebrea statunitense.

Nata a Los Angeles, in California, nel 1982,
da una famiglia ebraica riformista, ultima di
tre fratelli, sua madre si ammalò e morì quando
aveva 13 anni.
Ha studiato presso la Alexander Hamilton High School,
dove si è messa in mostra in alcune produzioni teatrali
scolastiche.
Inizia la sua carriera nel 2000 partecipando ad alcuni
episodi della serie televisiva Freaks and Geeks,
successivamente prende parte ad altre produzioni
televisive come Undeclared, Ancora una volta e Smallville.
Nel 2001 prende parte al videoclip per il brano di
Jason Mraz You and I Both.

La prima esperienza con il cinema arriva nel 2002,
con un piccolo ruolo in Orange County di Jake Kasdan,
ma il ruolo per cui si fa notare è quello della dark
alternativa Janis nella commedia adolescenziale
Mean Girls.
In seguito torna a lavorare per la televisione,
recitando nel serie televisive come Tru Calling,
Related e The Class - Amici per sempre.

Nel 2008 partecipa, nel ruolo di Marlena Diamond,
al monster movie Cloverfield, prodotto da J.J. Abrams
e diretto da Matt Reeves.
Per la sua interpretazione in Cloverfield ottiene
una candidatura al Saturn Award.
Sempre nel 2008 ha un ruolo di supporto nella commedia
romantica La ragazza del mio migliore amico e partecipa
a sei episodi di True Blood, dove interpreta la
tossicodipendente ambientalista Amy Burley.

Nel 2009 ottiene un ruolo minore nel drammatico
Crossing Over, con Harrison Ford.
Nel 2010 recita nelle pellicole The Last Rites
of Ransom Pride, con Scott Speedman,
e Un tuffo nel passato, con John Cusack.

Nel 2012, ha interpretato il ruolo di Julia in diversi episodi
della sitcom della Fox New Girl.
Nel 2013, è co-protagonista nella serie televisiva
Masters of Sex nel ruolo di Virginia Johnson.
La prima stagione ha ottenuto un buon successo di critica.
Caplan ha anche fornito la propria voce per la cover della
canzone "You Don't Know Me" cantata nell'undicesima
puntata della serie "Phallic Victories".
Pur non risultando vincitrice, la sua performance nella
fiction le è valsa la nomination per il Primetime Emmy Award
come Miglior attrice protagonista in una serie drammatica.

L'attrice vive nel quartiere di Hollywood Hills,
assieme al suo gatto di nome Lisa Turtle,
come il suo personaggio preferito del telefilm
Bayside School.
Nell'agosto del 2008 diventa la madrina di Birdie,
la figlia della sua amica Busy Philipps.

Dal 2006 al 2012 ha avuto una relazione con
l'attore Matthew Perry.


Dina & Dario
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dany61
Utente Master


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Prov.: Modena


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Inserito il - 09/11/2017 : 06:45:29  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Apelle (in greco antico: #913;#960;#949;#955;#955;#942;#962;; Colofone, 375-370 a.C. circa – Coo, fine IV secolo a.C.) è stato un pittore greco antico.

Plinio il vecchio, al quale dobbiamo molta della nostra conoscenza di questo artista (Naturalis historia, XXXV) lo ha valutato superiore agli artisti precedenti e successivi (Nat. hist., XXXV, 79). Egli collocò il floruit di Apelle intorno alla 112ª Olimpiade (332-329 a.C.).
Fu dapprima allievo di Eforo di Efeso, ma quando raggiunse una certa celebrità entrò a far parte della scuola di Sicione divenendo allievo di Panfilo di Anfipoli e amico di Melanzio. Sommò così l'accuratezza dorica con la grazia ionica. Introdotto, forse dallo stesso Panfilo, alla corte di Filippo II, ritrasse lui e il giovane Alessandro con tale successo che divenne il pittore ufficiale della corte macedone, e il ritratto di Alessandro impugnante una folgore fu giudicato alla pari con Alessandro con la lancia dello scultore Lisippo. Seguì Alessandro in Asia, tornò a Efeso, dove si trovava certamente nel 334 a.C. per dipingere l'opera appena citata, e dimorò per un certo tempo a Coo (recandosi nella vicina Rodi dove strinse rapporti con Protogene) e ad Alessandria alla corte di Tolomeo I Sotere, prima di tornare a Coo dove eseguì i ritratti di Antigono I Monoftalmo, noti per il sapiente uso dello scorcio grazie al quale veniva mascherata la cecità del re (Nat. hist., XXXV, 90; Quintiliano, Inst. or., II, 13, 12), e dove probabilmente morì alla fine del secolo. Scrisse un trattato di pittura, dedicato forse ad uno dei propri allievi, di nome Perseo, in cui sembra lodasse la superiorità di Melanzio per la composizione e di Asclepiodoro per la simmetria e la proporzione.

La sua abilità nel disegno diede luogo ad una tradizione di aneddoti riportati da Plinio. Uno di questi è collegato ai rapporti del pittore con Tolomeo I Sotere. Quando era ancora generale di Alessandro, Tolomeo ebbe una grande antipatia per Apelle (entrambi erano al seguito di Alessandro). Molti anni dopo, quando il pittore si trovava ad Alessandria, il buffone di corte di Tolomeo consegnò ad Apelle un invito alla tavola di Tolomeo senza avvertire il re il quale, infuriato per l'arrivo inatteso chiese chi avesse avuto l'ardire di invitare l'artista. Con un pezzo di carbone di legna Apelle disegnò un ritratto sulla parete; e subito, nei primi tratti dello schizzo, Tolomeo riconobbe il suo buffone (Nat. hist., XXXV, 89).

Un altro aneddoto riguarda i rapporti con Protogene che Apelle volle conoscere personalmente recandosi presso la sua casa a Rodi. Giunto a destinazione vi trovò una donna anziana che l'avvertì della momentanea assenza del pittore. Apelle camminò verso un cavalletto e prese un pennello con il quale dipinse una linea colorata estremamente fine; quando Protogene ritornò esaminando la linea capì che soltanto Apelle avrebbe potuto fare un lavoro così perfetto; disegnò una linea ancora più fine sopra la prima e chiese alla sua serva di mostrarla all'ospite se fosse ritornato. Quando Apelle tornò e gli fu mostrata la risposta di Protogene, dipinse con un terzo colore una linea ancora più fine fra le prime due, non lasciando posto per un'altra. Nel vedere questo, Protogene ammise la sconfitta e uscì per cercare Apelle e incontrarlo di persona (Nat. hist., XXXV, 81)[1].

Plinio riporta anche un certo numero di detti di Apelle, provenienti forse dal suo trattato perduto sull'arte della pittura. Uno di questi si riferisce alla sua abitudine di mostrare i suoi lavori nell'entrata della propria bottega, e di nascondersi vicino per sentire le osservazioni dei passanti. Quando un calzolaio osservò degli errori nella forma di una calzatura, Apelle corresse il dipinto quella stessa notte; la mattina seguente il calzolaio notò i cambiamenti e fiero del suo effetto sul lavoro dell'artista cominciò a criticare il modo in cui Apelle aveva dipinto il piede, al che Apelle emerse dal suo nascondiglio per dichiarare: Sutor, ne ultra crepidam (Ciabattino, non [andare] oltre le scarpe). Le ultime parole che Plinio attribuisce ad Apelle si riferiscono alla diligenza del pittore nell'esercitarsi nella sua arte ogni giorno: Nulla dies sine linea (non un giorno senza una linea disegnata).
Opera
Alessandro il grande e Campaspe nello studio di Apelle, di Giovanni Battista Tiepolo
Calunnia di Apelle di Sandro Botticelli

Tra i numerosi soggetti che le fonti riferiscono essere stati rappresentati da Apelle, nessuno dei quali ci è giunto, troviamo:

Alessandro che impugna una folgore, uno dei molti che fece sia di Alessandro che di suo padre Filippo.
Afrodite Anadiomene ("Afrodite sorgente dal mare"); si conoscono due redazioni di questo soggetto, una alla quale Apelle stava lavorando quando morì, e una precedente a cui Plinio collega la tradizione di aver usato un'ex amante di Alessandro come sua modella per Afrodite. Secondo Ateneo di Naucrati, l'idea di Afrodite sorgente dal mare sarebbe stata ispirata da Frine che durante i Misteri eleusini non ebbe problemi nel nuotare nuda in mare.
Un ritratto di Antigono I Monoftalmo a cavallo, in una vista di tre quarti per celare abilmente l'occhio cieco di Antigono.
Artemide circondata da un gruppo dei fanciulle che offrono un sacrificio (basato sulla Odissea 6.102).
Sacrificio di un bue a Coo, per il santuario di Asclepio, descritto nelle mimes (4.59) di Herodas.
I ritratti di Clito e Archelao I di Macedonia
La processione del Sommo Sacerdote di Artemide a Efeso.
Una grande immagine allegorica rappresentante la Calunnia, che ispirò la Calunnia di Apelle di Sandro Botticelli.
Una Charis, personificazione della Grazia, ideale estetico di Apelle, dipinta a Smirne.

Apelle fu essenzialmente pittore di cavalletto e un certo numero di suoi dipinti furono portati a Roma, tra questi l'Afrodite Anadiomene e due composizioni che includevano un ritratto di Alessandro, Castore e Polluce con la Vittoria e Alessandro il Grande e la Figura della Guerra con le mani legate che segue la Biga Trionfale di Alessandro, che si trovavano nell'aula del Colosso nel Foro di Augusto.

Tracce delle figure che dovevano far parte dell'Allegoria della Calunnia, descritta da Luciano di Samosata, sono state rinvenute nella ceramografia apula contemporanea ad Apelle. Copia dell'Hercules aversus ricordato da Plinio a Roma nel tempio di Diana sull'Aventino (Nat. hist., XXXV, 94) sembra essere l'affresco con Eracle e Telefo della cosiddetta Basilica di Ercolano.

Apelle viene nominato da Plinio tra gli autori che dipingevano utilizzando i soli quattro colori (bianco, giallo, rosso e nero), notizia che non si crede possa essere intesa alla lettera.[senza fonte] Oltre alle capacità nel disegno e all'impiego della linea funzionale, che rimandano a Parrasio e alla pittura tradizionale e accademica, sono note tramite le fonti le sue capacità di colorista, soprattutto per quanto riguarda l'incarnato delle figure, e l'importanza che nelle sue opere doveva avere lo scorcio (l'Antigono Monoftalmo e l'Eracle di spalle). Quest'ultimo si sommava ad una ricerca luministica che avrebbe avuto molta importanza nella successiva pittura ellenistica; il ritratto di Alessandro con il fulmine, che si trovava esposto nell'Artemision di Efeso, era noto per i riflessi del fulmine che accentuavano la plasticità della figura (Plutarco, Alex., 4; Plinio, Nat. hist., XXXV, 92).

Gli si attribuisce l'invenzione di una vernice nera, chiamata da Plinio atramentum, che serviva sia per conservare meglio le pitture che per smorzare il loro colore come una patina, ma la ricetta è andata persa con la sua morte[2].

« Ad opera finita era solito dare ai suoi dipinti una velatura scura così sottile che, riflettendo, intensificava la lucentezza del colore mentre, allo stesso tempo, proteggeva il dipinto dalla polvere e dalla sporcizia e non era percettibile se non da vicino. Ma il suo scopo principale era di evitare che la brillantezza dei colori offendesse lo sguardo, dando la sensazione all'osservatore di guardare attraverso un velo di talco, cosicché aggiungeva un impercettibile tocco di severità ai colori particolarmente brillanti »
(Plinio, Naturalis historia, XXXV)
Retaggio

La fama di Apelle era tale che molti pittori del Rinascimento italiano hanno ripetuto i suoi soggetti. Raffaello si ritrasse come Apelle nella Scuola di Atene e Sandro Botticelli basò due pitture – la Nascita di Venere e la Calunnia di Apelle – sulla descrizione di opere sue.
Note

^ Guillaume Apollinaire raccontò questa storia nel suo saggio A proposito della pittura moderna, originalmente pubblicata in Les Soirées de Paris, febbraio 1912. Questo saggio spiega come la semplicità sia la caratteristica dei più grandi artisti: gli esempi proposti sono il cerchio perfetto di Giotto, disegnato a mano libera, ed il granchio (tratto da Zhuangzi) che, dopo dieci anni di preparazione, fu disegnato con un solo colpo di pennello
^ Per approfondire l'argomento consultare i due saggi contrapposti di Ernst Gombrich e Joyce Plesters raccolti in: Alessandro Conti, Sul restauro, Einaudi 1988

Bibliografia

Parte di questo articolo è ricavato dalla Enciclopedia Britannica 1911-1912, ora in pubblico dominio, tradotto in italiano.
D. Mustilli, Apelle, in Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale, vol. 1, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1958.
Antonio Giuliano, Arte greca : Dall'età classica all'età ellenistica, Milano, Il saggiatore, 1987, pp. 1061-1064.
Paolo Moreno, Apelle, in Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale : Secondo supplemento, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1994.

AS

“La vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti” John Lennon
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lampaDINA e lampaDario
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dany61 ha scritto:

Apelle (in greco antico: #913;#960;#949;#955;#955;#942;#962;; Colofone, 375-370 a.C. circa – Coo, fine IV secolo a.C.) è stato un pittore greco antico.

Plinio il vecchio, al quale dobbiamo molta della nostra conoscenza di questo artista (Naturalis historia, XXXV) lo ha valutato superiore agli artisti precedenti e successivi (Nat. hist., XXXV, 79). Egli collocò il floruit di Apelle intorno alla 112ª Olimpiade (332-329 a.C.).
Fu dapprima allievo di Eforo di Efeso, ma quando raggiunse una certa celebrità entrò a far parte della scuola di Sicione divenendo allievo di Panfilo di Anfipoli e amico di Melanzio. Sommò così l'accuratezza dorica con la grazia ionica. Introdotto, forse dallo stesso Panfilo, alla corte di Filippo II, ritrasse lui e il giovane Alessandro con tale successo che divenne il pittore ufficiale della corte macedone, e il ritratto di Alessandro impugnante una folgore fu giudicato alla pari con Alessandro con la lancia dello scultore Lisippo. Seguì Alessandro in Asia, tornò a Efeso, dove si trovava certamente nel 334 a.C. per dipingere l'opera appena citata, e dimorò per un certo tempo a Coo (recandosi nella vicina Rodi dove strinse rapporti con Protogene) e ad Alessandria alla corte di Tolomeo I Sotere, prima di tornare a Coo dove eseguì i ritratti di Antigono I Monoftalmo, noti per il sapiente uso dello scorcio grazie al quale veniva mascherata la cecità del re (Nat. hist., XXXV, 90; Quintiliano, Inst. or., II, 13, 12), e dove probabilmente morì alla fine del secolo. Scrisse un trattato di pittura, dedicato forse ad uno dei propri allievi, di nome Perseo, in cui sembra lodasse la superiorità di Melanzio per la composizione e di Asclepiodoro per la simmetria e la proporzione.

La sua abilità nel disegno diede luogo ad una tradizione di aneddoti riportati da Plinio. Uno di questi è collegato ai rapporti del pittore con Tolomeo I Sotere. Quando era ancora generale di Alessandro, Tolomeo ebbe una grande antipatia per Apelle (entrambi erano al seguito di Alessandro). Molti anni dopo, quando il pittore si trovava ad Alessandria, il buffone di corte di Tolomeo consegnò ad Apelle un invito alla tavola di Tolomeo senza avvertire il re il quale, infuriato per l'arrivo inatteso chiese chi avesse avuto l'ardire di invitare l'artista. Con un pezzo di carbone di legna Apelle disegnò un ritratto sulla parete; e subito, nei primi tratti dello schizzo, Tolomeo riconobbe il suo buffone (Nat. hist., XXXV, 89).

Un altro aneddoto riguarda i rapporti con Protogene che Apelle volle conoscere personalmente recandosi presso la sua casa a Rodi. Giunto a destinazione vi trovò una donna anziana che l'avvertì della momentanea assenza del pittore. Apelle camminò verso un cavalletto e prese un pennello con il quale dipinse una linea colorata estremamente fine; quando Protogene ritornò esaminando la linea capì che soltanto Apelle avrebbe potuto fare un lavoro così perfetto; disegnò una linea ancora più fine sopra la prima e chiese alla sua serva di mostrarla all'ospite se fosse ritornato. Quando Apelle tornò e gli fu mostrata la risposta di Protogene, dipinse con un terzo colore una linea ancora più fine fra le prime due, non lasciando posto per un'altra. Nel vedere questo, Protogene ammise la sconfitta e uscì per cercare Apelle e incontrarlo di persona (Nat. hist., XXXV, 81)[1].

Plinio riporta anche un certo numero di detti di Apelle, provenienti forse dal suo trattato perduto sull'arte della pittura. Uno di questi si riferisce alla sua abitudine di mostrare i suoi lavori nell'entrata della propria bottega, e di nascondersi vicino per sentire le osservazioni dei passanti. Quando un calzolaio osservò degli errori nella forma di una calzatura, Apelle corresse il dipinto quella stessa notte; la mattina seguente il calzolaio notò i cambiamenti e fiero del suo effetto sul lavoro dell'artista cominciò a criticare il modo in cui Apelle aveva dipinto il piede, al che Apelle emerse dal suo nascondiglio per dichiarare: Sutor, ne ultra crepidam (Ciabattino, non [andare] oltre le scarpe). Le ultime parole che Plinio attribuisce ad Apelle si riferiscono alla diligenza del pittore nell'esercitarsi nella sua arte ogni giorno: Nulla dies sine linea (non un giorno senza una linea disegnata).
Opera
Alessandro il grande e Campaspe nello studio di Apelle, di Giovanni Battista Tiepolo
Calunnia di Apelle di Sandro Botticelli

Tra i numerosi soggetti che le fonti riferiscono essere stati rappresentati da Apelle, nessuno dei quali ci è giunto, troviamo:

Alessandro che impugna una folgore, uno dei molti che fece sia di Alessandro che di suo padre Filippo.
Afrodite Anadiomene ("Afrodite sorgente dal mare"); si conoscono due redazioni di questo soggetto, una alla quale Apelle stava lavorando quando morì, e una precedente a cui Plinio collega la tradizione di aver usato un'ex amante di Alessandro come sua modella per Afrodite. Secondo Ateneo di Naucrati, l'idea di Afrodite sorgente dal mare sarebbe stata ispirata da Frine che durante i Misteri eleusini non ebbe problemi nel nuotare nuda in mare.
Un ritratto di Antigono I Monoftalmo a cavallo, in una vista di tre quarti per celare abilmente l'occhio cieco di Antigono.
Artemide circondata da un gruppo dei fanciulle che offrono un sacrificio (basato sulla Odissea 6.102).
Sacrificio di un bue a Coo, per il santuario di Asclepio, descritto nelle mimes (4.59) di Herodas.
I ritratti di Clito e Archelao I di Macedonia
La processione del Sommo Sacerdote di Artemide a Efeso.
Una grande immagine allegorica rappresentante la Calunnia, che ispirò la Calunnia di Apelle di Sandro Botticelli.
Una Charis, personificazione della Grazia, ideale estetico di Apelle, dipinta a Smirne.

Apelle fu essenzialmente pittore di cavalletto e un certo numero di suoi dipinti furono portati a Roma, tra questi l'Afrodite Anadiomene e due composizioni che includevano un ritratto di Alessandro, Castore e Polluce con la Vittoria e Alessandro il Grande e la Figura della Guerra con le mani legate che segue la Biga Trionfale di Alessandro, che si trovavano nell'aula del Colosso nel Foro di Augusto.

Tracce delle figure che dovevano far parte dell'Allegoria della Calunnia, descritta da Luciano di Samosata, sono state rinvenute nella ceramografia apula contemporanea ad Apelle. Copia dell'Hercules aversus ricordato da Plinio a Roma nel tempio di Diana sull'Aventino (Nat. hist., XXXV, 94) sembra essere l'affresco con Eracle e Telefo della cosiddetta Basilica di Ercolano.

Apelle viene nominato da Plinio tra gli autori che dipingevano utilizzando i soli quattro colori (bianco, giallo, rosso e nero), notizia che non si crede possa essere intesa alla lettera.[senza fonte] Oltre alle capacità nel disegno e all'impiego della linea funzionale, che rimandano a Parrasio e alla pittura tradizionale e accademica, sono note tramite le fonti le sue capacità di colorista, soprattutto per quanto riguarda l'incarnato delle figure, e l'importanza che nelle sue opere doveva avere lo scorcio (l'Antigono Monoftalmo e l'Eracle di spalle). Quest'ultimo si sommava ad una ricerca luministica che avrebbe avuto molta importanza nella successiva pittura ellenistica; il ritratto di Alessandro con il fulmine, che si trovava esposto nell'Artemision di Efeso, era noto per i riflessi del fulmine che accentuavano la plasticità della figura (Plutarco, Alex., 4; Plinio, Nat. hist., XXXV, 92).

Gli si attribuisce l'invenzione di una vernice nera, chiamata da Plinio atramentum, che serviva sia per conservare meglio le pitture che per smorzare il loro colore come una patina, ma la ricetta è andata persa con la sua morte[2].

« Ad opera finita era solito dare ai suoi dipinti una velatura scura così sottile che, riflettendo, intensificava la lucentezza del colore mentre, allo stesso tempo, proteggeva il dipinto dalla polvere e dalla sporcizia e non era percettibile se non da vicino. Ma il suo scopo principale era di evitare che la brillantezza dei colori offendesse lo sguardo, dando la sensazione all'osservatore di guardare attraverso un velo di talco, cosicché aggiungeva un impercettibile tocco di severità ai colori particolarmente brillanti »
(Plinio, Naturalis historia, XXXV)
Retaggio

La fama di Apelle era tale che molti pittori del Rinascimento italiano hanno ripetuto i suoi soggetti. Raffaello si ritrasse come Apelle nella Scuola di Atene e Sandro Botticelli basò due pitture – la Nascita di Venere e la Calunnia di Apelle – sulla descrizione di opere sue.
Note

^ Guillaume Apollinaire raccontò questa storia nel suo saggio A proposito della pittura moderna, originalmente pubblicata in Les Soirées de Paris, febbraio 1912. Questo saggio spiega come la semplicità sia la caratteristica dei più grandi artisti: gli esempi proposti sono il cerchio perfetto di Giotto, disegnato a mano libera, ed il granchio (tratto da Zhuangzi) che, dopo dieci anni di preparazione, fu disegnato con un solo colpo di pennello
^ Per approfondire l'argomento consultare i due saggi contrapposti di Ernst Gombrich e Joyce Plesters raccolti in: Alessandro Conti, Sul restauro, Einaudi 1988

Bibliografia

Parte di questo articolo è ricavato dalla Enciclopedia Britannica 1911-1912, ora in pubblico dominio, tradotto in italiano.
D. Mustilli, Apelle, in Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale, vol. 1, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1958.
Antonio Giuliano, Arte greca : Dall'età classica all'età ellenistica, Milano, Il saggiatore, 1987, pp. 1061-1064.
Paolo Moreno, Apelle, in Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale : Secondo supplemento, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1994.

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dany61
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Apollonia Kotero 2 agosto 1959 (età 58), Santa Monica, California, Stati Uniti
attrice cantante modella
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Enza
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Città: c.franco vto


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Koichi Sato





KOichi Sato Tokyo, 10 dicembre 1960) è un attore giapponese. Inizia la sua carriera all'interno del mondo dello spettacolo nei primissimi anni ottanta e da allora partecipa a molte pellicole cinematografiche e dorama di successo in ruoli di primissimo piano e vincendo innumerevoli premi. È figlio dell'attore e regista Rentar#333; Mikuni.





AN


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dany61
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Anthony Perkins (New York, 4 aprile 1932 – Hollywood, 12 settembre 1992) è stato un attore, regista e sceneggiatore statunitense, conosciuto soprattutto per il ruolo di Norman Bates nel film Psyco di Alfred Hitchcock e nei suoi tre sequel.
Anthony Perkins nacque a New York, figlio di Janet Rane Esselstyn e dell'attore teatrale e cinematografico Osgood Perkins.[1] Studiò alla Brooks School di North Andover, alla Buckingham Browne & Nichols di Cambridge in Massachusetts, frequentò la Columbia University e il Rollins College di Winter Park (Florida). Nel 1942, alla morte del padre, si era trasferito a Boston.[2]
Carriera

Il primo film interpretato da Perkins fu L'attrice (1953). Per la seconda pellicola, La legge del Signore (1956), fu premiato con un Golden Globe quale miglior attore emergente e ricevette una nomination all'Oscar. In seguito lanciò tre album di musica pop nel 1957 e nel 1958 con la Epic Records e la RCA, sotto il nome di Tony Perkins.[3] Il suo singolo Moon-Light Swim fu un successo negli Stati Uniti e raggiunse la 24ª posizione della Billboard Hot 100 nel 1957.[4]

Nel 1958 diede prova del suo talento musicale nel film Bella affettuosa illibata cercasi... Dopo nuove acclamate prestazioni sia al cinema sia a Broadway, interpretò la parte di Norman Bates in Psyco di Hitchcock (1960). Questo ruolo e i molti sequel del film influenzarono gran parte della sua restante carriera.

Sull'onda del successo di Psycho, Perkins ebbe una brillante carriera in Europa: nel 1961 vinse il premio come miglior attore al Festival di Cannes per Le piace Brahms? di Anatole Litvak e l'anno seguente interpretò Joseph K. nel Processo di Orson Welles (1962), adattamento cinematografico del romanzo omonimo di Franz Kafka. Tornato negli Stati Uniti, assunse il ruolo di un giovane assassino disturbato in Dolce veleno (1968). Interpretò poi Chaplain Tappman in Comma 22 (1970). Perkins scrisse inoltre, insieme al compositore e paroliere Stephen Sondheim, la sceneggiatura del film Un rebus per l'assassino (1973), per il quale ottenne l'Edgar Award 1974 della Mystery Writers of America per la migliore sceneggiatura cinematografica. Tornò al ruolo di Norman Bates nei sequel Psycho II, Psycho III (che diresse) e Psycho IV.

Fra le opere teatrali interpretate a Broadway si ricordano il musical Greenwillow (1960) di Frank Loesser, e Romantic Comedy di Bernard Slade (1979), che recitò al fianco di Mia Farrow. La vita di Perkins fu meticolosamente documentata nella biografia Split Image: The Life of Anthony Perkins scritta da Charles Winecoff nel 1996.[5]
Vita privata

Perkins era bisessuale ed ebbe relazioni con molti personaggi famosi, inclusi gli attori Rock Hudson e Tab Hunter, il ballerino Rudolf Nureyev, il compositore Stephen Sondheim e il coreografo Grover Dale. Con quest'ultimo Perkins ebbe una relazione di sei anni. Nel 1972 ebbe la sua prima esperienza con una donna, quando incontrò sul set l'attrice Victoria Principal[6]. L'anno seguente, il 9 agosto 1973, Perkins si sposò con l'attrice e modella Berry Berenson. Perkins rivelò la propria bisessualità solo quando era ormai quarantenne.
Morte
Anthony Perkins morì di AIDS il 12 settembre 1992, all'età di 60 anni, a Hollywood. La vedova Berry Berenson morì l'11 settembre 2001 nel volo American Airlines 11 schiantatosi sulle Torri Gemelle. La coppia ebbe due figli: l'attore Oz Perkins (nato nel 1974) e il musicista Elvis Perkins (nato nel 1976).
DO

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lampaDINA e lampaDario
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dany61 ha scritto:

Apollonia Kotero 2 agosto 1959 (età 58), Santa Monica, California, Stati Uniti
attrice cantante modella
KO






APfel IrIS



Iris Apfel nata Barrel
Nata a New York, 29 agosto 1921
è un'imprenditrice e interior designer
ebrea statunitense riconosciuta dalle
cronache specializzate come icona di stile.


Biografia
È nata ad Astoria, quartiere di New York,
dal padre Samuel Barrel e dalla madre russa Sadye,
proprietaria di una boutique.
Entrambi i genitori erano ebrei.

Dopo aver studiato storia all'Università di New York,
ha iniziato a lavorare collaborando con la rivista
Women's Wear Daily, considerata "la Bibbia della moda",
lavorando anche come collaboratrice dell'illustratore
Robert Goodman.

Nel 1948 ha sposato Carl Apfel (1914-2015), con il quale ha avviato
anche un sodalizio artistico e lavorativo avviando la loro industria
tessile, la Old Wild Weavers, avviata nel 1950 e chiusa nel 1992,
anno del loro ritiro dall'attività lavorativa.
Nel frattempo ha lavorato anche come interior designer,
progettando gli interni anche per la Casa Bianca, in particolar
modo durante le presidenze di Truman, Eisenhower, Kennedy,
Johnson, Nixon, Ford, Carter, Reagan e Clinton.
È rimasta vedova il 1º agosto 2015 dopo 67 anni di matrimonio.

Durante la sua carriera è stata considerata dalla stampa statunitense
un'icona della moda; nel 2005, The Costume Institute ha organizzato
una mostra dedicata ai suoi look intitolata Rara Avis:
The Irriverent Iris Apfel, presentata al Metropolitan Museum
of Art di New York e poi diventata itinerante e proposta anche
al Norton Museum Art di West Palm Beach, al Nassau County Museum
of Art sempre a New York e al Peaboy Essex Museum di Salem
(Massachusetts).
Albert Maysles ha realizzato un documentario dedicato alla sua
vita dal titolo Iris, presentato al New York Film Festival nel 2014
ma distribuito l'anno successivo dalla Magnolia Pictures.

Ormai ultranovantenne, continua a frequentare gli eventi dedicati
al mondo della moda e a far discutere per i suoi look e la sua forma
fisica sorprendente in relazione alla sua età.
Nel 2016 è divenuta nota al grande pubblico su scala internazionale
per lo spot dell'automobile DS 3, che la vede protagonista.


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Isaac Luria, anche detto Yitzhak Luria, italianizzato col nome di Isacco Luria (in ebraico: #1497;#1510;#1495;#1511; #1500;#1493;#1512;#1497;#1488;#8206;?, Yi#7779;#7717;#257;q Lùria; Gerusalemme, 1534 – Safed, 25 luglio 1572), è stato un rabbino, mistico e teologo ottomano, kabbalista attivo a metà del Cinquecento nella città di Safed, nell'allora Palestina ottomana.

Conosciuto anche con i soprannomi reverenziali di Ari («il Leone», acronimo di Ashkenazi Rabbi Yitzhak, «Il Maestro Tedesco Yitzhak»), Arizal, dove ZaL è l'acronimo di Zikhrono Livrakha («di benedetta memoria» o letteralmente «il ricordo di lui [sia] in benedizione», un tratto d'onore ebraico riservato ai defunti), e anche come Ari Ha-Kadosh («il Santo Ari»), Isacco Luria è stato uno dei pensatori più importanti nella storia della mistica ebraica.[1]

Attraverso la sintesi delle idee contenute nei testi kabbalistici che ebbero grande fortuna durante la sua epoca (soprattutto lo Zohar) e la trattazione sistematica della sua dottrina per merito del suo più vicino discepolo, Hayim Vital, nella cerchia di Safed, Luria fu in grado di rivoluzionare completamente la tradizione della Kabbalah[2], aprendo uno spartiacque che separò la Kabbalah classica medievale da quella che prende il suo nome, e di cui è stato il fondatore: la Kabbalah lurianica[2].

Il nome di Luria, per la grande aura di santità che lo circondava a Safed e il suo seguito di devotissimi discepoli, rimase per lungo tempo avvolto nella leggenda, e la sua influenza sull'ebraismo iniziò a propagarsi inarrestabile già pochi decenni dopo la sua morte, raggiungendo la massima portata di diffusione con il sabbatianesimo nel Seicento e il chassidismo nel Settecento
ES

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EShkol Levi
(VI)


Levi Eshkol, Oratov, 25 ottobre 1895
– Gerusalemme, 26 febbraio 1969,
è stato un politico israeliano, tra i padri fondatori
dello Stato di Israele, di cui ricoprì l'incarico di Primo
ministro dal 16 giugno 1963 al 26 febbraio 1969.

Nato nella cittadina di Oratov, oggi Orativ,
zona di Vinnitza, a 150 km sud di Kiev (Ucraina),
nell'Impero Russo, ricevette, durante l'infanzia,
un'educazione ebraica tradizionale.
Studiò poi in un liceo ebraico di Wilno in Lituania,
divenendo laico.
Nel 1914, attratto dagli ideali sionisti, si trasferì
nell'allora Palestina Ottomana e,
in seguito, si arruolò nella Legione Ebraica, che,
durante il primo conflitto mondiale, combatté i Turchi
a fianco delle truppe Britanniche.

Fu tra i fondatori del primo kibbutz di Degania Bet ed ebbe
un ruolo assai importante nell'organizzazione e nella direzione
della compagnia ebraica di acqua Mekorot, oltre che nella
fondazione degli insediamenti agricoli ebraici nel
deserto del Negev.
La sua carriera parlamentare iniziò nel 1951.
Nei Governi guidati da Ben Gurion ricoprì la carica
di Ministro dell'agricoltura sino al 1952 e quella di
Ministro delle finanze dal 1952 al 1963.

Eletto leader del Mapai ('Partito dei lavoratori') per volontà
del dimissionario David Ben-Gurion, nel 1963 divenne Primo
ministro e Ministro della difesa.
Durante il suo governo cercò di svolgere un ruolo pacificatore
con i suoi avversari politici. In questo quadro, dette il proprio
consenso al trasporto e alla tumulazione in Israele del fondatore
della destra israeliana Vladimir Jabotinskij e, sull'altro versante,
riuscì a riunire le formazioni socialdemocratiche nel Partito
Laburista Israeliano, e a creare un allineamento elettorale,
il Maarakh, con il partito socialista di sinistra Mapam.

In politica estera riuscì a ristabilire i rapporti diplomatici
con l'Unione Sovietica, convincendo quest'ultima a prestare
il consenso all'emigrazione ebraica.
Instaurò regolari rapporti diplomatici con la Repubblica
Federale Tedesca. Nei confronti dei vicini arabi, seguì
per lungo tempo una politica relativamente moderata,
mentre in campo economico, dopo gli anni difficili del
governo Ben-Gurion, cercò di seguire una politica di
moderata liberalizzazione.
Pur formatosi sotto l'ala di Ben-Gurion, entrò in
conflitto con quest'ultimo,
che fondò un nuovo partito laburista denominato Rafi.

Nonostante le sue scarse capacità oratorie, nelle elezioni
del 2 novembre 1965, ottenne una rilevante vittoria elettorale.
Durante la crisi sfociata nella Guerra dei sei giorni del 1967,
pressato dall'opinione pubblica che dubitava delle sue
capacità di guida, rinunciò al Ministero della difesa e,
formato un governo di unità nazionale, chiese a Moshe Dayan,
membro del Rafi, di ricoprire quel delicato incarico.
La successiva vittoria militare contribuì ad accrescere
la sua popolarità.
Nel 1969, a seguito di una crisi cardiaca,
morì mentre ricopriva la carica di primo ministro.

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Vinicio Verza (Boara Pisani, 1º novembre 1957) è un ex calciatore italiano, di ruolo centrocampista.
Durante l'attività agonistica ha avuto un piccolo ruolo nel film comico Il volatore di aquiloni di Renato Pozzetto. Al termine della stessa, è diventato agente immobiliare a Vicenza.[1]
Caratteristiche tecniche

Ha giocato come ala destra e rifinitore.
Carriera
Verza alla Juventus nella stagione 1980-1981

Cresciuto nelle giovanili del L.R. Vicenza, esordì diciannovenne coi biancorossi nella stagione 1976-1977, in Serie B, vincendo alla fine dell'anno il torneo e conquistando la promozione in massima categoria.

Accasatosi durante l'estate seguente alla Juventus quale riserva di Franco Causio, debuttò in maglia bianconera il 26 febbraio 1978, potendosi fregiare a fine stagione del titolo nazionale. Non trovò molto spazio nelle quattro stagioni trascorse a Torino, anche se a lui la Juventus deve il gol decisivo (pur con deviazione di Guidetti) nella sfida-scudetto contro il Napoli (1-0) alla penultima giornata del campionato 1980-1981. Lasciò il club piemontese con due scudetti e la Coppa Italia 1978-1979.

Trasferitosi nel 1981 al Cesena, nel suo unico anno in Romagna riuscì a conquistare la salvezza a scapito anche del Milan, dove proprio la stagione successiva fu chiamato dal suo presidente ai tempi di Vicenza, Giussy Farina. In quella che fu la sua miglior annata sottorete, nel torneo cadetto del 1982-1983 contribuì con 10 gol a riportare i rossoneri in Serie A, rimanendo per altri due campionati a Milano prima di passare, nel 1985, al Verona fresco vincitore dello scudetto, che lo acquistò per 2,5 miliardi di lire.[2]
Verza (al centro) in azione al Verona nel 1987, nella morsa degli juventini Manfredonia, Bonini e Scirea.

Con i gialloblù disputò altre tre stagioni in massima categoria, segnalandosi per un gol realizzato in Coppa Italia partendo dalla propria area di rigore.[senza fonte] Successivamente si trasferì al Como, sempre in Serie A, dove chiuse la carriera professionistica nel 1989 con una retrocessione. Da qui in avanti, disputò ancora dei campionati a livello dilettantistico, prima nell'Arzignano e quindi nel Treviso, in Interregionale, appendendo gli scarpini al chiodo nell'annata 1991-1992.

Ha totalizzato complessivamente 198 presenze e 24 reti in Serie A, e 53 presenze e 13 reti in Serie B.
VE

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VEit Philipp
(LI)



11,75 KB
Ritratto di Philipp Veit eseguito da Joseph Binder


Philipp Veit
Berlino, 13 febbraio 1793
– Magonza, 18 dicembre 1877
è stato un pittore, artista e scrittore
ebreo tedesco.

Periodo italiano
Dal 1815 Veit visse in Italia dove rimase fino al 1830.
A Roma si unì a Friedrich Overbeck e Peter Cornelius,
divenendo un esponente del movimento dei Nazareni.
Con loro tra il 1816 e il 1817 partecipò ai lavori di affresco
per la Casa Bartholdy (ora Biblioteca Hertziana): Veit
vi dipinse la scena di Giuseppe e la moglie di Putifarre,
e una lunetta decorativa, in cui è rappresentata l'allegoria
dei Sette anni di abbondanza (ora a Berlino , Staatl. Mussen,
NG). Nel 1818 Veit fu incaricato di dipingere l'affresco del
Trionfo della Religione nel Museo Chiaramonti in Vaticano,
che avrebbe dovuto essere il primo di una serie
commissionata da Papa Pio VII. Veit concorse anche alla
decorazione del Casino Massimo di Roma (1818-1824),
dipingendo il soffitto della Sala Dante, in cui rappresentò
I cieli del Beato e l'Empireo (in situ).
In questi affreschi e nella sua Maria Immacolata
in Trinità dei Monti (1829- 30; in situ ) Veit si dimostrò
il maggior colorista tra i Nazareni.
Durante il soggiorno romano, Veit dipinse anche alcuni
eccellenti ritratti,
in particolare un Autoritratto (1816); e una serie di disegni
a matita dei suoi colleghi artisti tedeschi a Roma (ad esempio
Mainz, Landesmuseum).
Fra il 1859 e il 1864 i Nazareni intrapresero un'opera pittorica,
essenzialmente realizzata da Philipp Veit, di cui oggi ne restano
le Scene del Nuovo Testamento nella navata centrale del Duomo
di Magonza.



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Inserito il - 22/11/2017 : 09:32:26  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Liesel Matthews, nata Liesel Pritzker Simmons (Chicago, 14 marzo 1984[1]), è un'attrice statunitense, nota per aver interpretato il ruolo di Sara Crewe nel film La piccola principessa del 1995 e di Alice nel film Air Force One del 1997
LA

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LAzar Bernard
(ZA)





19,93 KB

E' stato un critico letterario, storico di professione, filosofo,
anarchico, scrittore e giornalista
ebreo francese.
Nascita: 15 giugno 1865, Nîmes, Francia
Decesso: a soli 38 anni - 1 settembre 1903, Parigi, Francia



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Inserito il - 02/12/2017 : 06:41:39  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Zama (vescovo) fu il primo vescovo (protovescovo) di Bologna; è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Di Zama, come dei suoi successori Faustiniano, Domiziano e Gioviano, non sappiamo nulla.
Probabilmente conobbe la persecuzione di Diocleziano e con la successiva pace di Costantino del 313 gli fu affidato il compito di radunare ed organizzare i cristiani presenti a Bologna in una comunità cristiana stabile; l'Elenco Renano ci attesta senza dubbio: dominus Zama primus episcopus.

Le sue spoglie ora sono conservate sotto l'altare maggiore della cattedrale della città, dedicata a Pietro apostolo; il corpo fu trasferito nel 1586 dall'Abbazia dei Santi Naborre e Felice (probabilmente la prima chiesa cattedrale della città, voluta da Zama stesso) dall'arcivescovo Gabriele Paleotti.
ZE

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Inserito il - 10/12/2017 : 10:55:43  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di lampaDINA e lampaDario Invia a lampaDINA e lampaDario un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
ZEev Sternhell
(ST)




15,4 KB
Zeev Sternhell
Przemysl, 10 aprile 1935
è uno storico israeliano, di origine polacca.

Sternhell è, secondo Roger Griffin, uno dei massimi esperti
mondiali del fascismo e un importante militante del movimento
Peace Now (Pace ora).
Sternhell ha guidato il Dipartimento di Scienze Politiche
dell'Università Ebraica di Gerusalemme e scrive sul quotidiano
israeliano Haaretz.
Sternhell è stato insignito del Premio Israele per le Scienze
Politiche nel 2008.

Prof. Zeev Sternhell è nato a Przemysl, Polonia da un'influente
famiglia laica ebraica.
Suo nonno e suo padre erano commercianti tessili.
Quando la Russia occupò la Polonia orientale, le truppe
sovietiche occuparono la sua abitazione.
Suo padre morì di cause naturali.
Pochi mesi dopo l'Operazione Barbarossa,
la famiglia fu inviata nel ghetto.

Sua madre e sua sorella maggiore, Ada, furono uccise dai nazisti
quando egli aveva sette anni.
Uno zio ottenne il permesso di lavorare fuori del ghetto lo fece
uscire di nascosto rifugiandosi a Leopoli.
Lo zio trovò un ufficiale polacco che li volle aiutare.
Munito di falsi documenti ariani, Sternhell visse con sua zia,
suo zio e un cugino come un cattolico polacco.
Dopo la guerra, fu battezzato, assumendo il nome polacco
di Zbigniew Orolski.
Divenne chierichetto nella Cattedrale di Cracovia.
Nel 1946, all'età di 11 anni, Sternhell fu mandato in Francia
su un treno di bambini organizzato dalla Croce Rossa e lì visse
con una sua zia.
Imparò il francese e fu accolto in una scuola di Avignone
malgrado una dura selezione.

Nell'inverno del 1951, all'età di 16 anni,
Sternhell emigrò in Israele sotto gli auspici della
Aliyat Hano'ar (Gioventù dell'Aliyat),
e fu inviato nel villaggio della gioventù di Magdiel.
Negli anni cinquanta, Sternhell servì come comandante
nella 1ª Brigata di fanteria "Golani".
Combatté nella guerra dei sei giorni,
nella guerra del Kippur e nella guerra del Libano.

Nel 1957-1960 studiò storia e scienze politiche
nell'Università Ebraica di Gerusalemme, diplomandosi
con massimo dei voti e lode.
Nel 1969, conseguì un Ph.D. nell'Institut d'études politiques
de Paris per la sua tesi su Le idee sociali e politiche
di Maurice Barrès.

Sternhell vive a Gerusalemme con sua moglie Ziva,
una storica dell'arte. Hanno due figlie.

Nel 1976, Sternhell divenne condirettore del The
Jerusalem Quarterly, rimanendo un contributore
attivo fino al 1990.
Nel 1981, divenne professore di Scienza Politica
nell'Università Ebraica di Gerusalemme.
Nel 1989, fu nominato alla cattedra Léon Blum di
Scienza Politica nella stessa Università e diventò
membro del Comitato editoriale di History and Memory.
Nel 1991, il governo francese lo insignì del titolo
di "Cavaliere dell'Ordine di Arti e Lettere" per il suo
notevole contributo alla cultura francese e nel 1996
divenne membro del Comitato editoriale del Journal
of Political Ideologies...

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Inserito il - 11/12/2017 : 06:23:50  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Stuart Wilson (Guildford, 25 dicembre 1946) è un attore inglese.

È noto per i ruoli di Jack Travis in Arma letale 3 e di Don Rafaél Montero in La maschera di Zorro (1998).
WI

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WIlliam Schuman
(SC)


https://youtu.be/FPp5sFoOgrk

William Schuman
New York, 4 agosto 1910
– New York, 16 febbraio 1992)
è stato un compositore
ebreo statunitense.

Nel 1943 ha vinto il Premio Pulitzer per la musica.
Nel 1956 Isaac Stern suona nella
prima esecuzione assoluta nella Carnegie Hall di New York
del Concerto per violino e orchestra di sua composizione
Nel 1961 diventò il primo presidente
del Lincoln Center for the Performing Arts di New York,
ruolo che ricoprì fino al 1969...

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Scotty Leavenworth, nome completo Scott Alexander Leavenworth (Riverside, California, USA, 21 maggio 1990), è un attore statunitense.

Ha iniziato a recitare negli spot pubblicitari all'età di 4 anni, e sin da allora è apparso in una varietà di film e di programmi televisivi. Ebbe apparizioni rilevanti in Il miglio verde, Un genio in pannolino, Babe va in città, Il rumore degli angeli, L'ultimo sogno e Erin Brockovich - Forte come la verità.

È conosciuto per essere apparso nel telefilm statunitense della The CW Settimo Cielo nel ruolo di Peter Petrowski, il primo ragazzo di Ruthie Camden (Mackenzie Rosman) nelle stagioni 7 e 8.
CE

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dany61 ha scritto:

Scotty Leavenworth, nome completo Scott Alexander Leavenworth (Riverside, California, USA, 21 maggio 1990), è un attore statunitense.

Ha iniziato a recitare negli spot pubblicitari all'età di 4 anni, e sin da allora è apparso in una varietà di film e di programmi televisivi. Ebbe apparizioni rilevanti in Il miglio verde, Un genio in pannolino, Babe va in città, Il rumore degli angeli, L'ultimo sogno e Erin Brockovich - Forte come la verità.

È conosciuto per essere apparso nel telefilm statunitense della The CW Settimo Cielo nel ruolo di Peter Petrowski, il primo ragazzo di Ruthie Camden (Mackenzie Rosman) nelle stagioni 7 e 8.
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Scott Pilgrim è una serie a fumetti canadese scritta e disegnata da Bryan Lee O'Malley. La serie è composta da sei volumi in bianco e nero pubblicati tra 18 agosto 2004 e 20 luglio 2010 dapprima da un'etichetta indipendente di Portland, la Oni Press, ed in seguito dalla HarperCollins[1].

Il 13 agosto 2010, dal fumetto è stato tratto un film, Scott Pilgrim vs. the World, con Michael Cera nel ruolo dell'eponimo protagonista.

In Italia, tutti i sei volumi sono stati editi da Rizzoli Lizard nel 2010.
SE

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SERGEJ BRIN

Sergej Michajlovi#269; Brin Mosca, 21 agosto 1973) è un imprenditore russo.

Insieme a Larry Page, è il fondatore di una delle più grandi società attive su Internet, Google. Nel 2016 il suo patrimonio personale è stato stimato in circa 37,5 miliardi di dollari.


Nato il 21 agosto 1973 a Mosca da una famiglia di origini ebraiche, si trasferisce dall'URSS agli USA all'età di soli 6 anni. Fin da bambino Sergej Brin sogna di diventare un astronomo, ma si dedica invece all'informatica, attività considerata più redditizia. Seguendo i passi del padre e della madre, si laurea a pieni voti in Matematica e Scienze informatiche presso l'Università del Maryland, College Park. L'amicizia col socio e amico Larry Page nasce con la frequenza ai corsi dell'Università di Stanford, dove nel 1998 viene fondata la Google Inc. In seguito è tra gli uomini più ricchi al mondo e condivide la posizione in classifica col socio grazie ai proventi derivati dalla stessa Google Inc, che da semplice progetto è divenuta una delle realtà più potenti e in espansione della Rete.




JE

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Jean Grey, nota anche come Fenice, è un personaggio dei fumetti creato da Stan Lee (testi) e Jack Kirby (disegni), pubblicato dalla Marvel Comics. Apparsa per la prima volta sulle pagine di X-Men n. 1 (settembre 1963), Jean è una supereroina, una mutante di livello omega, appartenente al gruppo degli X-Men, di cui è stata una dei membri fondatori, per poi cofondare X-Factor. Durante la sua storia editoriale, ha cambiato nome in codice, iniziando con Marvel Girl, passando poi a Fenice (Phoenix); che divenne poi Fenice Nera (Dark Phoenix) dopo che l'omonima entità cosmica prese la sua identità ed il suo posto presso gli X-Men, volgendosi però ad azioni malvagie. Infine Jean, dopo la sua morte e congiunzione con il luogo di incubazione cosmico della Fenice, è stata definita Fenice Bianca della Corona (White Phoenix of the Crown), ed in questo ruolo ha salvato e riscritto per un'ultima volta la storia della Terra.

Caratteristica del suo personaggio è quello di contare il più alto numero di morti e rinascite[1] (sotto vari aspetti), nella storia del gruppo mutante, inoltre altra caratteristica è quella di essere un'importante figura di riferimento nella vita di tutti coloro che le sono stati accanto: moglie e primo amore di Ciclope; "figlia" e discepola di Xavier; principale interesse sentimentale di Wolverine; "sorella" e migliore amica di Tempesta; madre (effettiva o adottiva) di Rachel Summers, Cable e Nate Grey; mentore di numerosi altri giovani mutanti.

Jean Grey, nei panni di Fenice Nera, si è posizionata nona nella classifica dei più grandi Villain della storia dei fumetti[2], mentre la Saga di Fenice Nera viene considerata unanimemente tra i migliori crossover nella storia della Marvel comics.

Il sito web IGN ha inserito Jean Grey alla tredicesima posizione nella classifica dei cento maggiori eroi della storia dei fumetti, dopo Iron Man e prima di Thor
JO

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JOan Copeland
(PE)



Joan Copeland, nome vero di Joan Maxime Miller
Nata a New York, 1º giugno 1922,
è una ex attrice e doppiatrice del cinema e tv
ebrea statunitense.

Vedova dell'ingegnere George J. Kupchik dalla quale ebbe un figlio.

Sorella dello scrittore e attore Arthur Miller.

Zia dell'attrice e scrittrice Rebecca Miller e del produttore Robert A. Miller.

Cognata di Marilyn Monroe e di Inge Morath.

Era figlia di Isidore Miller e dell'insegnante Augusta Barnett.

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Penelope Rosemont (Chicago, 1942) è una pittrice, fotografa e scrittrice statunitense e autrice di collage di matrice surrealista.
Discendente da boemi liberi pensatori emigrati negli Stati Uniti d'America a metà dell'Ottocento, è nata a Chicago ed ha frequentato il Lake Forest College nell'Illinois. Ben presto dimostra simpatia per il radicalismo ed entra nel gruppo dei Rebel Worker di Chicago, l'ala sinistra della Beat Generation.[1]

Insieme al marito Franklin, a Parigi nel 1966 viene accolta da Breton nel gruppo surrealista, che frequenta quotidianamente per diversi mesi al Café Promenade de Venus. Rientrati negli Stati Uniti, i coniugi Rosemont fondano a Chicago il primo gruppo surrealista statunitense.[1]

Nel 1968 prende parte all'esposizione del gruppo surrealista statunitense presso la galleria «Bugs Bunny»; i suoi dipinti sono stati esposti nelle principali mostre surrealiste in Francia, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Messico ed in altri Paesi, fra cui l'Italia, alla manifestazione Arte ed alchimia presso la Biennale di Venezia del 1986.[1]

Ha creato vari collage di matrice surrealista fra cui due nuove estensioni, la landscapade e la prehensilhouette,[1] oltre all'insect music, in cui alcune figure ritagliate sono poste sullo sfondo di una partitura.[2]

Nel 1970 viene pubblicato il suo primo libro di poesie, Athanor, mentre il secondo, Beware of the Ice, illustrato da Enrico Baj, esce nel 1992.

Come scrittrice ha trattato di surrealismo in diverse raccolte di articoli e saggi: The forecast is hot! (1997), pubblicato insieme al marito, l'antologia Surrealist Women (1998) e Surrealist Experiences (1999). È autrice dell'autobiografia Dreams & Everyday Life, André Breton, Surrealism, Rebel Worker, SDS & the Seven Cities of Cibola, di alcune biografie e della prefazione di Crime & Criminals: Address to the Prisoners in the Cook County Jail & Other Writings on Crime scritto da Clarence Darrow. Insieme a Janina Ciezadlo ha curato una raccolta di storie vere di Chicago: Armitage Avenue Transcendentalists (2009).

Ha inoltre collaborato alla curatela di Arsenal : Surrealist Subversion e di Free Spirits, ed ha contribuito a pubblicazioni surrealiste in tutto il mondo, fra cui Archibras, Phases, e Le Désir libertaire a Parigi, Analogon a Praga, Brumes Blondes ad Amsterdam e Salamandra in Spagna, oltre a periodici radicali statunitensi quali Radical America e Earth first!.[1]

Nel 1983, insieme al marito Franklin, assume la direzione della casa editrice Charles H. Kerr & Company.

Nel 2000 il suo dipinto The Night Time is the Right Time viene selezionato dal «Chicago Jazz Institute» per la maglietta del Festival Jazz di Chicago.[3]

Nel 2001 l'unità operativa per le "pubblicazioni alternative" della American Library Association (ALA), associazione delle biblioteche statunitensi, ha insignito Penelope e Franklin Rosemont del premio «Jackie Eubanks Memorial» per i risultati raggiunti nella promozione dell'acquisizione e dell'utilizzo di materiali alternativi nelle biblioteche
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lampaDINA e lampaDario
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PAul Ehrlich
(CH)




Paul Ehrlich
Strzelin, 14 marzo 1854
– Bad Homburg, 20 agosto 1915.
E' stato un microbiologo
ebreo tedesco, fondatore della chemioterapia,
cioè della terapia mediante particolari composti
chimici (i chemioterapici) in grado di agire specificamente
contro microbi apportatori di malattie infettive.
Nel 1908 Paul Ehrlich ed il professor Ilya Mechnikov vinsero
il premio Nobel per la medicina,
grazie alle loro ricerche sull'immunologia...

Alla figura del dr. Ehrlich è dedicato il film biografico del 1940
"Un uomo contro la morte" (Dr. Ehrlich's Magic Bullet),
diretto da William Dieterle e interpretato da Edward G. Robinson.

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Christian Corrêa Dionísio, noto come Christian (Porto Alegre, 23 aprile 1975),
è un ex calciatore brasiliano, di ruolo attaccante.
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Enza
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CARLO FAVA

Carlo Fava (Milano, 6 luglio 1965) è un cantautore e attore italiano.

Ha iniziato a suonare il pianoforte all'età di 10 anni e ha studiato arte drammatica con Richard Gordon. Jazzista e cultore del teatro-canzone, annovera tra i suoi modelli Giorgio Gaber e Paolo Conte.
Per Mina nel 1996 ha composto "Dottore", eseguita dalla cantante in duetto con Beppe Grillo, mentre nel 1999 per Ornella Vanoni ha adattato un testo brasiliano di Marisa Monte, che è così diventato il brano "Santallegria". I suoi spettacoli teatrali (oltre a "Personaggi criminali" nel 2000 e "L'uomo flessibile show" nel 2004-5, c'è stato anche nel 2004 "Le notizie") alternano monologhi e canzoni, con i testi scritti a quattro mani sempre insieme a Gianluca Martinelli, scrittore e autore di testi nelle reti Mediaset.
In tv, Carlo Fava ha partecipato al programma di Enzo Jannacci "Quelli che Jannacci" e a "Colorado Cafè", condotto da Diego Abatantuono.
Il brano "L'uomo flessibile" è stata la sigla della trasmissione televisiva "Okkupati" di Rai 3.
Nel 2005 esce Seguendo Virgilio - dentro e fuori il Quartetto Cetra, omaggio a Virgilio Savona del Quartetto Cetra, album in cui vari artisti rivisitano alcuni brani di Savona. Tra questi anche Carlo Fava con il brano Le burle.
Ha partecipato al Festival di Sanremo 2006 in coppia con Noa con la canzone "Un discorso in generale", che ha vinto il premio speciale della crítica.
Nel maggio 2009 esce il suo quarto lavoro dal titolo "Neve", contenente otto nuove canzoni per voce, viola e pianoforte.





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Patrick Joseph McGoohan (New York, 19 marzo 1928 – Los Angeles, 13 gennaio 2009)
è stato un attore e regista statunitense di origine irlandese.
Biografia

McGoohan era nato ad Astoria, nel distretto Queens di New York da due emigranti irlandesi, Thomas McGoohan e Rose Fitzpatrick. Ricevette un'educazione cattolica.[1] Poco dopo la sua nascita, la famiglia tornò in Irlanda a Mullaghmore, nella Contea di Leitrim,[2] e sette anni più tardi McGoohan si trasferì in Inghilterra, a Sheffield, dove frequentò la St. Vincent's School.[2]

Durante la seconda guerra mondiale fu evacuato a Loughborough, nella contea del Leicestershire, dove frequentò il Ratcliffe College, in cui si mise in evidenza in matematica e nel pugilato. A 16 anni McGoohan lasciò la scuola e tornò a Sheffield dove svolse diversi lavori tra cui allevatore di polli, impiegato di banca e camionista prima di essere assunto come direttore di scena allo Sheffield Repertory Theatre. Qui in maniera accidentale prese avvio la sua carriera recitativa quando fu chiamato improvvisamente a sostituire un attore che si era ammalato. Fu in questo periodo che conobbe anche la futura moglie Joan Drummond.
Carriera
Gli inizi

Nel 1955 McGoohan recitò in una produzione West End di una commedia chiamata Serious Charge nel ruolo di un prete accusato di essere omosessuale. Orson Welles rimase impressionato ("intimidito" ebbe poi a dire) dalla sua prova recitativa e lo volle al teatro di York nel suo Moby Dick-Rehearsed, una riduzione per il palcoscenico del Moby Dick, nella parte di Starbuck. Nel 1969 Welles dichiarò che secondo lui McGoohan "sarebbe oggi, credo, uno dei più grandi attori della nostra generazione, se la televisione non se lo fosse preso. Può ancora diventarlo. Era stato grandioso nella parte di Starbuck"[3] e "con tutti gli attributi richiesti, gli sguardi, l'intensità, l'indiscutibile capacità recitativa e gli occhi ammiccanti."[1]

La sua prima apparizione cinematografica fu in un ruolo non accreditato in The Dam Busters (1955), dove era una guardia davanti ad una sala riunioni. Aveva una battuta - "Sorry, old boy, it's secret – you can't go in. Now, c'mon, hop it!" che però è stata tagliata in diverse versioni del film.

Mentre lavorava come controfigura durante i provini, McGoohan fu firmato dalla Rank Organisation. I produttori erano probabilmente interessati a capitalizzare le sue capacità pugilistiche ed il suo aspetto fisico, piuttosto che la sua recitazione: così gli fu affidato il ruolo del ragazzo cattivo in alcuni film come I piloti dell'inferno (1957) al fianco di Sean Connery e nel commerciale La zingara rossa (1958). Dopo alcuni film ed alcune discussioni con il management il contratto fu infine risolto.

Rimasto senza contratto, cominciò a lavorare in televisione vincendo un BAFTA nel 1960.[4] In teatro diresse il Brand di Ibsen per il quale vinse un premio e nell'agosto 1959 apparì in una produzione della BBC tuttora esistente.
Gli anni '60: Gioco pericoloso

Ben presto il produttore esecutivo Lew Grade propose a McGoohan una serie televisiva in cui lui avrebbe recitato nel ruolo dell'agente segreto della NATO John Drake. Rimasto scottato dall'esperienza con la Rank Organisation, McGoohan richiese diverse garanzie contrattuali prima di accettare il ruolo: tutte le scene di lotta sarebbero dovute essere differenti tra loro; il personaggio avrebbe dovuto sempre usare prima il cervello e poi la pistola; e, cosa che inorridì la produzione, nessuna scena di bacio. La serie debuttò nel 1960 con il titolo di Gioco pericoloso, con puntate di mezzora orientate prevalentemente al gusto del pubblico americano. La serie ebbe un successo discreto ma inferiore a quello atteso.[5] La produzione durò una sola stagione per un totale di 39 episodi. Alla fine della stagione, alla domanda se avesse gradito il proseguimento della serie, McGoohan rispose "Forse, ma lasciatemi dire una cosa: preferirei fare venti serie televisive che passare quello che ho passato dopo aver firmato con la Rank qualche anno fa, cosa per la quale non biasimo altri che me stesso."[6]

Il successo ottenuto permise a McGoohan di ricevere una proposta per il ruolo di James Bond in Agente 007 - Licenza di uccidere ma lui, da cattolico, rifiutò il ruolo per motivazioni etiche, sebbene poi il successo di Bond gli tornò indirettamente utile, in quanto contribuì a rivitalizzare Gioco pericoloso.

Prima di ciò, McGoohan lavorò con la Disney in Le tre vite della gatta Tomasina e The Scarecrow of Romney Marsh. Dopo aver rifiutato anche il ruolo di Simon Templar ne Il santo, Lew Grade gli offrì di riprendere il ruolo di John Drake. Questa volta McGoohan avrebbe avuto ancor più voce nella serie. Gioco pericoloso fu riesumato nel 1964 in un nuovo formato da un'ora. I copioni ora lasciavano più margini di libertà a McGoohan: la serie ebbe successo e portarono McGoohan a diventare l'attore più pagato del Regno Unito,[7] mentre il programma andò avanti per altri tre anni. Dopo aver girato i due episodi a colori di Gioco pericoloso, McGoohan comunicò a Lew Grade l'intenzione di abbandonare lo show a favore di un altro programma.[9]
Il prigioniero

Di fronte alla volontà di McGoohan di abbandonare Gioco pericoloso, Grade gli chiese se era ancora disponibile a lavorare ancora con lui per qualcos'altro. McGoohan gli propose la bozza di quella che in seguito sarebbe stata chiamata una miniserie incentrata su un agente segreto che si dimette ed improvvisamente si risveglia in una prigione dalle sembianze di un villaggio vacanze. Grade gli chiese un budget che McGoohan aveva già preparato e con una stretta di mano un sabato mattina trovarono l'accordo per realizzare Il prigioniero. Oltre ad esserne il protagonista, McGoohan ne era anche il produttore esecutivo, dando vita alla "Everyman Films" insieme al produttore David Tomblin; inoltre scrisse e diresse diversi episodi, in alcuni casi utilizzando pseudonimi.[10] I sette episodi commissionati in origine alla fine divennero diciassette.

Il prigioniero che dà il titolo alla serie, chiamato anche "Numero Sei", passa l'intera serie a cercare di scappare da una lussuosa isola in cui è prigioniero chiamata "Il villaggio" e a scoprire l'identità della sua nemesi, il "Number Uno". Gli amministratori del Villaggio provano in ogni modo a carpire da lui le motivazioni che lo hanno portato a dimettersi dall'incarico di spia, cosa che lui si rifiuta di dire. La location della serie, con le sue architetture italianeggianti, è la cittadina di Portmeirion nel Galles del Nord.

Il prigioniero fu una serie cerebrale totalmente innovativa rispetto ai canoni dei telefilm dell'epoca. Il Numero Sei divenne il ruolo di McGoohan più famoso. E come spesso accade, sfortunatamente, questo ruolo divenne anche la sua prigione: Numero Sei era così ossessivamente opposto all'autorità che ogni qual volta McGoohan in seguito interpretò personaggi che avevano in qualche modo qualcosa a che fare con i concetti di individualità e libertà, inevitabilmente il personaggio veniva paragonato al suo ruolo ne Il prigioniero, come avvenne per esempio con il suo ruolo di guardiano in Fuga da Alcatraz (1979). "Mel Gibson sarà sempre Mad Max, ed io sarò sempre un Numero".
Dalla fine degli anni '60 agli anni '80: cinema e Colombo

McGoohan è apparso in molti film, tra cui - al fianco di Rock Hudson - Base artica Zebra (1968), per il quale fu acclamato dalla critica, e Wagon-lits con omicidi (1976) con Gene Wilder e Richard Pryor. Nel 1977 fu il protagonista della serie TV Professione medico nel ruolo di un ex-medico dell'esercito che si era ritirato per svolgere la professione privatamente (qualcuno lo considera un antenato di Dr. House - Medical Division).[11] Recitò con Clint Eastwood in Fuga da Alcatraz (1979) nella parte del crudele direttore del penitenziario. Apparve anche in Scanners (1981), un fanta-horror diretto da David Cronenberg, nel ruolo di uno psichiatra che studia i fenomeni paranormali e l'effetto delle droghe sintetiche sul cervello umano, oltre alla possibilità dell'influenza altrui sulla mente (riavvicinandosi quindi alle tematiche del telefilm Il prigioniero).

Diresse Richie Havens in una versione rock-opera dell'Otello intitolata Catch My Soul. Nel 1985 la sua unica apparizione in una produzione di Broadway, Pack of Lies di Hugh Whitemore in cui recitò accanto a Rosemary Harris nel ruolo di un agente dell'intelligence britannica. Ricevette una nomination per il Drama Desk Award come miglior attore protagonista.

McGoohan vinse anche due Emmy per le sue interpretazioni in Colombo con il suo amico di lunga data Peter Falk. McGoohan disse che la sua prima apparizione in Colombo, nell'episodio Alle prime luci dell'alba (1974), era probabilmente il suo ruolo americano preferito. Di Colombo diresse anche cinque episodi (inclusi tre dei quattro in cui ebbe la parte dell'assassino), ne scrisse uno e ne produsse due. McGoohan restò coinvolto con la serie di Colombo dal 1974 al 2000 e sua figlia Catherine McGoohan fece un'apparizione con lui nell'ultimo episodio da lui diretto, Scandali ad Hollywood.
Gli anni '90

McGoohan recitò in The Best of Friends (1991) per il canale Channel 4, in cui si narrava la storia dell'improbabile amicizia tra il curatore di un museo, una suora ed un drammaturgo: McGoohan interpretava George Bernard Shaw insieme a John Gielgud nella parte di Sydney Cockerell e Wendy Hiller in quella di Suor Laurentia McLachlan. Negli Stati Uniti il dramma fu trasmesso dalla PBS nell'ambito della serie Masterpiece Theatre. Sempre in questo periodo recitò nella parte di re Edoardo I d'Inghilterra in Braveheart - Cuore impavido (1995), diretto e interpretato da Mel Gibson, ed in quella del giudice Omar Noose ne Il momento di uccidere (1996) di Joel Schumacher, con Sandra Bullock, Samuel L. Jackson, Kevin Spacey e Ashley Judd. Nello stesso anno lavorò anche in Uomo mascherato (1996), adattamento cinematografico del fumetto.
Gli anni 2000

Nel 2000 "riprese" il suo storico personaggio de Il prigioniero doppiando Numero Sei in una puntata-parodia de I Simpson, Galeotto fu il computer e chi lo usò. In questo episodio, Homer Simpson per il suo sito di pettegolezzi si inventa che tramite il vaccino il governo stia dominando le menti della popolazione. Per tale notizia Homer viene rapito da una misteriosa organizzazione e si risveglia segregato in un posto chiamato "l'isola" con il nome di Numero Cinque, mentre a casa viene sostituito da un sosia. Sull'isola stringe amicizia con Numero Sei al quale ruba la barca che aveva costruito per fuggire. Quando il Rover (la sfera bianca) esce per recuperarlo, Homer lo fa esplodere con una forchetta.

L'ultimo ruolo cinematografico di McGoohan è stato il doppiaggio di Billy Bones nel film di animazione Il pianeta del tesoro, uscito nel 2002. Nello stesso anno ricevette il Premio Prometheus per Il prigioniero. Il nome di McGoohan fu accostato più volte a progetti poi abortiti di realizzare una versione cinematografica de Il prigioniero. Nel 2002 il regista Simon West fu ingaggiato per realizzare una versione di questa storia. McGoohan figurava tra i produttori esecutivi per il film, che però non fu mai realizzato. In seguito un progetto analogo fu proposto a Christopher Nolan ma il materiale era troppo difficile per adattarlo ad un film. McGoohan non fu coinvolto nel progetto che è stato ultimamente completato. Una rivisitazione della serie, The Prisoner, fu girata come miniserie (sei puntate da 45') per il network via cavo AMC nel 2008 e trasmessa nel novembre 2009.
Vita privata

McGoohan si innamorò dell'attrice Joan Drummond durante i suoi anni a Sheffield. I due convolarono a nozze il 19 maggio 1951. Dal matrimonio sono nate tre figlie, Catherine (1952), Anne (1959) e Frances (1960). Attorno alla metà degli anni Settanta la famiglia McGoohan si trasferì nel distretto di Pacific Palisades a Los Angeles.
Morte
McGoohan morì il 13 gennaio 2009 al Saint John's Health Center di Santa Monica, in California, dopo una breve malattia.[12] Le sue spoglie sono state cremate.[13] Una biografia dell'attore fu pubblicata per la prima volta nel 2007 dalla Tomahawk Press,[14] una successiva nel 2011 dalla Supernova Books
TE

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TEpper David
(EP)

https://youtu.be/w3NwcbOqYwI




David Alan Tepper
September 11, 1957
Pittsburgh, Pennsylvania, U.S.
E' un investitore, gestore di hedge fund e filantropo.
È il fondatore e presidente di Appaloosa Management
ebreo americano.
E' un hedge fund globale con sede a Miami Beach, in Florida,
E' la mente del fondo speculativo Appaloosa Management.
Ha un’acuta specialità in difficoltà finanziarie e il fiuto di
capire quando usciranno dalle crisi per tornare a produrre
profitti.
Secondo il rapporto della rivista americana Institutional
Investor’s Alpha, ha guadagnato 7 milioni di euro al giorno
durante il 2013.

MEMORIA FOTOGRAFICA

Cresciuto in una famiglia ebrea nell’East End di Pittsburgh,
Pennsylvania, Tepper è molto legato al quartiere Stanton Heights,
dove ha trascorso i primi anni di vita.
I numeri sono sempre stati la sua passione:
quando era bambino imparava a memoria le statistiche
del reverso delle figurine di baseball.
Per riuscire a laurearsi all’Università di Pittsburgh lavorava
alla biblioteca Frick Fine Arts e ha sviluppato un sistema
di commercio alternativo che gli ha fatto guadagnarsi il titolo
di Bachelor of Arts in Economia finiti gli studi.

DESIDERIO DI SUPERAMENTO
Il primo lavoro di Tepper è stato a Equibank come analista
di crediti nel dipartimento di economia.
Nel 1980, insoddisfatto della posizione,
è entrato all’Università Carnegie Mellon per fare un master
in Scienze dell’amministrazione industriale.
Subito dopo è stato assunto al dipartimento di finanze
della Republic Steel Corp, la sua prima esperienza
in imprese in difficoltà.

IL SALVATORE DI GOLDMAN SACHS
Secondo Bloomberg, nel 1984 Tepp è entrato a fare parte
del team di analisti di Keystone Mutual Funds a Boston
e nel 1985 è stato chiamato da Goldman Sachs.
Quando la bolla dei “bonus spazzatura” è esplosa
nel 1989, Goldman Sachs è sopravvissuta grazie
alle abilità di Tepper: aveva comprato bonus delle
banche che erano state colpite, ma quando si sono
riprese sul mercato le quotazioni sono salite alle stelle.
Lui però non era d’accordo con la linea politica di
Goldman Sachs e nel 1992 è andato via.

UN SOGNO
Tepper aveva un sogno tutto suo.
Michael Price, un cliente di Goldman Sachs e gestore
di un fondo di investimenti, lo aiutò mettendo a sua
disposizione uno studio.
Così cominciò a fare operazioni aggressive per creare
un piccolo capitale e fondare il suo fondo:
Appaloosa. Insieme con l’ex collega di Goldam, Jack Walton,
cominciò con 57 milioni di dollari.
La crescita fu veloce: nel 1993 il fondo registrò un guadagno
del 57,6%. Aveva 800 milioni di dollari alla fine del 1996.
Un articolo di Dailymail ha pubblicato una ricevuta bancaria,
caduta dal pantalone di Tepper, dove si può vedere il saldo:
100 miliardi di dollari.

L’ERRORE RUSSO
Ma non tutto è sempre girato per il verso giusto nella carriera
del gestore più ricco del mondo.
Nel 1998 ha sbagliato una considerazione importante:
aveva scommesso che il governo russo non avrebbe pagato
il debito e, invece, lo fece.
Con quella mossa Appaloosa persi il 30%.
Ma siccome i bonus della Russia sono crollati,
Tepper acquistò altri.
Quando il mercato si è ripreso nel 1999 la sua posizione
aumentò del 60%.
Dal 2004 al 2007 i guadagni di Tepper non sono stati buoni
in confronto agli altri anni.
Nel 2008 ha perso 200 milioni di dollari in uno sfortunato
investimento in Delphi, un fornitore di automobili che stava
per fallire.
Da marzo del 2010 il New York Times e la rivista Forbes
hanno nominato Tepper il gestore di fondi di investimento
più ricco del mondo.

LE DONAZIONI
Avendo provato sulla propria pelle quanto può aiutare
un’adeguata formazione accademica, Tepper donò 55 milioni
di dollari alla scuola di business Carnegie Mellon University,
dopo il consiglio del suo professore Kenneth Dunn.
Tepper però aveva messo una condizione: che dopo “il regalo”
la scuola cambiasse nome: Tepper School of Business.
Il finanziere ha anche aiutato l’Università di Pittsburgh,
e la Comunità ebraica di MetroWest nel New Jersey
in una campagna d’emergenza in Israele.

Dina & Dario
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Enza
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EPIFANI GUGLIELMO

Ettore Guglielmo Epifani (Roma, 24 marzo 1950) è un sindacalista e politico italiano.
Segretario Generale della CGIL dal 2002 al 2010, dall'11 maggio 2013 al 15 dicembre 2013 è stato il segretario del Partito Democratico.
Tuttavia nel 2017 ha abbandonato quello stesso partito di cui era stato segretario a causa dei disaccordi interni per la linea attuata dal suo successore, Matteo Renzi.

Dopo la laurea si iscrisse alla CGIL, dove per alcuni anni lavorò come sindacalista. Nel 1974 diresse la Casa editrice della Confederazione, l'Esi, aumentando in maniera considerevole il suo prestigio all'interno della confederazione: nel giro di due anni approdò prima all'Ufficio sindacale, dove coordinò le politiche contrattuali delle categorie, e poi all'Ufficio Industria della Confederazione.


Epifani segretario della CGIL
Socialista, nel 1979 inizia la sua carriera di dirigente sindacale con l'incarico di segretario generale aggiunto della categoria dei lavoratori poligrafici e cartai. Nel 1990 entra nella segreteria confederale e nel 1993 sarà nominato segretario generale aggiunto da Bruno Trentin. È stato iscritto prima al Partito Socialista Italiano e, dopo la fine del PSI, al partito dei Democratici di Sinistra.
Vice di Sergio Cofferati dal 1994 al 2002, a seguito della conclusione del mandato di Cofferati, diviene segretario generale della CGIL, primo socialista a guidarla dai tempi della sua ricostituzione nel 1944. Il 16 ottobre 2010 Guglielmo Epifani pronuncia il suo ultimo discorso da segretario CGIL in Piazza San Giovanni, a Roma, in occasione della manifestazione della FIOM. Il 3 novembre 2010 gli succede alla guida Susanna Camusso, prima donna segretaria della CGIL.
A seguito di un articolo scritto su Libero dopo aver ricevuto una lettera da Gianni Rinaldini, segretario della FIOM, nell'ottobre 2013 la trasmissione televisiva Le Iene intervista Epifani in merito all'aumento del proprio stipendio come segretario della CGIL del 18% avvenuto nel 2004.[2] In merito a questo episodio, gli venne chiesto chi fosse stato a decidere di aumentare lo stipendio del segretario da 4.399 euro a 5.183,69 euro lordi, ricevendo come risposta che era stata la segreteria, cosa che non coincide con il regolamento dell'epoca del sindacato, che prevedeva che fosse il direttivo nazionale a decidere della retribuzione del segretario

Alle elezionipolitiche italiane del 2013 è candidato alla Camera dei Deputati, nella circoscrizione Campania 1, come capolista del Partito Democratico, venendo eletto deputato della XVII Legislatura.[7]
Il 7 maggio 2013 viene eletto presidente della X Commissione permanente (Attività produttive, Commercio e Turismo) della Camera dei Deputati.

L'11 maggio 2013 è stato nominato, in seguito alle dimissioni di Pier Luigi Bersani, Segretario reggente del Partito Democratico, ricevendo dall'assemblea del partito 458 voti, pari all'85,8% dei voti validi, su 534.[9]
Il 15 dicembre seguente viene sostituito dal Matteo Renzi, eletto Segretario alle primarie dell'8 dicembre precedente.


Il 25 febbraio 2017 prende parte alla scissione dell'ala sinistra del Partito Democrtico, aderendo ad Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista.






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Modificato da - Enza in data 22/01/2018 12:17:32
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Rossano, nome d'arte di Rossano Attolico (Bari, 15 marzo 1946 – New York, 3 dicembre 1976), è stato un cantante italiano.
Dopo una discreta gavetta e i primi due dischi da solista incisi con la CAR Juke Box (etichetta che faceva capo a Carlo Alberto Rossi), debutta in televisione nel 1966 nella gara musicale Settevoci, condotta da Pippo Baudo, e successivamente partecipa alla Mostra Internazionale di Musica Leggera, vincendo la Gondola d'argento riservata agli artisti emergenti con Ça c'est Venise. La Ri-Fi, casa discografica milanese di Giovambattista Ansoldi, lo ingaggia (nella sottoetichetta Variety) imponendolo come garbato esecutore di brani del passato in chiave melodico-moderna.

Il suo più grande successo è stato infatti Ti voglio tanto bene, una canzone di trent'anni prima che Rossano ripropone al Cantagiro 1969, vincendo nel girone B e raggiungendo la sesta posizione nella hit parade estiva. Su questa falsariga, Rossano pubblica un intero album di vecchi brani riarrangiati (tra cui Non dimenticar, Arrivederci Roma, Tornerai, Fontana di Trevi) intitolato Italia amore mio, palesemente destinato al mercato estero e alla nostalgia degli emigranti italiani. Nel 1970 partecipa al Festival di Sanremo con Occhi a mandorla in coppia con Dori Ghezzi, senza riuscire ad entrare in finale.

Nel 1971 presenta ad Un disco per l'estate il brano Ho perso il conto, composto da Andrea Lo Vecchio e Roberto Vecchioni qualificandosi alle semifinali di Saint Vincent, non riuscendo però ad accedere alla serata finale. Roberto Vecchioni reinciderà quasi contemporaneamente il brano nel suo primo album Parabola, modificandone il testo di cui era autore e dandogli il titolo Luci a San Siro, che si trasformerà in un classico della canzone d'autore. Sempre nel 1971 Rossano tenta con poca fortuna la strada del cinema, recitando nel film Io Cristiana studentessa degli scandali, di Sergio Bergonzelli. Nello stesso anno lo ritroviamo nel cast del film Fratello sole, sorella luna del regista Franco Zeffirelli.

Sciolto il contratto con Ansoldi, tenta ancora un rilancio nella PDU, etichetta discografica svizzera di proprietà di Mina. Nel 1972, è di nuovo in gara a Un disco per l'estate con la canzone Dove andiamo stasera non riuscendo però a qualificarsi per le serate di Saint Vincent. Per la medesima etichetta pubblicherà nell'autunno dello stesso anno il singolo Perdersi e alla fine del 1973 il 33 giri Viaggio a Sud del cuore. Nel 1974 prende parte all'edizione presentata al Teatro Sistina di Roma del musical Caino e Abele composto dal collega Tony Cucchiara, in cui interpreta tra l'altro il ruolo di Abele.

Successivamente si dedica sempre di più al pubblico degli italiani all'estero, compiendo tournée in vari paesi d'Europa e del mondo. Durante uno di questi soggiorni all'estero, precisamente a New York, il 3 dicembre 1976, Rossano viene ritrovato impiccato in una camera d'albergo, a soli 30 anni. La stampa dell'epoca parla di suicidio dovuto ad un amore non corrisposto per Edwige Fenech con cui, anni prima, aveva avuto una relazione. Mentre alcune altre voci propendono per un omicidio, ma le circostanze non sono mai state ufficialmente chiarite. I funerali si svolgono a Bari il 13 dicembre al rione Carrassi presso la parrocchia del SS. Sacramento. Fasci di fiori, telegrammi e molte presenze del mondo della canzone danno a Rossano l'ultimo saluto.
RE

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REichstein Tadeusz
(ST)




Tadeusz Reichstein
Wloclawek, 20 luglio 1897
– Basilea, 1º agosto 1996
è stato un biochimico
ebreo svizzero.

Reichstein fu onorato con il premio Nobel per la
medicina nel 1950 insieme a Edward Calvin Kendall
e Philip Showalter Hench che con lui scoprirono
e isolarono il cortisone.
Fu professore all'Università di Basilea per un periodo
di più di 20 anni.
Il suo nome è ricordato nel Processo Reichstein,
da lui ideato nel 1933, quando lavorava al Politecnico
federale di Zurigo.

Dina & Dario
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dany61
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Stef Clement (Tilburg, 24 settembre 1982) è un ciclista su strada olandese che corre per il Team Lotto NL-Jumbo. Professionista dal 2006, è uno specialista delle prove a cronometro:[1] in questa specialità ha vinto un bronzo ai campionati del mondo 2007, un argento ai Giochi europei 2015 e tre titoli nazionali élite.
Gli esordi e gli anni alla Bouygues Télécom

Dopo la vittoria del campionato olandese a cronometro nella categoria Under 23, nel biennio 2004-2005 è sotto contratto con la Rabobank Beloften, la squadra giovanile sponsorizzata Rabobank. Proprio nel 2005 si aggiudica l'Olympia's Tour, importante corsa olandese riservata ai dilettanti.

Passa professionista nel 2006 con la Bouygues Télécom, squadra francese del circuito UCI ProTour. In maggio prende parte al suo primo grande giro, il Giro d'Italia, concludendolo al 64º posto pur senza mai entrare nei primi dieci in alcuna tappa. Il mese seguente si laurea per la prima volta campione olandese a cronometro superando Erik Dekker e Joost Posthuma, mentre ai primi di settembre vince una tappa al Tour de l'Avenir, corsa francese per ciclisti di età inferiore a 23 anni.

Nel 2007 si riconferma campione olandese a cronometro davanti a Michiel Elijzen e Rick Flens. Partecipa al Tour de France, ritirandosi, e alla Vuelta a España, concludendo al 32º posto della generale; alla Vuelta chiude inoltre terzo nella cronometro del penultimo giorno, vinta da Samuel Sánchez, dopo essere stato primo per più di un'ora.[2] Le qualità di cronoman vengono confermate cinque giorni dopo, con la medaglia di bronzo nella prova a cronometro del Mondiale di Stoccarda, dietro ai più esperti Fabian Cancellara e László Bodrogi.[3] Conclude la stagione con un altro terzo posto, in ottobre, alla Chrono des Nations.

Nella primavera 2008 è quindi ottavo al Critérium International, quinto al Circuit de la Sarthe, terzo nella cronometro di Sion al Tour de Romandie, secondo in quella di Bad Neustadt an der Saale al Giro di Baviera. In luglio partecipa nuovamente al Tour de France, e conclude in 87ª posizione. Il mese seguente è quello dei Giochi della XXIX Olimpiade a Pechino: Clement partecipa sia alla corsa in linea che in quella a cronometro, ritirandosi nella prima e giungendo nono nella seconda. Al Mondiale di Varese del 25 settembre invece delude: partito per quart'ultimo nella prova contro il tempo, conclude solo ventiduesimo, a 2'31" dal vincitore Bert Grabsch.[4] In ottobre riesce ad aggiudicarsi comunque la Chrono des Nations. Nell'agosto 2008 aveva intanto firmato un contratto con la Rabobank per la stagione 2009.[5]
Il ritorno alla Rabobank
Apre l'annata 2009 con il quarto posto alla Vuelta a Castilla y León, breve corsa a tappe spagnola. Pochi sono i risultati che arrivano nelle corse seguenti, fino al trionfo nell'ultima tappa del Critérium du Dauphiné Libéré, il 14 giugno: nell'occasione è abile a superare in volata i due compagni di fuga Tim Duggan e Sébastien Joly sul traguardo di Grenoble, aggiudicandosi per la prima volta una corsa in linea.[6] In luglio è per la terza volta al via della Grande Boucle, e subito, nel corso della seconda tappa, coglie l'occasione per mettersi in mostra andando in fuga insieme ad altri tre ciclisti. Ripreso a 10 km dal traguardo,[7] ha comunque la soddisfazione di indossare il numero rosso di corridore più combattivo di giornata. Un mese dopo si laurea nuovamente campione olandese a cronometro.
PA

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PAul Bernays
(AY)



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Paul BernAYs
Londra, 17 ottobre 1888
– Zurigo, 18 settembre 1977
E' stato un matematico
ebreo svizzero,
conosciuto per i suoi contributi
in logica matematica,
teoria degli insiemi e filosofia
della matematica.
È stato assistente e collaboratore
di David Hilbert.



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dany61
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Ayumi Hamasaki Fukuoka, 2 ottobre 1978) è una cantautrice, produttrice discografica, attrice e modella giapponese. È estremamente nota in patria, dov'è considerata da molti un idolo, ed è fra le più famose artiste giapponesi nel mondo. Dopo l'uscita del suo album LOVEppears, il nome della cantante, sui prodotti ufficiali, compare scritto tutto minuscolo[1], cioè ayumi hamasaki
Dal suo debutto nel 1998 con il primo singolo, Poker Face, ha venduto più di 55 milioni di copie, pubblicando 16 album, 5 mini-album, 6 compilation e 53 singoli. In tutta la storia del Giappone, la Hamasaki (spesso chiamata dai fan con il nomignolo "Ayu") è la terza "best-seller" musicale.

Con l'incisione del suo trentanovesimo singolo, Startin'/Born To Be.., nel 2006, la Hamasaki ha raggiunto un record, diventando la prima cantante donna ad avere 26 singoli al primo posto delle classifiche e 37 singoli nella top ten di Oricon. È anche la prima cantante giapponese di cui tutti gli album (pubblicati dalla casa discografica Avex) sono entrati in classifica al primo posto. Il suo singolo pre-Avex, Nothing from Nothing, non è infatti entrato nella top ten di Oricon.

Ha vinto il premio Taish#333; (il più importante premio musicale giapponese) per tre volte consecutive: nel 2001, nel 2002 e nel 2003, dopodiché ha chiesto di non essere più nominata.

Il suo nome d'arte è #27996;#23822;#12354;#12422;#12415;, con ayumi scritto in hiragana; all'anagrafe, il suo nome completo sarebbe #27996;#23822;#27497;.

Il suo 11º album, dal titolo Rock'n'Roll Circus, è uscito il 14 aprile 2010.
Biografia
Giovinezza e prime esperienze

Ayumi Hamasaki ha vissuto con la madre dopo l'abbandono del tetto familiare da parte del padre, quando aveva due anni, ed è stata cresciuta soprattutto dalla nonna.

Durante l'adolescenza iniziò la carriera di modella come testimonial di una banca locale. Al liceo veniva considerata un personaggio negativo a causa della tintura ai capelli e delle T-shirt strette che indossava, considerate estremamente sconvenienti nel Giappone di quei tempi. Lasciò la scuola per recarsi a Tokyo, dove avrebbe potuto dedicare tutto il suo tempo alla carriera di modella, sostenuta dalla nonna.

Hamasaki usava lo pseudonimo di Kurumi Hamazaki per recitare in alcuni film a basso costo e telenovelas come Miseinen o Sumo momo momo, senza grande successo; una delle sue interpretazioni più notevoli è in Nagisa no Shindobaddo del 1995, dove assume il ruolo di una ragazza vittima di violenza sessuale. Era troppo bassa per fare la modella professionista; come risultato, trascorreva il tempo per le strade di Tokyo facendo shopping e frequentando discoteche come lo Shibuya club.
L'ingresso in musica

I primi passi di Ayumi Hamasaki nel mondo della musica furono nella scena rap. Il 1º dicembre 1995 uscì il suo primo album, Nothing from Nothing, realizzato con Dohzi-T. Dopo aver mancato l'ingresso nella classifica di Oricon, la sua agenzia, la Nippon Columbia, l'abbandonò.

In seguito Ayumi conobbe Masato "Max" Matsuura a Velfarre, un locale della Avex Trax, grazie ad una sua amica. Questi le offrì un ingaggio. Ayumi accettò ("Non avevo altro da fare", commentò in seguito), dopo un primo rifiuto causato dalla diffidenza nei confronti di persone molto più grandi di lei.

Abbandonò presto i corsi di canto, dapprima nascondendolo a Matsuura, che una volta scoperto tutto la mandò a New York. Affascinato dal suo modo di scrivere lettere, Matsuura le suggerì di scrivere i testi per le sue canzoni.
Da A Song for XX a LOVEppears

L'8 aprile 1998 fu pubblicato il singolo di debutto di Ayumi Hamasaki, poker face. Si piazzò subito 22° nella classifica di Oricon e riuscì a vendere 43.000 copie. Pubblicando il suo quinto singolo, Depend on You, la Hamasaki raggiunse per la prima volta la top ten delle classifiche. "Depend on you" fu usata come colonna sonora del videogioco Thousand Arms.

Ayumi raggiunse finalmente la posizione numero uno in classifica con il suo primo album, A Song for XX, uscito il 1º gennaio 1999.

Il primo singolo numero uno fu LOVE~Destiny~, uscito il 14 aprile 1999. Dall'uscita del suo nono singolo, Boys & Girls, seguendo le mode dell'industria musicale, i dischi passarono da 8 cm a 12 cm, in modo da poter contenere più dati. Furono quindi pubblicati anche i primi remix album.

Il suo decimo singolo (triplo A-side), A, è attualmente il suo singolo di maggior successo, con ben 1.600.000 copie vendute.

Il 10 novembre 1999 uscì il suo secondo album, Loveppears, a meno di un anno dal primo. L'album superò i due milioni di copie vendute. La copertina di LOVEppears suscitò molto scalpore nell'opinione pubblica, perché mostrava la Hamasaki in topless col seno coperto dai lunghi capelli. Lo stesso giorno uscì anche singolo appears.
Da Duty a I am...

Nel 2000 fu testimonial per la Visée, ditta di cosmetici giapponese; nello spot fu utilizzata proprio una sua canzone, "vogue". Girò anche alcuni spot per la TU-KA, ditta impegnata nel settore della telefonia cellulare. La cantante guadagnò così molta fama e cominciò ad apparire in diverse riviste.

Da aprile a giugno pubblicò un singolo al mese, vogue, Far away, e SEASONS, che sarebbero stati più avanti considerati come una trilogia, "The Trilogy", a causa della loro somiglianza nei testi e nei relativi video. Il 27 settembre pubblicò il suo terzo album completo, Duty. Vendette ben tre milioni di copie, diventando il suo studio album più venduto in assoluto. Nello stesso giorno venne pubblicato anche un singolo a tiratura limitata, SURREAL.

Fu poi la volta del singolo M, che denotò una svolta creativa per la Hamasaki, che compose anche alcune canzoni sotto lo pseudonimo di "Crea". In seguito uscì il suo primo best of, A Best.

Nel tardo 2001 il suo secondo album remix, ayu-ro mix 2, fu un record: fu infatti il secondo album remix nella storia della musica giapponese a posizionarsi primo nelle classifiche. Il suo unico predecessore fu l'album della cantante Misia, Little Tokyo.

Il 1º gennaio 2002, venne pubblicato il suo quarto album, I am..., che vendette 2,3 milioni di copie.
RAINBOW e A BALLADS

Il 18 dicembre 2002 fu pubblicato l'album RAINBOW. L'album contiene tracce simili allo stile di "Crea", come l'album precedente. Inoltre nel disco sono presenti per la prima volta canzoni con parti cantate in inglese. L'album fu lanciato tramite una strategia di marketing molto efficace: coloro che avessero comprato l'album immediatamente dopo l'uscita nei negozi avrebbero avuto accesso a un sito internet, protetto da password, contenente una versione strumentale della title track di RAINBOW, non presente nell'album. I fan ebbero inoltre la possibilità di inserire suggerimenti per la stesura del testo della canzone.

Il pezzo fu poi inserito nella successiva produzione di Ayumi Hamasaki, la sua compilation A Ballads, pubblicata il 12 marzo 2003. Il disco, una raccolta contenente solo due inediti, rimase pressoché invenduto.
Da Memorial address a (miss)understood

In luglio venne pubblicato il singolo &. Dopo la pubblicazione dei singoli forgiveness e No Way to Say, il 17 dicembre 2003, Ayumi pubblicò il suo primo mini-album: Memorial Address. Sorprendentemente, questo nuovo album contiene solo tre canzoni inedite. Grazie a questo disco la Hamasaki diviene la prima e unica cantante solista a vedersi assegnato un disco di platino in Giappone per un mini-album.

Nella primavera del 2004, Ayumi pubblicò Moments in formato CD e CD+DVD, come già avvenuto per Memorial address. Oggi questa combinazione è la routine per le uscite della cantante. Moments contiene il tema dell'ultimo spot pubblicitario girato per la ditta di cosmetici Visée, prima che il contratto con l'azienda finisse. Nel luglio dello stesso anno si verificarono dei disordini all'interno dell'etichetta di Hamasaki, la Avex Trax. Una lite tra Max Matsuura e Yoda, un direttore del label, creò grossi disagi, accompagnati da voci di corridoio circa la volontà di abbandonare l'etichetta da parte di molti artisti, fra i quali la stessa Ayumi Hamasaki, Hiroko Shimabukuro, gli Every Little Thing, hitomi e i Do As Infinity. La Avex Trax cominciò ad affondare, la vicenda si concluse quando la stessa Hamasaki passò dalla parte di Matsuura, così Yoda si licenziò, ponendo fine alle tensioni venutesi a creare.

Il 15 dicembre del 2004 venne pubblicato il suo sesto album, MY STORY.

Il suo 38° singolo, Bold & Delicious/Pride, non ebbe molto successo. Presentava uno stile completamente nuovo per Ayumi; sentendo le canzoni degli Sweetbox, la cantante aveva chiesto al compositore Roberto "Geo" Rosan di usare alcune sue musiche.

Il settimo album, (Miss)understood, venne pubblicato il 1º gennaio 2006. Vendette nella prima settimana circa 650.000 copie, raggiungendo il primo posto nelle World Global Charts.
L'era di Secret

La canzone "Startin'" venne usata come opening theme del videogioco per PlayStation 2 Onimusha: Dawn of Dreams, mentre la canzone "rainy day" (presente nell'album (miss)understood) venne usata come ending theme.

Inoltre, la canzone "Born To Be..." venne usata per le Olimpiadi invernali 2006 da Nippon Television.

Dopo il singolo Startin'/Born To Be..., Ayumi partì per il tour ayumi hamasaki ARENA TOUR 2006 ~(miss) understood~, che durò tre mesi.

Il 25 ottobre iTunes USA ha aggiunto alcuni artisti nella sezione giapponese includendo Ayumi Hamasaki.

L'ottavo album della Hamasaki, Secret, uscì il 29 novembre 2006. Include le hits "Startin'", "Born To Be...", "BLUE BIRD", "Beautiful Fighters", sette nuove canzoni e tre strumentali. All'inizio, l'album era stato annunciato come il suo secondo mini-album, con sette canzoni in totale. Il 23 ottobre 2006, il suo sito ufficiale annunciò un cambio di programma e che Secret era diventato un LP. Ayumi Hamasaki ha guadagnato l'attenzione dei media grazie al video musicale di "Jewel", costato approssimativamente sui 100 milioni di yen. "Jewel" è uno dei video più costosi mai realizzati.

Secret è stato molto sponsorizzato fuori dal Giappone ed è probabilmente l'album di Ayumi con maggior successo all'estero.[2][3][4]

L'8 dicembre CNN International ha mandato in onda un'intervista di circa 30 minuti con Ayumi Hamasaki, come parte di una puntata speciale di Talk Asia, "Japan Now".
2007-presente

Il 28 febbraio 2007 fu pubblicato il best album A BEST II, che comprende alcune delle migliori canzoni di Ayumi, da "I am..." a "(miss)understood". Le due versioni, -WHITE- e -BLACK-, raggiunsero la prima e la seconda posizione nella Oricon Weekly Chart, facendo diventare Ayumi la prima cantante donna ad avere due sue pubblicazioni in classifica contemporaneamente.[1]

Per promuovere A BEST II e Secret, Ayumi iniziò il suo primo tour con concerti non solo in Giappone, ma anche in altri paesi dell'Asia, tra cui Taiwan e Cina: l'Asia Tour 2007 A-Tour of Secret. Il tour durò da marzo fino alla fine di giugno.

Il 18 luglio del 2007 la Hamasaki torna nelle classifiche con il singolo Glitter/Fated (la canzone "glitter" rappresenta il gioioso inizio di una storia d'amore, mentre la canzone "fated" ne rappresenta il triste epilogo). Vengono girati i videoclip di entrambe le canzoni, che vengono incorporati in un unico filmato, un cortometraggio, dal titolo "#36317;#24859; ~Distance Love~".

Dopo appena due mesi torna con un nuovo singolo, dalle atmosfere più rock e cupe (che appaiono anche nel videoclip), Talkin' 2 Myself, uscito il 19 settembre 2007. Qui Ayumi sfoggia un nuovo taglio, molto più corto rispetto al precedente (non è comunque la prima volta che rinnova il suo look in modo così radicale).

L'ultimo singolo che anticipa l'uscita del nono album in studio è Together When..., pubblicato solo in versione digitale il 5 dicembre 2007.

Il 1º gennaio 2008 viene pubblicato GUILTY, contenente i tre singoli precedentemente pubblicati nel 2007 e, ovviamente, nuove tracce, per un totale di quattordici. Qui la Hamasaki vira decisamente su un suono più elettronico.

In seguito vennero pubblicati gli album remix: ayu-mi-x 6 ~GOLD~ e ayu-mi-x 6 ~SILVER~.

Nell'aprile 2008, per commemorare il decimo anniversario di Ayumi, fu pubblicato il singolo Mirrorcle World, che arrivò primo in classifica, e la fece diventare la prima cantante donna ad avere ogni anno, per dieci anni consecutivi, un singolo al primo posto.[2]

Poi iniziò il suo secondo tour in Asia, l'Asia Tour 2008-10th anniversary, sempre per celebrare il suo decimo anno di attività.

Il 10 settembre 2008 fu pubblicato A COMPLETE ~ALL SINGLES~, una raccolta di tutte le A-side dei suoi singoli, a partire da "poker face", più una bonus track di "Who..", ricantata per il decimo anniversario.

Il 18 dicembre 2008 fu pubblicato il suo quarantaquattresimo singolo, in quattro versioni, come per Mirrorcle World: Days/Green CD e CD+DVD (contenente "LOVE 'Destiny'" ricantata per il decimo anniversario) e GREEN/Days CD e CD+DVD (contenente "TO BE" ricantata per il decimo anniversario). Il DVD di Days/GREEN contiene il video di "Days" e il making clip di "GREEN", mentre il DVD di GREEN/Days contiene il video di "GREEN" e il making clip di "Days". La canzone "GREEN" è stata usata per una pubblicità della Panasonic.

Il 25 febbraio 2009 viene messa in vendita un'altra doppia A-side: Rule/Sparkle, in tre versioni: CD-GREEN Version (contenente un remix di "GREEN" e la sua versione acustica), CD-Days Version (contenente un remix di "Days" più la sua versione acustica) e CD+DVD (contenente un remix di "Rule"). La canzone "Rule" è stata usata come ending del film Dragon Ball Evolution[3], mentre la canzone "Sparkle" per la pubblicità della Honda Zest Spark [4].

Il 25 marzo 2009 viene pubblicato il suo decimo studio album, Next Level (contenente i singoli Days/GREEN e Rule/Sparkle, più altre 10 canzoni) in ben quattro versioni: CD, CD+DVD (il DVD contiene i video di "GREEN", "Days", "Rule", "Sparkle", "NEXT LEVEL" e "Curtain call" e i rispettivi making clip), 2CD+DVD (il secondo CD contiene le tracce audio di alcune canzoni cantate nel Premium Countdown Live 2008-2009) e in versione digitale dentro una pen-drive da due gigabyte (contenente le tracce audio, i video e i making in mp4 e il photobook), tutte con un case di colore diverso. Sebbene l'album abbia debuttato al primo posto in classifica e sia rimasto in vetta per 18 settimane, è quello di Ayumi che ha venduto di meno.

Il 12 agosto 2009, Ayumi ha pubblicato il singolo estivo Sunrise/Sunset~LOVE is ALL~. La canzone "Sunrise~LOVE is ALL~" è stata usata come opening del dorama giapponese Dandy Daddy?[5]. Il singolo invernale della cantante giapponese è invece uscito il 29 dicembre 2009, e si intitola You Were../Ballad.

Il 14 aprile 2010 è stato lanciato il suo undicesimo studio album, dal titolo Rock'n'Roll Circus. Il disco ha subito raggiunto la vetta delle classifiche, facendo della Hamasaki l'unica cantante donna solista ad aver piazzato, negli ultimi venti anni, dieci album al numero 1 delle classifiche nipponiche.

Nel 2010, in pochi mesi, Ayumi ha raggiunto la quota dei 50 singoli pubblicati, con l'uscita estiva di Moon/Blossom il 14 luglio, poi di crossroad il 22 settembre, e infine del maxi-singolo L il 29 dello stesso mese. "crossroad" è un pezzo dal ritmo elettronico che richiama lo stile dei primi successi della Hamasaki, mentre "Virgin Road", "Sweet Season" e "Last angel", le tracce contenute in L, sono tre ballate accompagnate dal pianoforte.
La sordità

Poco dopo l'uscita dell'album GUILTY la Hamasaki annuncia[5] che, a causa di un incidente avvenuto diversi anni fa, è diventata quasi completamente sorda dall'orecchio sinistro. Aggiunge però che, nonostante questo difficile handicap (soprattutto per un'artista impegnata nel campo musicale), continuerà la sua carriera come ha sempre fatto.
Vita privata

Il 1º gennaio 2011, Ayumi Hamasaki ha annunciato ai suoi fan il matrimonio con l'attore e modello austriaco Manuel Schwarz. Nonostante il matrimonio, Ayumi ha promesso ai suoi fan che non si sarebbe ritirata, e ha infatti continuato a comporre musica. Il matrimonio tra la cantante giapponese ed il marito austriaco si è concluso dopo poco più di un anno con il divorzio nel mese di gennaio 2012. Il 13 dicembre 2013 annuncia ufficialmente il suo fidanzamento con un venticinquenne studente di Los Angeles. Nel settembre 2016 la coppia divorzia dopo 1 anno di fidanzamento e 2 anni di matrimonio.[6]
I simboli

Ayumi Hamasaki usa alcuni simboli per rappresentare il suo nome o i suoi singoli/canzoni.
La prima A

La prima volta che ha usato un simbolo per titolo è stato per il suo undicesimo singolo A. I bordi del simbolo rappresentano le A-side del singolo: monochrome, Trauma, too late ed End roll. Questo è l'unico contesto in cui ha usato questo simbolo.
La seconda A

La seconda A è usata da Ayumi Hamasaki per identificare sé stessa. Ne ha fatto una variazione per il suo cartone animato, Ayupan.
M

Questo simbolo fu usato per il suo diciannovesimo singolo M, che, a differenza di A, aveva solo una canzone. Questo simbolo è usato sempre quando compare la M nella tracklist.
H

Questo simbolo, rappresentante la lettera H, venne usato solo per il maxi-singolo omonimo, uscito nel 2002.
La terza A

La terza A è usata per sponsorizzare il suo settimo album, (miss)understood. È usata anche nel DVD live di quest'ultimo e nel sito mu-mo (il negozio online della Avex).
La quarta A
La quarta A è usata per celebrare il suo decimo anniversario di carriera nel campo musicale, utilizzata nel retro del singolo "Mirrorcle World".

KA

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lampaDINA e lampaDario
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KAgasoff Daren
(AG)




https://twitter.com/DarenKagasoff

Daren Kagasoff
Encino, California 16 settembre 1987
è un attore
ebreo statunitense.

È conosciuto per aver interpretato il ruolo
di Ricky Underwood nella serie televisiva
La vita segreta di una teenager americana,
andata in onda su ABC Family.

Nato e cresciuto a Encino in California,
Kagasoff è il secondo di tre fratelli.
Ha intrapreso la carriera di attore durante
gli studi alla San Francisco State University.
Dopo aver preso lezioni di teatro, è stato scelto
per interpretare uno dei personaggi principali
della serie televisiva La vita segreta di una teenager
americana.
Il 24 febbraio 2013 è stato annunciato che Kagasoff
avrebbe recitato tra i personaggi principali di una serie
televisiva della Fox intitolata Delirium e tratta dal romanzo
di Lauren Oliver, ma l'8 maggio l'emittente ha dichiarato
che non avrebbe dato seguito all'episodio pilota.

È stato fidanzato con l'attrice Jacqueline MacInnes Wood,
interprete della soap opera statunitense Beautiful.
È sostenitore dei diritti LGBT e nel 2009 ha posato
per la NOH8 Campaign.

Premi

Nel 2009 Kagasoff ha vinto ai Teen Choice Awards come
"Choice Summer TV Star Male" ed è stato candidato
come "Choice TV Breakout Star Male", per la sua
interpretazione in La vita segreta di una teenager americana.



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dany61
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Agostino Lascaris di Ventimiglia Torino, 16 marzo 1776 – Saint-Vincent, 28 luglio 1838) è stato un politico italiano.
Lascaris ereditava i titoli nobiliari di marchese della Rocchetta e conte di Castellar. Agostino - o Giovanni Agostino Giuseppe - fu membro del Collegio elettorale del Dipartimento del Po e consigliere comunale di Torino durante il periodo del dominio francese; ufficiale della Legion d'onore, fu nominato conte dell'Impero francese con decreto del 3 dicembre 1809 e lettere patenti del 26 aprile 1810.[1] Lascaris fu sindaco di Torino nel 1818 e di Pianezza nel 1826
Discendente dall'antica famiglia Lascaris di Ventimiglia, Agostino nacque da Giuseppe Lascaris di Ventimiglia e da Agnese Teresa Maria Tondut Peyre, dei conti di Ganzo e Costa d'Oneglia. Agostino nel 1803 sposò l'ultima discendente del ramo primogenitale dei marchesi Carron di San Tommaso, Cristina Giuseppa Marianna - detta Giuseppina - e divenne proprietario del palazzo che porta il nome di Palazzo Lascaris, a Torino. Giuseppina Carron, fu figlia di Giuseppe Bonaventura Carron di San Tommaso di Briançon- marchese di Sommariva Perno, conte di Avigliana, Primo scudiere e Gentiluomo di Camera di S.A.R. il Principe di Piemonte - e della moglie Maria Lesbia Cristina Doria, dei marchesi di Cirié e del Maro, conti di Prelà e di Dusino, signori di Testico, Cesio e Valdichiesa[3]
La carriera militare

Lascaris a quindici anni entrava alla corte reale di Torino come paggio e il 3 luglio 1793 era nominato Scudiere reale in seconda e Gentiluomo di bocca. In pari data riceveva i galloni di capitano di fanteria e l'anno successivo aggregato allo Stato maggiore sabaudo, in qualità di aiutante di campo del re Vittorio Amedeo III di Savoia.[4] Subentrato il regime napoleonico, dopo l'Armistizio di Cherasco, Lascaris transitava, con il medesimo grado, nell'armata francese, servendo con distinzione e grandi prove di valore nelle campagne militari del 1796-1799 - inquadrato con i reparti piemontesi nella divisione del generale Paul-Louis Gaultier de Kerveguen - incaricato, come geniere, di ristrutturare le fortificazioni di Firenze, Siena e Pontremoli e di compiere numerose azioni di ricognizione. Lascaris, nel 1800, dopo la battaglia di Marengo, si spogliò della divisa.[5]

Nel 1810 passato a Parigi - dove la sposa sin dal 1807 era stata nominata Dama del Palazzo dell'imperatrice Giuseppina di Beauharnais, poi di Maria Luisa d'Asburgo-Lorena[6] - il marchese - inizialmente inviato come rappresentante del comune di Torino presso la corte imperiale - prese a dedicarsi alle scienze, le arti e specialmente l'agricoltura. Nel 1814 il re di Sardegna, tornato in Torino, richiamò tutti gli antichi ufficiali, e così Lascaris si trovò riaggregato all'esercito savoiardo, per lungo tempo con il grado di capitano - nonostante l'anzianità di servizio - probabilmente per le sue simpatie napoleoniche. Nel 1815, Lascaris accompagna la consorte - per motivi di salute - in Toscana, a Pisa, dove Lascaris si ferma sino almeno al marzo 1816, nonostante nell'ottobre precedente fosse stato inviato dal governo sabaudo a compiere operazioni di ricognizione militare in Provenza, oltre il fiume Varo. Soltanto agli 11 settembre del 1816 Lascaris - che aveva presentato rimostranze ai suoi superiori per i mancati avanzamenti di carriera - risulta promosso al grado di maggiore. Il 21 gennaio 1832 Lascaris fu promosso maggior generale e con tale grado fu posto a riposo, ma ancora nel 1833 continuava a dare il proprio contributo di competenze militari e strategiche - in qualità di vicepresidente dell'Accademia delle Scienze di Torino - con l'apprezzatissimo saggio Essai sur quelques améliorations dans l'art de la guerre, e nel 1838 gli veniva riconosciuto il grado onorifico di luogotenente generale.[7]

Tuttavia, sino almeno al 1816, secondo Il Memoriale di Sant'Elena, Napoleone Bonaparte, imperatore in esilio, poneva i coniugi Lascaris fra i più cari ricordi e fra i più fedeli alla sua persona: L'Empereur dit qu'il renouvela à Turin, la galanterie gracieuse de Troyes, dans la personne de Mme de Lascaris, et dans les deux endroits, du reste, il croit avoir eu à se louer de sa libéralité, et en avoir recueilli le fruit. Les deux familles se sont montrées attachées et reconnaissantes.
Gli interessi scientifici e l'attività politico-amministrativa

Nel 1809, Lascaris fu ammesso alla Società reale d'agricoltura che fu parimenti da lui presieduta negli anni 1819-1835. Nel 1818 è sindaco di Torino - dopo lunga esperienza come decurione cittadino - e nel 1820 fu inoltre aggregato all'Accademia delle Scienze, della quale fu vice-presidente dal 27 giugno 1830 e poi presidente. Il 19 ottobre 1831 Agostino fu nominato Grande di Corte da Carlo Alberto di Savoia e Consigliere di Stato, ed ebbe parte fondamentale nella compilazione del Codice civile sabaudo del 1837.[9] Altro importante ufficio espletato dallo statista piemontese fu quello di membro del Consiglio generale del debito pubblico, con nomina regia del 10 febbraio 1820,[10] 16 agosto 1831 e successiva conferma del 27 gennaio 1838. Il 31 dicembre 1823 fu nominato - dal Consiglio generale del Comune di Torino - Mastro di Ragione del comune torinese (capo della Ragioneria)[11]

Per le sue competenze scientifiche, Lascaris fu aggregato ad altri corpi accademici: il 30 giugno 1814 all'Accademia Valdarnese, il 10 giugno 1824 alla Société linnéenne di Parigi, il 20 giugno 1824 alla Società di Agricoltura, Istoria naturale e Arti utili di Parigi, il 22 luglio 1826 alla Società economica di Chiavari, e nel 1833 all'Accademia della valle Tiberina toscana di scienze, lettere e arti.[12] Lascaris fu inoltre eletto membro onorario dell'Accademia Albertina e membro della Nobile società per la direzione de' teatri di Torino.[13]

Nel 1825, divenne il primo presidente della neonata Camera di Agricoltura e Commercio (l'attuale Camera di Commercio di Torino), dopo essere stato Direttore della Reale Società agraria e, nel corso degli anni, pubblicò una trentina di contributi scientifici di prevalente argomento botanico, agronomico e industriale.[14] Nel 1829 e 1832, Lascaris, organizza e finanzia personalmente le prime Esposizioni dell'industria, arti e mestieri di Torino, ospitate con circa cinquecento aziende nel Castello Valentino. Le Esposizioni sono il segno tangibile di un lento ma progressivo cammino verso una società non più agricola, ma industriale.[15]

Nel 1828 Lascaris patrocinò l'apertura di un banco pubblico di prestito e sconto per favorire l'economia, ma ricevette parere negativo dalla Camera di commercio di Genova. Migliore sorte ottenne la proposta del 1834 di aprire un banco di prestito pubblico a vantaggio dello sviluppo agricolo e industriale. A tale scopo il re nel 1835 dava il consenso alla Cassa di riserva dello Stato di destinare la somma di sei milioni di lire per prestiti al quattro per cento sui depositi delle aziende industriali della seta.[16]

« L’industria ha presso di lui (Carlo Alberto di Savoia) un esimio patrono, Lascaris, vicepresidente della regia Società Agraria, ec., il quale, ben conosce che cosa sia industria, antivede i nuovi destini della Italia tutta mercè l'incremento di essa, e careggia con zelo ed amore questa pianta produttrice di frutti d’incivilimento, di agi, di potenza e di moralità eziandio; cioè laddove havvi nel popolo dolcezza di vita acquistata col lavoro, havvi pure integro e religioso costume . Questo dotto e zelante personaggio ha nell’ ottimo suo Saggio sopra gli alberi torti (pag. 9), inculcata la proposta di un banco setario di prestito e di sconto da erigersi negli stati di S. M. il re di Sardegna, per rimediare alla diffalta di capitali, che sgraziatamente mancano anch’essi colà all’ industria. »
(Manuale di conversazione, p. 258.)

Nel 1798 acquistò i resti del castello di Pianezza e l'annessa tenuta, che era appartenuta tra l'altro ai Savoia, ai Provana e infine al governo francese, che lo aveva venduto a privati i quali lo avevano abbattuto. Negli anni successivi vi fece costruire una villa in stile Impero, che donò poi all'arcivescovo di Torino (l'attuale villa Lascaris).

Lascaris nel 1835 fece curare e pubblicare a sue spese le opere cinquecentesche di Giovanni Francesco Fara, De Rebus Sardois e Chorographia Sardiniae, provenienti da manoscritti inediti della biblioteca del padre, già viceré di Sardegna.[17]

Nel 1835, Lascaris si trasferì nella propria villa di Pianezza, e lasciò Palazzo Lascaris agli eredi in usufrutto. Attualmente Palazzo Lascaris è sede del Consiglio Regionale del Piemonte. Lascaris fu eletto presidente perpetuo della Accademia delle Scienze di Torino il 26 novembre 1837. Morì nel 1838.
Discendenza
Adelaide Lascaris di Ventimiglia - detta Adele - marchesa di Cavour (1807-1833), in un ritratto anonimo ottocentesco conservato nel Palazzo Benso di Santena. Nel piano nobile del castello di Santena è stata riallestita la camera di Adelaide Lascaris, con i mobili provenienti da palazzo Lascaris di Torino. Sulla parete di fondo è posto questo ritratto di Adelaide e a fianco un acquerello di Francesco Gonin che raffigura l'agonia di Adelaide.

La figlia unica di Agostino Lascaris, Adele, sposò diciannovenne nel 1826, con ricca dote di circa due milioni di lire[18], Gustavo Benso di Cavour. Dal matrimonio, alquanto infelice, nacquero due figli, Augusto - morto alla battaglia di Goito - e Ainardo - rimasto celibe - oltre una figlia, Giuseppina, moglie nel 1851 di Carlo Alfieri di Sostegno, conte di Magliano. La prematura morte di Adele, il 31 dicembre 1833, produsse una notevole incrinatura dei rapporti di Gustavo con il fratello Camillo, il quale, legato alla cognata da particolare affetto, incolpò Gustavo della cattiva riuscita del suo matrimonio e dei dissapori che l'avevano diviso dalla moglie fino alla fine.[19]
Il testamento e la successione

Il 7 settembre 1835, a cinquantanove anni, Lascaris dettava il suo testamento, indicando le sue volontà post mortem. La moglie Giuseppina – già in possesso di un vasto patrimonio come ultima erede del ramo primogenitale dei marchesi Carron – veniva beneficiata dell'usufrutto vitalizio della sontuosa villa di Pianezza, con le dipendenze – un tempo incluse al castello - della casa e giardino del Colombaio, e un prato, separato dal parco di Pianezza da un recente acquedotto. Il vitalizio comprese inoltre la vicina casa colonica Giuseppina, dotata di una azienda agricola di oltre 15 ettari, da ritagliarsi dal grandioso tenimento...estesissima possessione di vigne[20] che costituiva la proprietà complessiva concessa in loco dal governo francese a Lascaris nel 1798/99, probabilmente corrispondente all'intero territorio dominicale dell'antico marchesato di Pianezza. La nuda proprietà del vitalizio della consorte era concessa, alla morte di Lascaris, alla mensa vescovile di Torino, che avrebbe dovuto assumere anche il pieno usufrutto della villa e dipendenze – escluso il grandioso tenimento comprendente altre cascine - alla morte della moglie.

Ai nipoti, Augusto, Giuseppina e Ainardo Benso – figli dell'adorata Adele Lascaris mancata da quasi due anni – in pratica, al momento della morte di Lascaris, non era lasciato quasi nulla, poiché venivano istituiti eredi della sola quota legittima di 1/3 del patrimonio, ma obbligati alla collazione della dote materna, di circa due milioni di lire d'argento, già concessa in vita da Lascaris ai Benso, che andava a cancellare – o meglio sostituire - il terzo della legittima, cioè della quota di diritto, obbligatoria per legge.

Il plenario usufrutto “di tutti gli altri miei beni, effetti e ragioni” Lascaris lo intestava ai figli del conte Agostino Avogadro di Valdengo, ai figli del conte Carlo Felice De Morri di Castelmagno e al cavaliere Carlo Cordero di Belvedere. Ovvero ai suoi cugini, discendenti dalla contessa Anna Peyre della Costa d'Utelle, prozia materna. I cugini Avogadro, per ricevere il legato, avrebbero dovuto aggiungere al proprio il cognome Lascaris di Ventimiglia, come i De Morri e Cordero quello di Peyre della Costa, giunta che infatti avvenne.

Gli altri rami dei Lascaris Ventimiglia – quelli dei cugini del padre Giuseppe; Giovanni Paolo, conte di Peille e Luigi Gaetano Marinetto, conte di Aspremont, che dividevono le proprietà di Castellar - erano estinti, dopo essere stati espropriati durante la Rivoluzione francese; analoga sorte sembrano aver subito i beni del marchesato di Rocchetta del Varo; quindi gran parte dell'asse ereditario era costituito dai beni della contea di Costa d'Oneglia, ereditata dalla madre, e da quelli concentrati in Fossano e Savigliano. Oltre naturalmente Palazzo Lascaris a Torino, e la vastissima proprietà del marchesato di Pianezza. La politica patrimoniale di Lascaris - condizionata dagli eventi della Rivoluzione francese e dal successivo ridisegnarsi dei confini con la Francia - sembra essere stata quella di abbandonare le proprietà incluse nella contea di Nizza e investire il ricavato in attività agricole e finanziarie piemontesi. Così la contea di Èze - ereditata dalla nonna materna Maria Elisabetta Francesca Cortina di San Martino - espropriata nel 1792 dal regime repubblicano, fu rivenduta al Lascaris nel 1814, ma questi la cedette nel 1824 al Comune di Èze al prezzo di cinquantacinquemila lire.[21]

Tale asse patrimoniale – in usufrutto ai cugini materni – secondo il testatore sarebbe rientrato nel pieno godimento dei nipoti Benso soltanto alla morte del marchese Michele Benso, della moglie Adele Susanna Sellon e del figlio Gustavo Benso di Cavour, genero del marchese. Avvenimento luttuoso che si determinò soltanto nel 1864 con la morte di Gustavo, quando i figli Ainardo e Giuseppina poterono finalmente ereditare il patrimonio Lascaris.

Inutili risultarono infatti le impugnazioni del testamento da parte della moglie di Lascaris – da tempo separata dal marito - e dei nipoti, che furono respinte dal Senato di Torino con sentenze del 17 maggio e 7 luglio 1839.[22]
Ingresso del Palazzo Lascaris di Ventimiglia in Torino.

Nonostante tali sentenze, forse in vista di una proposta di transazione agli usufruttuari nominati dal marchese, Camillo Benso di Cavour, nei suoi diari, al 12 gennaio 1840, annotava un inventario riassuntivo dei beni che la vedova Giuseppina Carron avrebbe dovuto ereditare dal marito e disporre in favore di suo fratello Gustavo per 500.000 lire.[23] Cosa che avvenne nel testamento della Carron del 17 gennaio 1841, ma senza alcun effetto pratico. Infatti, altra sentenza dell'8 febbraio 1840 aveva spento le speranze dei Benso di riacquistare parte dei beni della villa di Pianezza, destinata ai vescovi. Ancor prima di aprire il testamento, il 2 agosto 1838, Camillo Benso confidava in una lettera j'espère peu pour mes neveux e successivamente il 22 gennaio 1841 parlava di torts infâmes del marchese contro il fratello.
Villa Lascaris a Pianezza

In Pianezza rimangono i ruderi del primitivo castello, oltre alla cosiddetta Torre dell'Orologio, di origine quattrocentesca, e alcune gallerie in parte murate. La torre, di forma poligonale e irregolare è decorata da una fascia dentellata; la parte posteriore, più antica, ha forma di parallelepipedo, mentre la parte esterna ha spigoli smussati. Ne XVI secolo, a seguito dell'investitura del marchesato di Pianezza ai Langosco di Stroppiana, il maniero fu riconvertito in residenza signorile. Questa fu demolita in data imprecisata, ma già nel 1798 il governo francese vendette i ruderi ad Agostino Lascaris di Ventimiglia[24].

Lascaris fece ricostruire una splendida villa in stile impero, di generose dimensioni, nella zona nord di un grandioso parco all'inglese. La villa presenta la facciata principale a lesene rivolta a ovest, a tre piani fuori terra, verso il giardino, mentre lateralmente esistevano due edifici a due piani fuori terra, quello rivolto a sud è originale e contiene gli ambienti di rappresentanza al piano terra, mentre il primo piano ospitava le stanze private di Lascaris. Il fabbricato a nord, verso il borgo, ospitava la servitù. All'interno esiste un grazioso cortiletto che racchiude i vari edifici ed è chiuso in fondo da un muro che richiama le dimensioni del corpo di facciata.

Nei sotterranei sono dislocate le cantine e un infernot o cantina fredda, raggiungibile attraverso un cunicolo in discesa, posto a 7 metri di profondità. Per l'approvvigionamento idrico la villa fu dotata di due pozzi molto profondi. Leggermente discosto, un edificio rurale ospitava le stalle e i magazzini. In questa zona era posta anche la ghiacciaia, sopra all’infernot, in modo da raffreddare ulteriormente il locale sottostante.

Lo stile impero si riscontra in particolare nell'inferriata del balcone centrale e nella lunetta che sovrasta il portone centrale, caratterizzati da un motivo ricorrente di frecce. L'interno, nella zona sud, è decisamente notevole. Al piano terra l'androne d'ingresso per le carrozze con lapidi, busti commemorativi di Lascaris, del vescovo Fransoni e blasoni nobiliari, conduce al cortiletto interno dove appare altro stemma in marmo dei Lascaris.

Da uno spazioso ingresso si accede a sud alla sala da pranzo, fornita di bella cornice decorata con figure mitologiche e classiche, poi viene il salone da ballo, con pavimento “seminato alla veneziana” e interamente decorato con pitture a tempera del paesaggista piemontese Luigi Baldassarre Reviglio. Si accede quindi alla sala del biliardo magnificamente decorata con affreschi di cinque battaglie e a trompe l'oeil dei pittori Luigi Sevesi e Francesco Vacca, raffiguranti, questi ultimi, fra le colonne in false nicchie, uomini insigni cari al Lascaris, sia per le amate scienze, sia per il buon governo. Fra questi: Vittorio Alfieri, che ha in mano un libro, ove si legge Saul, Giovanni Battista Beccaria, Cristoforo Colombo, Andrea Doria, Pietro Micca, Joseph-Louis Lagrange - che regge il volume Meccanica analitica - Giuseppe Lascaris – padre di Agostino e grande diplomatico sabaudo -, Carlo Emanuele III di Savoia, Cincinnato, Giovanni Battista Lorenzo Bogino e Bernardino Galliari.[25]

A nord si accede a una sala di disimpegno ed alla scalinata d'accesso al piano nobile. Al piano nobile anche gli arredi richiamano lo stile impero: sedie con gambe a sciabola e schienale con motivo a lira, comò con colonnine e inserti in ottone, un secretaire, letto a baldacchino, una dourmilleuse, un magnifico inginocchiatoio intarsiato, ecc. Interessante lo studio del Lascaris, con biblioteca ricca di manoscritti e libri rari. Il materiale librario è attualmente in via di catalogazione. I tre terrazzi al piano nobile sono ornati da diciassette statue raffiguranti le Muse, le Virtù e altri personaggi mitologici, provenienti dalla villa cinquecentesca.

Completa il piano terra la cappella gentilizia, che ospita le tombe dei Lascaris; con epigrafi a pavimento di Lascaris, dei suoi genitori, della moglie, del figlio Cosimo - deceduto neonato - della sua amata figlia Adele e delle sorelle Costanza e Maria Luisa Felicita. La cappella è ornata dagli affreschi del Sevesi e del Vacca e da una statua in stucco della Madonna.
Il parco all'inglese

Il parco vantava in origine un'estensione di oltre quattro ettari. Era, in origine, un giardino all'italiana con aiuole squadrate e siepi regolarmente potate e fontana ornamentale con giochi d'acqua. Insieme alla costruzione della villa il giardino fu trasformato in parco paesaggistico all'inglese. Tuttavia, sopravvivono elementi del vecchio giardino all'italiana: alcuni tratti di siepe potata tendono ancora a bordare i viottoli, che in alcuni casi sono ancor rettilinei e definiti, esiste in fondo un accenno a tunnel vegetale, ma lo spazio è sovrastato dal parco all'inglese. Anche l'aspetto romantico del primo Ottocento è degnamente rappresentato dalle rovine del vecchio castello, sparse qua e là. Nella zona nord sorgeva una torre neogotica, ricettacolo per i cervi, ad est sorgeva la torre originale del Quattrocento, adattata a serra floreale, e nei pressi sorgeva il tiro a segno adorno di una statua della dea Pomona. Il parco rappresenta inoltre molteplici e interessanti essenze vegetali, sia nostrane sia esotiche: siepi di Bosso, alcuni esemplari di Tasso, di Faggio, di Cedro del Libano, Quercia rubra del Nord America, Thuje orientali, Liriodendro tulipifera del Nord America, ecc. Completa il complesso la grande vasca - al centro del parco - che in origine conteneva un gruppo scultoreo in marmo che fungeva da fontana, rappresentante un uomo che da una piccola botte scaricava l'acqua in una conchiglia sorretta da due sirene, per poi ricadere nell'ampia vasca. Il gruppo marmoreo era arricchito da un busto d'uomo rappresentante l'autunno, un putto suonante la lira sopra due delfini e da una imponente statua di Giove che scaglia le sue saette. L'acqua per alimentare la fontana veniva raccolta dal fiume Dora con un complesso macchinario idraulico. In fondo al parco, esisteva infine, fino ai tempi della seconda Guerra mondiale, un tempietto cinese.[26]
Palazzo Lascaris di Ventimiglia a Torino
Alla morte di Lascaris, il genero Gustavo Benso, diseredato, si trasferisce da Palazzo Lascaris, sempre a Torino, nell'avito palazzo di casa Cavour. Dal 1851 la nipote Giuseppina, sposata con Carlo Alfieri, acquisisce dal momento del matrimonio - come da legato testamentario di Agostino - la rendita annua di 3000 lire, da prelevarsi sul capitale - e non sui frutti - gestito dai cugini paterni Avogadro, De Morri e Cordero. Tale rendita le permette nel 1861 di accedere alla proprietà di Palazzo Lascaris e di affittare l'immobile al Ministero dell'interno, ad uso del Consiglio di Stato e, dal 1872, della Corte suprema di cassazione. Alla scadenza del contratto con la Corte di cassazione, nel 1883, Giuseppina Benso vende l'immobile per 480.000 lire al Banco di Sconto e Sete. Il complesso, che aveva mantenuto sino ad allora pressoché integra la struttura originale, compresi giardini e rustici, viene lottizzato dal Banco: la parte su via dell'Arsenale è ceduta alla Banca Tiberina che, demolite le vecchie costruzioni, edifica una palazzina a tre piani. Lo stesso Banco modifica alcune parti del palazzo ed aggiunge due gallerie sui lati del cortile. L'11 luglio 1889, il palazzo è sede della prima riunione del Consiglio di amministrazione della FIAT. Dopo vari passaggi di proprietà - alla contessa Tiretta, a Riccardo Gualino, alla SNIA - il bombardamento di Torino del 13 luglio 1943 colpisce anche palazzo Lascaris. Nel salone centrale sono distrutti gli affreschi secenteschi di Stefano Maria Legnani. Nel 1948 la Snia Viscosa vende l'immobile alla Camera di Commercio Industria ed Artigianato di Torino che, restaurato lo stabile, vi si insedia sei anni dopo. Il 16 gennaio 1975 la proprietà passa alla Regione Piemonte. I restauri pongono in luce, in due ambienti, soffitti lignei a cassettoni decorati e, sulle pareti, stucchi e due cicli di affreschi, denominati “delle allegorie” e “delle gesta di Sansone”, realizzati dai pittori Giovan Battista e Giovan Paolo Recchi. Dal 1979 Palazzo Lascaris è sede dell'Assemblea regionale del Piemonte

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lampaDINA e lampaDario
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FRankel Benjamin
(MI)


Benjamin Frankel
Londra, 31 gennaio 1906
– 12 febbraio 1973
è stato un compositore britannico.

Figlio di genitori ebrei polacchi, iniziò a studiare
violino in età molto giovane, mostrando un notevole
talento; all'età di quattordici anni, le sue abilità col
pianoforte attirarono la curiosità di Victor Benham,
che convinse i genitori a lasciarlo studiare musica
a tempo pieno.
Trascorse qualche settimana in Germania nel 1922,
ma ben presto tornò a Londra,
dove vinse una borsa di studio per entrare a far parte
della Worshipful Company of Musicians e provò a creare
le sue prime serie composizioni, guadagnandosi da
vivere come pianista, violinista e arrangiatore jazz.

A partire dai primi anni trenta, Frankel fu molto richiesto
come direttore d'orchestra e come arrangiatore;
abbandonò il lavoro teatrale nel 1944, sebbene abbia
continuato ad interessarsi alla composizione di colonne
sonore per le produzioni cinematografiche, componendo
oltre 100 opere in questo campo.
Divenne molto conosciuto soprattutto dopo la seconda
guerra mondiale; il suo primo lavoro a guadagnarsi fama
mondiale fu il concerto per violino dedicato "alla memoria
dei sei milioni", in riferimento agli ebrei uccisi durante
l'olocausto, commissionatogli per il Festival di Berlino
del 1951 ed eseguito per l prima volta da Max Rostal.

Le opere più famose di Frankel comprendono un ciclo
di cinqueue quartetti d'archi e otto sinfonie, così come
una serie di concerti per violino e viola.
La sua opera più famosa è probabilmente la Prima sonata
per solo violino, la quale, così come i suoi concerti,
nasce da una lunga collaborazione con Max Rostal.
Durante gli ultimi 15 anni della sua vita, Frankel sviluppò
il suo stile di composizione in dodecafonia.

Frankel morì a Londra nel 1973 mentre lavorava sull'opera
in tre atti Marching Song e una nona simponia che gli era
stata commissionata dalla BBC. Quando morì,
la Marching Song era stata completata in una breve
versione e fu orchestrata da Buxton Orr, un compositore
che aveva studiato con Frankel e che fece molto per
far rinascere l'interesse nei suoi confronti.

Nei vent'anni che seguirono la sua morte, le opere
di Frankel furono quasi del tutto trascurate.
Nel 1996, la BBC lo presentò come "compositore
della settimana", permettendo così a molta gente
di avere una prima opportunità per ascoltare la sua
musica (la BBC ripeté questa esperienza dieci anni dopo).
Una svolta importante si ebbe quando una casa
discografica tedesca (la CPO, Classic Produktion
Osnabrück) decise di registrare l'intera opera
di Frankel con il supporto della ABC, Australian
Broadcasting Corporation.
Questo diede un'idea globale dell'entità della
produzione dell'artista britannico.

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dany61
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Michail Aleksandrovi#269; "Miša" Zverev Mosca, (22 agosto 1987) è un tennista tedesco di origine sovietica; è anche noto come Mischa Zverev (in ragione della traslitterazione tedesca del suo nome).

Ha un fratello minore, Alexander Zverev, anche lui tennista.
Nato in Unione Sovietica, ma cresciuto ad Amburgo fin dall'età di quattro anni, Zverev ebbe nelle categorie juniores una carriera ricca di successi e di risultati prestigiosi, raggiungendo le semifinali nel torneo giovanile all'US Open (eliminato da Andy Murray) e i quarti di finale sia all'Open di Francia (in cui fu battuto da Alex Kuznetsov) che all'Australian Open (battuto da Novak #272;okovi#263;), arrivando grazie a questi risultati ad essere il numero 3 della speciale classifica della categoria.

Diventato professionista nel 2006, in quell'anno si mise in evidenza raggiungendo i quarti di finale a Bangkok battendo Rainer Schüttler e Juan Carlos Ferrero primo di essere sconfitto da Marat Safin. In questo anno vince il suo primo torneo ATP Challenger a Dublino.

Nel 2007 rimase costantemente tra i 200 migliori giocatori del mondo e conquistò due ATP Challenger a Karlsruhe e Istanbul, poco dopo raggiunse i quarti di finale nel torneo Bronx Challenger. In questo anno raggiunse nuovamente i quarti di finale in un torneo ATP nel Rhode Island e grazie a questi risultati riuscì a diventare 99° entrando tra i migliori 100 giocatori del mondo. A fine stagione conquista anche il challenger a Dnipropetrovsk.

Nel giugno del 2008 in coppia con il russo Michail Južnyj vince il suo primo titolo ATP nel doppio al torneo Gerry Weber Open sui campi d'erba di Halle. Un mese dopo raggiunge a sorpresa il terzo turno al Torneo di Wimbledon dopo aver battuto Alexander Peya e Juan Carlos Ferrero ma è costretto a ritirarsi contro Stanislas Wawrinka a causa di un infortunio. In ottobre vince il suo secondo titolo nel doppio a Tokyo.

Nel 2009 raggiunge i quarti di finale negli Internazionali d'Italia venendo battuto in due set da Roger Federer.

Il 22 gennaio 2017 Miša Zverev porta a casa una vittoria storica agli ottavi di finale dell'Australian Open sconfiggendo il britannico Andy Murray, al tempo n. 1 del mondo, al 4 set in 3 ore e 34 minuti di gioco. Affronta ai quarti di finale Roger Federer alla Rod Laver Arena, perdendo in tre set.

Il 23 gennaio 2018, dopo il ritiro contro Chung Hyeon, avvenuto al secondo set del primo turno degli Australian Open, viene multato per 45.000 dollari per scarso impegno.[1]
Vita Privata
Il 7 Novembre 2017 ha sposato Evgenia Petryaeva, sua connazionale residente a Ginevra.
BA

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lampaDINA e lampaDario
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BAcharach Zwi
(ZW)


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Prof. Bacharach Zwi


Zwi Bacharach
Hanau, 7 settembre 1928
– 28 luglio 2014
E' stato uno storico tedesco di origine ebraica.

Biografia
Fuggì con la sua famiglia nei Paesi Bassi nel 1938.
Qui venne catturato con i suoi familiari dai nazisti,
nel 1942.
Fu mandato nel campo di transito di Westerbork,
in seguito nel ghetto di Theresienstadt,
finendo infine ad Auschwitz.
Sopravvisse incredibilmente alla marcia della morte
e fu liberato dalle forze statunitensi.
In seguito emigrò in Palestina (1946) stabilendosi a Tel-Aviv.
Ha analizzato particolarmente, in Anti-Jewish Prejudices
in German-Catholic Sermons, il pregiudizio antisemita cristiano
e cattolico nei sermoni e negli scritti in Germania agli
inizi del XX secolo; la sua posizione è stata analizzata
criticamente all'interno dei vari punti di vista ebraici
sull'argomento, sulle cause del fenomeno.

È professore emerito di storia alla Bar-Ilan University,
ricercatore affiliato all'International Institute for Holocaust
Research dello Yad Vashem e direttore del Leo Baeck Institute
di Gerusalemme, noto centro con sedi in varie parti del mondo,
creato nel 1955 dal Council of Jews per raccogliere materiale
e fonti sugli ebrei di lingua tedesca dalla storia moderna a oggi.
Bachrach è morto in Israele nel luglio 2014.
Ha lasciato una moglie, tre figli, sette nipoti e molti pronipoti.
Opere principali
Antishemiut modernit, Tel-Aviv, Misrad ha-bitachon, 1979
Antisemitism, Holocaust, and the Holy See:
An Appraisal of Recent Books About the Vatican
and the Holocaust, "Yad Vashem Studies" XXX
Anti-Jewish Prejudices in German-Catholic Sermons,
Lewiston, N.Y., Edwin Mellen Press, 1993
Last letters from the Shoah Jerusalem-New York,
Devora Pub., 2004 (trad. it. Le mie ultime parole:
lettere dalla Shoah, Roma, Laterza, 2009)

Note
^ Gerald Darring in shc.edu
^ Olaf Blaschke 2009
^ Yad Vashem Martyrs' and Heroes' Remembrance Authority,
2003; Belfagor: rassegna di varia umanità,
Volume 32, p.732, Leo. S. Olschki., 1977;
Michael Berenbaum, Abraham J. Peck,
United States Holocaust Memorial Museum, 1998

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dany61
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Zwarte Piet ("Pietro il moro") è un personaggio del folklore dei Paesi Bassi e del Belgio, che compare nella notte tra il 5 e il 6 dicembre nei panni di un servo moresco, come aiutante del portatore di doni San Nicola (in olandese: Sinterklaas).[1][2]

Si tratta di un personaggio ricollegabile ad altre figure di aiutanti "scuri", come Père Fouettard (Francia), Hans Trapp (Alsazia), Knecht Ruprecht (Germania del Nord), Houseker (Lussemburgo), Klaubauf (Baviera e Austria), Belsnickel o Pelznickel (Germania sud-occidentale), Schmutzli (Svizzera), ecc.[3][4], personaggi che la Chiesa cristiana identifica con il diavolo[1][2][5] (e "Zwarte Piet" era proprio un'espressione che nel gergo olandese medievale indicava il diavolo
WA

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dany61 ha scritto:

FAbrizio FRizzi (Roma, 5 febbraio 1958) è un conduttore televisivo e doppiatore italiano.

Dagli anni ottanta ad oggi è uno dei principali conduttori della RAI. Tra i programmi più celebri e di maggior successo da lui condotti ci sono I fatti vostri, Scommettiamo che...?, Luna Park, Per tutta la vita, Cominciamo bene, Soliti ignoti - Identità nascoste e L'eredità[1], tutti in onda sulle reti RAI. Inoltre è il volto storico del concorso di bellezza Miss Italia, avendone condotte ben 18 edizioni. Dal 2005 è il padrone di casa della maratona benefica Telethon.

Insieme a Carlo Conti, Amadeus e Flavio Insinna è considerato uno dei volti maschili più noti di Rai 1.
Figlio di un noto distributore cinematografico già presidente dell'International Film, frequenta le scuole elementari a Roma alla Cesare Nobili nel quartiere Balduina. Si diploma all'Istituto San Giuseppe Calasanzio a Napoli. Nel giugno 1992 si è sposato con la collega Rita Dalla Chiesa; i due si sono separati nel 1998 e hanno divorziato ufficialmente nel 2002. Dal 2002 è legato alla giornalista di Sky TG 24 Carlotta Mantovan, dalla quale, il 3 maggio 2013, ha avuto la figlia Stella, e con la quale è convolato a nozze il 4 ottobre 2014[2]. Inoltre, come lui stesso ha rivelato nella puntata del 14 settembre 2014 di L'eredità, nel 1977 ebbe una relazione con la figlia di Catherine Spaak, Sabrina[3]. Fabrizio ha un fratello, Fabio Frizzi, di professione musicista, che ha lavorato alla colonna sonora di numerosi film e alla sigla di vari programmi televisivi.

Fabrizio Frizzi è simpatizzante della squadra di calcio del Bologna e ha presentato la serata di gala allo Stadio Renato Dall'Ara per la festa del centenario della squadra, il 2 ottobre 2009. Ciò nondimeno, per sua ammissione avvenuta durante uno speciale de L'eredità, su Rai 1, è prima di tutto tifoso della Roma; in onore però del padre scomparso, che tifava Bologna[4], ha preso le parti anche della squadra emiliana. Ha dichiarato il suo secondo nome nella trasmissione Soliti Ignoti del 29 settembre 2011. Sempre per sua stessa ammissione, Corrado Mantoni è il suo conduttore preferito nonché suo modello nelle trasmissioni che conduce[3].

Affermato conduttore televisivo, Fabrizio nella sua carriera ultra-trentennale ha condotto quiz, varietà, talent show, ma ha anche partecipato in qualità di concorrente in programmi di successo, come Ballando con le stelle; ha avuto anche esperienze come attore in alcune fiction. È considerato uno dei volti più noti della RAI, e l'azienda di Viale Mazzini lo ritiene un suo personaggio di punta e uno dei più importanti, richiamandolo spesso in occasioni di crisi d'ascolto o insuccessi di trasmissioni. Insieme a Pippo Baudo è il conduttore che ha più trasmissioni all'attivo[5][6]. Tra le altre attività, ha svolto anche il ruolo di doppiatore; è sua la voce di Woody, lo sceriffo protagonista della saga di film Toy Story. Nel 2012 interpreta sé stesso nel film Buona giornata diretto da Carlo Vanzina.

Le origini e il debutto in RAI[modifica | modifica wikitesto]
Ha cominciato la sua carriera da giovanissimo nelle radio e nelle televisioni private, per approdare poi alla Rai dove partecipa prima alla trasmissione per ragazzi Il barattolo, su Rai 2 nel 1980, prima come inviato e poi come conduttore fisso insieme a Roberta Manfredi[7]. Nel 1982 partecipa alla trasmissione pomeridiana per ragazzi Tandem sempre in onda su Rai 2 e condotta da Enza Sampò; fa parte del programma sino al 1987 per un totale di cinque edizioni. All'interno del programma Frizzi, che inizialmente era uno dei giovani comprimari incaricati di dar vita a giochi con scolaresche (insieme a Emanuela Giordano, Lino Fontis, Marco Dané), si ritaglia uno spazio sempre più ampio; quando Tandem fu sostituita dalla trasmissione Pane e marmellata, indirizzata allo stesso pubblico di giovani, a Frizzi ne fu assegnata la conduzione insieme alla conduttrice Rita Dalla Chiesa, sua futura moglie.

Nel marzo 1988 Frizzi sbarca su Rai 1 dove conduce il varietà Europa Europa, ideato da Michele Guardì, affiancato da Elisabetta Gardini, fino al giugno 1990. Sempre nel 1988 conduce l'evento Una notte d'estate, mentre in autunno presenta la terza edizione di Donna sotto le stelle. Da quel momento diventa uno dei conduttori di punta della televisione di stato. Dal 1988 è il conduttore del concorso di bellezza Miss Italia, esperienza che gli darà enorme popolarità e che ripete per ben quindici edizioni consecutive sino al 2002, e nuovamente nel 2011 e nel 2012.

Nel 1989 conduce numerosi eventi come il Festival di Castrocaro e quello di Saint Vincent, quest'ultima replicata l'anno successivo. Conduce inoltre le prime tre edizioni del concorso di bellezza Miss Italia nel mondo, comprese tra il 1991 e il 1993, e la serata speciale Uno, due, tre Vela d'oro (1990).

Nel 1990 da i natali a I fatti vostri, una delle trasmissioni più longeve di Rai 2 anch'essa ideata da Michele Guardì, che conduce per due edizioni fino al 1992, e brevemente anche nella successiva stagione nel 1993[9]. Nella conduzione è stato affiancato, tra gli altri, da Alberto Castagna e Marcello Cirillo.

Il successo in RAI: Scommettiamo che...? e Luna Park[modifica | modifica wikitesto]
« Dai teleschermi di Rai Uno, ecco il vostro Luna Park! »
(Fabrizio Frizzi, Luna Park)
Nel 1991 è ancora una volta fondamentale per Frizzi la collaborazione con Michele Guardì: l'autore e regista siciliano gli affida, infatti, lo vuole con sé nel programma Scommettiamo che...? varietà di prima serata del sabato, che ha un grande successo e che conduce assieme a Milly Carlucci[10]. L'anno successivo ripresenta nuovamente lo show, e anche stavolta gli ascolti furono eclatanti: la trasmissione chiude con una media di 10 milioni di spettatori e il 37% di share. In questi anni ha condotto altre due vincenti edizioni di Miss Italia, ed anche una striscia speciale di Scommettiamo che dal titolo Prove e provini.

Sempre nel 1992 conduce lo specialissimo evento EuroDisney '92, mentre il 5 maggio presenta insieme a Corrado Mantoni la notte dei telegatti su Canale 5, suo esordio sulle reti Fininvest[11]. Sempre nello stesso anno, in diretta dallo Stadio Olimpico, presenta la Partita del cuore, mentre in autunno conduce la terza edizione di Scommettiamo che? con la quale otterrà un successo strepitoso: la media di ascolti sfiora i 12 milioni di spettatori[12].

Nell'autunno 1993 presenta nuovamente Scommettiamo che?, Miss Italia e Miss Italia nel mondo, e con altrettanti buoni ascolti La partita del cuore a maggio. Dall'autunno 1994 fa parte del cast dei conduttori del quiz Luna Park, ideato da Pippo Baudo, e in onda nella fascia oraria che precede il TG1. Insieme a Frizzi, che guida la puntata del lunedì, conducono a rotazione Milly Carlucci, Mara Venier, Rosanna Lambertucci e Pippo Baudo, rispettivamente dal martedì al venerdì. Dal 1º ottobre conduce la quinta edizione di Scommettiamo che...?, fino al 6 gennaio 1995, per 14 sabati consecutivi, bissando i buoni risultati delle edizioni precedenti. Dal 1994 al 1996 ha inoltre condotto la maratona benefica Telethon. A marzo 1995 conduce il Festival Disney, mentre il 24 aprile vince l'Oscar della Tv per il successo di Luna Park[13].

Nel settembre 1995 conduce la seconda edizione di Luna Park, con il cast di conduttori, al quale a dicembre si aggiunse Paolo Bonolis. Il 30 novembre 1995 ha condotto una puntata speciale della trasmissione dal titolo Buon Compleanno Luna Park. Visto il successo ottenuto, la trasmissione ha conquistato anche la puntata del sabato, affidata a Pippo Baudo, sostituito poi dallo stesso Frizzi nelle ultime settimane della stagione televisiva. Il confermato successo della trasmissione l'ha portata alla vittoria di un Telegatto nel 1996. Dal 7 ottobre conduce la sesta edizione di Scommettiamo che...? trasmesso per 14 puntate al sabato sera; a differenza degli anni precedenti, quest'edizione riscuote minor successo e così la RAI decide di mettere a riposo il programma per un po' di tempo. Presenta nuovamente Miss Italia, quest'ultima andata in onda con grandi ascolti per tre serata il 1° e 2 settembre.

Il varietà Per tutta la vita e il debutto nelle fiction[modifica | modifica wikitesto]
Nella primavera 1996 conduce lo sfortunato show Atlantam tam, durato solo poche puntate, mentre in autunno conduce la terza ed ultima edizione di Luna Park, che riscontra meno successo delle precedenti, a causa dei confusionari cambi di conduzione che si susseguirono durante la stagione. A settembre conduce nuovamente Miss Italia, più la sezione notturna Miss Italia notte.

Nella primavera 1997 presenta il varietà Tutti in una notte, durato solo poche puntate, mentre conduce con grande successo l'edizione 1997/1998 dello storico contenitore domenicale Domenica In, affiancato da Antonella Clerici e Donatella Raffai. Nello stesso anno, in prima serata al giovedì, conduce lo show Per tutta la vita...? insieme a Natasha Stefanenko: il programma riscuote molto successo. Nel 1998 ne conduce la seconda edizione, affiancato stavolta da Romina Power, e ripresenta diversi eventi come La partita del cuore, Miss Italia.

Nel 1999 ha preso parte nel cast di La vedova allegra con Andrea Bocelli e Cecilia Gasdia all'Arena di Verona. In autunno, dopo tre anni di pausa, torna al timone di Scommettiamo che...?, affiancato stavolta dalla modella Afef Jnifen, tutti i giovedì per 14 puntate, mentre in primavera conduce nuovamente La partita del cuore: l'evento sarà condotto da Frizzi fino al 2013. Sempre nel 1999 viene trasmessa la fiction Non lasciamoci più, dove Fabrizio recita con Debora Caprioglio. A partire dall'11 marzo 2000 conduce la quarta edizione di Per tutta la vita...?, per tredici puntata il sabato sera.

A gennaio 2001 viene trasmessa la seconda edizione di Non lasciamoci più, per otto puntate su Rai 1. Nello stesso anno conduce il breve programma Sogno di mezza estate. Dopo l'insuccesso de Il gladiatore condotto da Carlo Conti[14], a novembre viene chiamato in anticipo a riprendere la conduzione di Scommettiamo che...? insieme alla modella Valeria Mazza, mentre dal 2 maggio 2002 per dieci puntate conduce la quinta edizione di Per tutta la vita...?, insieme a Roberta Lanfranchi.

Nel settembre 2002 il neo-direttore di Rai 1 Fabrizio Del Noce sceglie Frizzi per condurre un altro evento della RAI, Tutti a scuola che inaugura l'inizio dell'anno scolastico alla presenza anche di esponenti politici, guidando la trasmissione ancora oggi. Dal 5 al 9 settembre conduce la 63ª edizione di Miss Italia: dopo l'ultima serata il direttore Fabrizio Del Noce dichiarerà di essersi annoiato durante la manifestazione; Frizzi non gradirà la cosa e abbandonerà così la RAI a dicembre[15].

Gli anni duemila: il successo di Cominciamo bene e Soliti Ignoti[modifica | modifica wikitesto]
« A volte l'apparenza inganna »
(Fabrizio Frizzi, Soliti Ignoti)
Dopo una breve parentesi nella primavera 2003 a Mediaset con il programma Come sorelle, in onda su Canale 5, è tornato alla televisione di Stato, che aveva lasciato temporaneamente a causa di alcune incomprensioni. Nella stagione 2003/2004 conduce Piazza Grande su Rai 2, programma mattutino che sostituì I fatti vostri (precedentemente condotto dallo stesso Frizzi) con buon successo in termini di ascolto. Dopo un periodo di riposo, nel gennaio 2005 partecipa come concorrente alla prima edizione Ballando con le stelle condotto da Milly Carlucci, in coppia con la ballerina Samanta Togni classificandosi quarto, ed è presentatore di Assolutamente (entrambi in onda su Rai 1) quest'ultimo show di poca fortuna[16].

Dalla stagione 2005/2006, è alla guida di Cominciamo bene, programma mattutino di Rai 3, al fianco di Elsa Di Gati. In estate conduce il poco fortunato Mister Archimede in prima serata al venerdì su Rai 1. In autunno riprende il timone de La partita del cuore, che condurrà fino al 2013. Da dicembre è nuovamente al timone della maratona Telethon, al fianco Milly Carlucci, per poi tornare in TV dopo 9 mesi conducendo la nuova edizione di Cominciamo bene in onda a partire da metà settembre.

Nell'autunno 2006 conduce nuovamente Cominciamo bene con Elisa Di Gati, mentre a dicembre conduce nuovamente Telethon sempre con Milly Carlucci. Dopo l'insuccesso dello show Mi fido di te, in onda nella primavera 2007, dall'11 giugno 2007 al 16 settembre 2007, sempre su Rai 1, conduce il gioco a premi Soliti ignoti - Identità nascoste subito dopo il TG1, che ottiene un grande successo di ascolti, superando quasi sempre l'altro concorrente Cultura moderna condotto da Teo Mammucari su Canale 5[17]. Ancora nell'estate del 2007 conduce su Rai 3, con l'esordiente Belén Rodríguez il Circo Massimo Show su Rai 3. Nell'autunno 2007 torna a condurre Cominciamo bene, mentre giovedì 16 dicembre propone 4 puntate speciali di Soliti ignoti - Identità nascoste in prima serata, per poi condurlo dal 1º gennaio 2008 nuovamente in access prime time, per due mesi al posto di Affari tuoi fino a marzo. Nello stesso periodo conduce nuovamente Telethon insieme a Milly Carlucci, Paolo Belli e Alessia Mancini.

A giugno 2008 conduce il Premio Barocco, mentre dal 30 giugno conduce il nuovo programma La botola, nell'access prime time di Rai Uno, fino a metà settembre. Il 3 luglio ha condotto Una notte a Sirmione su Rai 1. In autunno torna su Rai 3 con Cominciamo bene, mentre a dicembre torna a condurre Telethon con Paolo Belli e Arianna Ciampoli, al posto di Alessia Mancini. Nel gennaio 2009 ricopre il ruolo di giurato nel programma di Rai Uno Ciak... si canta!, condotto da Eleonora Daniele. Il 3 agosto 2009 conduce la puntata pilota dello show Mettiamoci all'opera. Nello stesso anno ha cantato nell'ultimo disco di Claudio Baglioni "Q.P.G.A.", nella canzone "Tortadinonna o gonnacorta".

A partire dal settembre 2009 ritorna a condurre Tutti a scuola, programma trasmesso da Rai 1 in diretta dal Quirinale per l'augurio di buon inizio dell'anno scolastico da parte del Presidente della Repubblica Italiana, e nello stesso mese conduce l'ultima edizione di Cominciamo bene. Sempre nel 2009 ha cantato nell'ultimo disco di Claudio Baglioni "Q.P.G.A.", nella canzone "Tortadinonna o gonnacorta". Dal 12 dicembre conduce nuovamente Telethon. Dal 26 dicembre conduce nuovamente lo show Mettiamoci all'opera, per due puntate. Il 31 dicembre 2009 dello stesso anno conduce la trasmissione L'anno che verrà, in diretta da Rimini per celebrare l'arrivo del nuovo anno. Dal 12 marzo 2010 è nuovamente giurato nella seconda edizione di Ciak... si canta! fino a maggio. Il 15 marzo torna su Rai 1 alle 20.40 con Soliti ignoti - Identità nascoste, sostituendo nuovamente Affari tuoi a causa del crollo di ascolti del programma guidato da Max Giusti. Il 27 aprile 2010 è stato ospite del programma Ti lascio una canzone, condotto da Antonella Clerici.

Il 20 maggio ha condotto nuovamente il Premio Barocco, sempre in prima serata su Rai 1[18]. Dopo aver terminato Soliti ignoti, il 12 giugno ha condotto con grande successo la puntata pilota di Attenti a quei due - La sfida insieme a Max Giusti[19]. Dal 18 al 20 giugno 2010 e dal 17 al 19 giugno 2011 ha presentato Musicultura, festival che si svolge annualmente allo Sferisterio di Macerata. Il 16 luglio ha condotto il Festival di Castrocaro in prima serata su Rai 1.

Il ritorno di Miss Italia, concorrente a Tale e Quale Show e un nuovo successo: L'eredità[modifica | modifica wikitesto]
Dall'8 settembre 2010 conduce nuovamente Soliti ignoti - Identità nascoste, in onda per quasi tutta la stagione, fino al 12 febbraio 2011, ottenendo grandi ascolti, riuscendo a battere in numerose occasione il concorrente di Canale 5 Striscia la notizia. Nella stessa stagione il programma è andato in onda anche in prima serata con puntate speciali dal titolo Speciale e confermo, per 11 settimane, ma che avranno meno fortuna di quelle normali. Dal 16 al 19 dicembre 2010 ha presentato Telethon 2010, affiancato da Paolo Belli e Arianna Ciampoli. Il 28 dicembre 2010 ha condotto la puntata pilota del programma Adamo & Eva; gli ascolti registrati non sono però soddisfacenti e al numero zero non seguirà nessun'altra puntata. A partire dall'8 gennaio 2011 conduce la prima edizione di Attenti a quei due - La sfida insieme a Max Giusti, programma prodotto dalla Toro Produzioni, terminata il 12 febbraio con buoni riscontri d'ascolto. Il 20 marzo ha condotto il Premio Regia Televisiva insieme a Daniele Piombi e Hoara Borselli, in prima serata su Rai 1. Il 6 giugno ha condotto per la terza volta il Premio Barocco, mentre il 17 giugno seguente conduce la terza edizione di Mettiamoci all'opera, durata solo una puntata per i bassi ascolti riscontrati. Sempre in estate ha condotto nuovamente il Festival di Castrocaro.

Il 10 settembre 2011 conduce la nuova edizione di Soliti ignoti - Identità nascoste fino a febbraio 2012; al termine di questa edizione la RAI deciderà di mettere a riposo il format, e al suo posto torna in onda Affari tuoi per tutta la stagione. Dopo 9 anni di assenza, il 18 e 19 settembre 2011 ha condotto la nuova edizione di Miss Italia, per la prima volta tenutasi non più a Salsomaggiore, ma a Montecatini Terme; gli ascolti sono buoni ma lontani dalle precedenti edizioni da lui stesso condotte. Dal 16 al 18 dicembre è di nuovo il padrone di casa di Telethon, insieme a Giancarlo Magalli, Marco Liorni, Carlo Conti e Max Giusti, e nello stesso periodo ha condotto la puntata pilota dello show Vengo anch'io, sempre su Rai 1. Il 10 febbraio 2012 è stato ospite della quinta puntata della seconda edizione di Attenti a quei due - La sfida, ora condotto da Paola Perego. Dal 9 marzo 2012 ha condotto la prima edizione di Non sparate sul pianista nuovo show prodotto dalla Toro Produzioni, per quattro puntate, il venerdì sera, su Rai 1, con ascolti soddisfacenti e di gran lunga migliori della puntata pilota condotta due anni prima da Carlo Conti. Il 25 giugno ha condotto il Concerto per l'Emilia, iniziativa di beneficenza dedicata alle popolazioni colpite dal terremoto.

Il 9 e 10 settembre 2012 conduce per l'ultima volta Miss Italia, passata l'anno dopo dalla Rai su LA7, bissando il successo dell'edizione precedente. Il 19 settembre è stato impegnato nella riproposizione di uno storico programma RAI, Per tutta la vita...?, a dieci anni dall'ultima edizione; il programma, però, stavolta non ha ottenuto buoni ascolti, venendo soppresso dopo due puntate, sulle sei inizialmente previste. A dicembre oltre alla consueta maratona Telethon, il 19 dicembre conduce l'evento Buon Natale con Frate Indovino in prima serata su Rai 1. Dal 22 febbraio 2013 conduce il nuovo show Red or black? - Tutto o niente con Gabriele Cirilli, ridotto da otto a sei puntate a causa dei bassi ascolti ottenuti. Il 27 marzo ha condotto nuovamente il Premio Regia Televisiva, in diretta da Sanremo. Il 28 maggio conduce per l'ultima volta La partita del cuore su Rai 1.

La stagione 2013-2014 vede Frizzi come concorrente alla terza edizione del programma Tale e Quale Show condotto da Carlo Conti, ottenendo parecchi consensi da parte del pubblico, arrivando al quarto posto nella classifica finale. Dal 15 dicembre 2013 conduce nuovamente Telethon: sono per la prima volta insieme i volti più noti della RAI, come Carlo Conti, Antonella Clerici, Flavio Insinna, Mara Venier, Arianna Ciampoli e Paolo Belli. A partire dal 1º febbraio 2014 partecipa in qualità di giurato nella settima edizione del talent show Ti lascio una canzone condotto da Antonella Clerici. Il 9 marzo 2014 conduce per il terzo anno il Premio Regia Televisiva, in prima serata su Rai 1.

Il 10 marzo 2014 viene scelto per condurre una delle più importanti e discusse trasmissioni di Rai 1, L'eredità[1] subentrando a Carlo Conti[20]. Si tratta di un ritorno alla conduzione di un preserale dopo esattamente vent'anni da Luna Park. Frizzi conduce il programma dal 13 aprile fino al 31 maggio 2014, ottenendo un enorme successo e venendo promosso dalla critica specializzata.

Nella stagione 2014/2015 conduce nuovamente L'eredità a paritre dal 1º novembre 2014: questo impegno è terminato l'8 marzo 2015 ottenendo un enorme successo (quasi 6 milioni di spettatori), bissando anche i risultati ottenuti da Carlo Conti[21]. L'11 ottobre 2014 è stato ospite della seconda puntata di Ballando con le stelle. Dal 14 novembre 2014 torna come concorrente alla terza edizione del torneo di Tale e Quale Show, posizionandosi nono nella classifica finale. Il 7 dicembre 2014 torna per il 13º anno a guidare la maratona benefica Telethon, affiancato da Paolo Belli, Arianna Ciampoli, Flavio Insinna, Massimo Giletti e Cristina Parodi. Sempre su Rai Uno il 6 marzo 2015 ricopre il ruolo di giurato speciale nella semifinale di Forte forte forte[22]. Fabrizio il 14 marzo 2015 è stato ospite a Notti sul ghiaccio da Milly Carlucci. Subito dopo aver lasciato L'eredità, insieme a Annalisa Minetti inaugura i Motodays per i diversamente abili


È morto Fabrizio Frizzi, quarant'anni di Rai tv
da 'Il barattolo' a 'L'eredità'

Nato a Roma, 5 febbraio 1958
– Roma, 26 marzo 2018


Il 23 ottobre 2017 viene colto da una lieve
ischemia mentre stava registrando una
puntata de L'eredità; subito ricoverato
al Policlinico Umberto I, viene sottoposto ad una TAC
che esclude complicazioni, restando comunque sotto
osservazione per qualche giorno, dopo di che viene
rimandato a casa.
Dal 30 ottobre (dopo che per 6 giorni, dal 24 al 29,
al posto del programma andò in onda Don Matteo)
al 15 dicembre fu momentaneamente sostituito da
Carlo Conti (che già in passato aveva condotto il
programma, dal 2006 al 2015 e per una puntata
nel 2016).
Il 15 dicembre 2017 Frizzi tornò a dirigere L'eredità.

È morto, all'età di 60 anni, nelle prime ore
del 26 marzo 2018 per un'emorragia cerebrale,
all'ospedale Sant'Andrea di Roma.

R.I.P Fabrizio

Dina & Dario
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Waifer detto anche Waifre o Waifar o Guaiferio.Aquitania, 768) fu duca di Aquitania e duca di Guascogna dal 745 alla sua morte.
Figlio del duca d'Aquitania e duca di Guascogna, Hunaldo I e della moglie di cui non si conoscono né il nome né gli ascendenti.
Biografia

Nel 745 l'Aquitania si ribellò ancora una volta, allora i maggiordomi di palazzo dei regni di Austrasia, Carlomanno, e di Neustria, Pipino, memori dell'affronto[1] subito, radunarono l'esercito sulle sponde della Loira e posero il campo in Aquitania[2]. I Vasconi chiesero la pace[3], allora Hunaldo, ottenuta la pace[3], deposta la corona ducale, si ritirò nell'isola di Radis, l'attuale Ile de Ré, dove si fece monaco[4], lasciando i titoli al figlio Waifer[5]. Probabilmente lasciò veramente il ducato solo nel 748.

Dopo essere subentrato nei titoli del padre, cercò di rendersi nuovamente autonomo dai regni Franchi ed a tale scopo si alleò con Grifone, fratellastro del maggiordomo d'Austrasia e di Neustria, Pipino, che quando Pipino, nel novembre del 751, era stato eletto re dei Franchi, Grifone si era ribellato ancora una volta e aveva ripreso la lotta accettando di recarsi in Aquitania[6] presso Waifer[7][9].
Allora Pipino mandò i suoi legati a Waifer affinché gli fosse restituito il fratello[7]. Allora Grifone considerando che il fratellastro avrebbe potuto condizionare Waifer pensò di raggiungere l'Italia per rifugiarsi dal re dei Longobardi, Astolfo[4].

Tra il 759 ed il 760, Pipino, dato che Waifer dava rifugio ai Franchi che si erano ribellati[10] e, non trattava con correttezza alcune questioni ecclesiastiche di competenza della chiesa francese[11], rivolse le sue attenzioni all'Aquitania. Passata la Loira nelle vicinanze di Autisioderum (l'attuale Auxerre), bruciando e devastando arrivò nell'Arvernico (l'attuale Alvernia)[10]. Allora Waifer, inviò due ambasciatori, consegnò due ostaggi[11] e accettando le condizioni poste da Pipino, ottenne la pace[10].

Nel 761, Waifer, per vendicarsi, entrò in Burgundia con le sue truppe e portando devastazione arrivò sino a Cavalonum (l'attuale Chalon-sur-Saône)[12], per poi ritirarsi[13]. Pipino reagì immediatamente e, devastando l'Aquitania, arrivò a Claremonte (l'attuale Clermont-Ferrand), dove uomini donne e bambini perirono nell'incendio della città[10]. Dopo continuò e assieme al figlio Carlo, occupò molti altri castelli in Alvernia[12].
Pipino ritornò l'anno seguente e pose l'assedio a Bituricam (l'attuale Bourges)[14] e la conquistò[15], permettendo a tutti i difensori inviati da Waifer che erano stati catturati di tornare alle proprie terre[14], mentre Bitorica ricostruita venne occupata dai franchi[14].

Negli anni 763 e 764, la guerra contro l'Aquitania continuò[16], anche se con minore intensità, in quanto Pipino temeva il tradimento del nipote, duca dei Bavari, Tassilone III[17], per cui non mosse il suo esercito[18]. In quel periodo lo zio di Waifer, Remistano, dopo la morte del figlio mansione[16], si recò da Pipino con molti doni e la promessa di rimanergli fedele[16].

Negli anni 765 e 766, Pipino invase l'Aquitania e si impadronì di parecchie città, Pectavis (l'attuale Poitiers), Lemodicas (l'attuale Limoges), Santonis (l'attuale Saintes), Equolisma (l'attuale Angoulême), di cui distrusse le mura[19]. Devastò tutta la zona coltivata a vite[19] e, passata la Garonna, affrontato da Waifer con un grande esercito di Vasconi, lo sconfisse e molti Vasconi furono uccisi[19]. Waifer, con pochi altri, riuscì a fuggire e inviò dei legati a Pipino che promisero sottomissione ma, questa volta le sue offerte non furono prese in considerazione[19]. Nel 766, dopo che Pipino aveva posto una guarnigione franca a Bitorica[20], l'Aquitania, benché devastata, poteva considerarsi una provincia del regno dei Franchi[19].

Nel 767, Pipino si recò in Aquitania con la regina, Bertrada, con l'intenzione di catturare Waifer[21], che nel frattempo, aiutato dallo zio, Remistano, che era venuto meno alla parola data a Pipino, si era riappropriato di una parte del suo ducato[21].
Pipino continuò nella conquista del ducato e tra le altre città e castelli[22], conquistò Tolosa[23].

Nel 768, a Santonis, Pipino catturò la madre, la sorella, i nipoti di Waifer[24] e lo zio Remistano, che fu condannato ed impiccato[25], mentre un'altra sorella era stata catturata nei pressi della Garonna[26]. Waifer, con pochi seguaci, cercò di insidiare ancora Pipino, che era in Aquitania con la regina[26] ed i due figli, Carlo e Carlomanno, con sé[25]. Waifer venne sconfitto e messo in fuga. Pipino divise l'esercito in 4 gruppi e lo fece inseguire, finché fu catturato e ucciso[25].
Finalmente, padrone di tutta l'Aquitania,[25]. Pipino fece rientro a Santonis, dove lo attendeva la regina, Bertrada[26] e poco dopo anche lui morì[27].

Della morte di Waifer non si hanno notizie precise, secondo il Chronicon Moissiacensis morì nel giugno del 768[28]. Nel titolo di duca di Aquitania gli successe il figlio Hunaldo II.
Matrimonio e Discendenza
Aveva sposato la cugina Adele di Guascogna, figlia di Lupo di Gascogna, fratello di suo padre Hunaldo. Waifer e Adele ebbero due figli:
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VAdim Milov
(IM)



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Ufa, 1º agosto 1972
è uno scacchista svizzero
ebreo di origine sovietica.

Dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica emigrò in Israele,
per poi stabilirsi definitivamente in Svizzera nel 1996.

Grande maestro dal 1994, raggiunse il massimo Elo
in luglio 2008, con 2.705 punti (22° della classifica mondiale).


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Imelda May, pseudonimo di Imelda Mary Higham, nata Clabby (Dublino, 10 luglio 1974)
Nata e residente a Dublino, May inizia la sua carriera a sedici anni, prima di formare la sua propria band nel 2002. Ha pubblicato il primo album, No Turning Back, nel 2003; quindi si trasferisce a Londra con il marito chitarrista Darrel Higham dopo la pubblicazione. Dopo un'apparizione alla BBC nel 2008 esce col secondo disco, Love Tattoo (2009). Poi May collabora e va in tour con numerosi artisti; il terzo album, Mayhem esce nel 2010 e ottiene una nomination Choice Music Prize. Oltre ad essere cantante May suona anche il bodhrán, la chitarra e il tamburello. Descritta come talento vocale unico, May è famosa per il suo stile rockabilly revival ed è stata anche paragonata a cantanti jazz come Billie Holiday.
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lampaDINA e lampaDario
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china46 ha scritto:

MIlos Forman


Milos Forman , nome d'arte di Jan Tom?? Forman nato a (C?slav, 18 febbraio 1932) ? un regista, sceneggiatore e attore ceco



1967: nomination ? Oscar al miglior film straniero
1969: nomination - Oscar al miglior film straniero
1976: vinto - Oscar al miglior regista
1985: vinto - Oscar al miglior regista
1997: nomination ? Oscar al miglior regista

buona serata


Milos Forman
Nato a Caslav, Cecoslovacchia - 18 febbraio 1932
Morto a Danbury, Connecticut, Usa - 13 aprile 2018

Due morti e un mistero segnano l’infanzia di
uno dei più grandi registi dell’Europa dell’est,
incoronato da Hollywood, ma mai scordato dai
suoi compatrioti.
Jan Tomas (Milos) Forman, scomparso nella sua
casa americana ad 86 anni da poco compiuti,
resta una strana e solitaria figura incompiuta
nella storia del cinema, regista di talento,
ma soprattutto uomo amato da tutti per
la sua cultura, la passione,
i tratti da gentiluomo d’altri tempi.

Nato a Caslav in quella che negli anni ’30 era ancora
la Cecoslovacchia, Forman si vide privato dei genitori
quando era ancora un ragazzo.
Il padre, professore e poi partigiano,
morì nel lager di Buchenwald dopo una retata
della Gestapo; la mamma fu deportata a Auschwitz
e non fece ritorno.
A guerra finita il ragazzo che amava Chaplin e Ford,
seppe dagli zii che lo avevano cresciuto come in realtà
il suo vero padre fosse un architetto ebreo,
anch’egli travolto dalla tempesta delle persecuzioni naziste.
E non c’è dubbio che questi fatti segnarono profondamente
quel giovane estroso e ribelle che, a trent’anni,
era già figura di spicco nella «primavera culturale» di Praga.
Esordiva nel 1960 con il documentario Lanterna magica»,
si faceva apprezzare quattro anni dopo con il primo
lungometraggio «L’asso di picche e nel 1965 sfiorava
già l’Oscar per il miglior film straniero con
Gli amori di una bionda.

Nel 1968, sconvolto dalla brutalità dell’invasione russa nel
suo paese e temuto dal governo per la sua popolarità,
Milos Forman fugge dalla Cecoslovacchia e trova rifugio
in America, accolto in quella grande comunità di artisti esuli
che Hollywood nutriva fin dalla migrazione europea durante
il nazismo.
Nel 1971 torna dietro la macchina da presa con Taking Off
e riprende così il filo di un racconto generazionale con una
caustica parabola dei «vizi» giovanili e dell’incapacità della
generazione adulta di intercettare fragilità e aspirazioni dei
propri figli.
Strano a dirsi per un autore che ha poi attraversato il successo
e la fama fin in tarda età (colpito da una malattia agli occhi aveva
dovuto lasciare la regia dieci anni fa dopo il suo ultimo film,
«L’ultimo inquisitore») l’attrazione per l’inquietudine giovanile
e quella per il diverso che non si piega alle convenzioni perbeniste
della società, sono stati i suoi temi ricorrenti, praticamente senza
eccezioni.
Grazie all’amicizia con Jack Nicholson, ottiene nel 1975
la sua grande occasione americana:
dirige Qualcuno volò sul nido del cuculo dal
romanzo autobiografico di Ken Kesey con cui guadagnerà 5 Oscar,
tutti i più importanti, 28 premi in totale e totalizzando
uno dei migliori incassi del decennio.

A parte la formidabile interpretazione di Nicholson, che cosa fa di
questo film sul disagio e la malattia mentale un sorprendente
successo di critica e pubblico insieme?
Di certo la capacità del regista di trattare una storia tipicamente
americana con una sensibilità profondamente europea che trasforma
i meccanismi spettacolari del racconto americano in una sottile
identificazione dello spettatore col desiderio di libertà dei
protagonisti.
Con le stesse armi affronterà nove anni dopo - nel 1984
- la solitudine e la passione infantile per la vita del genio ribelle
Mozart nel suo spettacolare Amadeus, otto volte celebrato alla
cerimonia dell’Oscar, compresa la statuetta per la migliore regia.
Strano a dirsi, «Amadeus» è grande spettacolo
dell’intimità, un viaggio nella psiche e nel mistero del genio,
in fondo un nuovo inno alla libertà come il Cuculo e il
fastoso musical Hair (1979)
dall’omonimo musical ispirato alle performance del Living Theatre
e calato nella cultura pacifista degli anni della guerra in Vietnam.

Quasi si sentisse in debito con la terra che lo aveva accolto,
nel 1981 Forman dirige l’adattamento cinematografico di uno
dei romanzi fondativi dell’America del XX secolo,
Ragtime di E. L. Doctorow a sua volta ispirato a un classico
mitteleuropeo di Von Keist; quasi volesse riannodare i legami
con la cultura europea, nel 1989 si rifà al più celebre dei romanzi
epistolari, «Le relazioni pericolose» per dirigere il raffinato«Valmont».
In questo caso però l’esito è sfortunato perché l’uscita del film viene
bruciata sul filo di lana dalle «Relazioni pericolose» di Stephen Frears
il cui successo divistico (John Malkovich e Michelle Pfeiffer) oscura
l’elegante trasposizione di Forman.

Tornerà nel 1996 con lo scandaloso Larry Flint, biografia romanzata
di un altro ribelle condannato alla sconfitta: il miliardario un tempo
re del mercato pornografico a stelle e strisce.
Ma qualcosa si è rotto per sempre nel feeling tra lui e il suo pubblico:
come nel successivo «Man on the Moon» del 1999 non scatta più
l’empatia tra l’eroe del racconto e lo spettatore e la regia di Forman
si riduce a un impeccabile professionismo senza luce.
Ma se è vero che un artista resta tale nell’immaginario del suo
tempo anche solo per un film che definiamo memorabile,
Milos Forman può dirsi tale per aver superato quel limite
almeno tre volte nella sua vita, cavalcando i generi più vari
e sempre restando fedele al «fanciullino» che teneva ben
protetto nel suo inconscio.
Come nella filastrocca che ispira il suo capolavoro,
«uno stormo di tre oche, una volò ad est, una volò ad ovest,
una volò sul nido del cuculo», anche Forman ha volato da un
lato all’altro del mondo e ha fatto il suo nido a Hollywood,
il manicomio dove vivono gli artisti.

Dina & Dario
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dany61
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Folquet de Romans o Falquet de Romans, italianizzato in Falchetto o Folchetto di Romans[1] (... – XIII sec.) è stato un famoso trovatore, originario del Delfinato (fl. 1215–1233), legato alla corte di Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero, dove guadagnò un'alta reputazione, nonostante il fatto che avesse iniziato la sua carriera come giullare. 1215–1233).
Falquet era originario di Romans d'Isèra, un luogo natale condiviso con la trobairitz Bieiris de Romans. La sua vida[2] ci dice che egli era "a suo agio nelle corti e di piacevole conversazione... molto rinomato nell'alta società.

Falchetto trascorse molta della sua carriera in Italia. Già prima del dicembre del 1220, aveva scritto dal Monferrato la nostalgica Una chanso sirventes, dedicata alla sua signora d'oltralpe. Egli confessa di essere incapace di smettere di pensare pus parti de Vianes ("la maggior parte [del suo tempo] al Viennois"). Oltre alla corte del Monferrato, si trovano allusioni in Peire de la Mula che potrebbero collocare Falchetto anche alla corte di Ottone del Carretto. Probabilmente si trovava lì, tra il 1220 e il 1226, quando scrisse il suo sirventes che incitava l'imperatore a "liberare" la Terrasanta.
Falchetto era in contatti con il troviero Ugo IV di Berzé (N'Ugo de Bersie)[4] il quale gli scrisse una poesia (chiamandolo Fouquet o Fouquez) chiedendoli di unirsi a lui riguardo a un'imminente crociata outra mar (d'oltremare). La poesia di Ugo (Hugues) gli venne spedita tramite il giullare Bernart (o Bernarz) d'Argentau. Secondo il troviero, né lui né Falchetto erano ormai più giovani a quel tempo. Infatti, Ugo morì nell'agosto del 1220, il che fornisce una data ante quem per la poesia. Afferma inoltre che Falchetto era stato una volta giullare, un dettaglio fornito anche dalla vida di Falchetto. Sebbene lo scambio poetico venga fatto risalire al 1201 o al novembre del 1220–settembre 1221, la prima data è troppo recente e l'ultima viene invalidata dalla morte di Ugo. Di recente sono state proposte le date 1215, 1216, 1217 e 1219. La poesia di Ugo, scritta in francese antico, si conserva nei chansonniers insieme a una razó occitana.
Falchetto era tornato in Provenza nel 1226–1228, quando scrisse la tenso, En chantan volh quem digatz, insieme a Blacatz. Questa è la sola tenso composta fuori dall'Italia, mentre collabora insieme a Nicoletto da Torino (Nicolet, gran malenansa) e al Conte di Biandrate (Pois vezem qu'el tond e pela). Nel 1228 Falchetto torna in Italia, dove compone una canzone che parla della partenza di Federico II per la sesta crociata.
SA

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lampaDINA e lampaDario
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Inserito il - 16/08/2018 : 19:23:24  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di lampaDINA e lampaDario Invia a lampaDINA e lampaDario un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
dany61 ha scritto:

ARetha Louise Franklin

? soprannominata "La Regina del Soul" o "Lady Soul"[1][2] per la sua abilit? nell' aggiungere una venatura soul a qualsiasi cosa canti e per le sue enormi doti vocali. Lo Stato del Michigan ha ufficialmente dichiarato la sua voce una meraviglia della natura.

? molto nota per la sua vasta produzione di musica soul e R&B ma anche jazz, rock, blues, pop, hip hop, gospel e lirica che le hanno meritato ben 21 premi Grammy (otto dei quali vinti consecutivamente nella stessa categoria dal 1968 al 1975; in quel periodo il premio veniva chiamato The Aretha Award, ossia "Il premio Aretha")[3].

Il 3 gennaio 1987 ? stata la prima donna ad entrare a far parte della Rock and Roll Hall of Fame[4].

In una classifica stilata nel 2004 dalla rivista Rolling Stone Aretha ? stata classificata al nono posto, che ? anche il piazzamento pi? alto per una donna[5] tra i 100 artisti pi? grandi nella storia. Sempre da questa rivista ? stata giudicata la pi? grande cantante di tutti i tempi.

DA

Aretha Louise Franklin



Nata a Memphis, Tennessee, U.S. il 25. 3. 1942
E' morta a Detroit, Michigan, U.S. il 16. 8. 2018

La cantante si è spenta a Detroit,
aveva 76 anni.
Nel 2010 la diagnosi di cancro,
nel 2017 aveva annunciato il ritiro dalle scene
R.I.P Regina del Soul

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lampaDINA e lampaDario
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china46 ha scritto:

CHarles Aznavour

Nato a Parigi 22.5.1924, da genitori Armeni.
? uno dei cantanti piu famosi nel mondo!



VO

sera

Il grande Charles Aznavour muore il 1° ottobre 2018
all'età di 94 anni.
R.I.P

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dany61
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lampaDINA e lampaDario ha scritto:

china46 ha scritto:

CHarles Aznavour

Nato a Parigi 22.5.1924, da genitori Armeni.
? uno dei cantanti piu famosi nel mondo!



VO

sera

Il grande Charles Aznavour muore il 1° ottobre 2018
all'età di 94 anni.
R.I.P

https://youtu.be/AgtZtyiipCk
hFrancia / Café París - La boheme
R.I.P.

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dany61 ha scritto:

STan LEe fumettista, editore, produttore cinematografico


E' morto a 95 anni Stan Lee, fumettista creatore di molti
personaggi della Marvel Comics.
Lo ha confermato la figlia.



Alla sua matita si devono personaggi indimenticabili
come SpiderMan, X-Men, Black Panther e
I Fantastici Quattro.
Editore e direttore di Marvel Comics,
Stan Lee era egli stesso un supereroe per i fan
di tutto il mondo.
Stan Lee, pseudonimo di Stanley Lieber,
era nato a New York nel 1922 da genitori ebrei
di origine romena.

E' entrato nell'industria dei fumetti per caso,
grazie a uno zio che gli trovò un lavoro nel settore,
prima come ragazzo tutto fare per la Timely Comics.
A 19 anni, poi, firmò con lo pseudonimo Stan Lee
i riempitivi per "Capitan America sventa la vendetta
del traditore" e da lì iniziò la sua carriera con la creazione
dei più famosi supereroi dei fumetti.
Da solo e in collaborazione con artisti come Jack Kirby - i
loro primi super-eroi in coppia furono i Fantastici Quattro
apparsi nel 1961 - Steve Ditko, John Rominta e altri,
Lee aveva catapultato la Marvel da una piccola impresa
al numero uno del mondo e successivamente un gigante
dei multimedia.
Il successo però non era stato immediato:
dopo vent'anni di gavetta, Lee era sul punto di
lasciare quando ricevette l'ordine dal suo capo
di emulare una linea di super-eroi della rivale DC Comics.
I personaggi di Lee - a tutto tondo, più moralmente
complessi - contribuirono a un revival nel moribondo
mondo del fumetto dopo che negli anni Cinquanta
i comics erano stati messi sul banco degli imputati
dal Senato americano con l'accusa di aver contribuito
alla criminalità giovanile.

Nel 2009 la Disney ha comprato per 4 miliardi
Marvel Entertainment: un ottimo affare dal momento
che quasi tutti i film di super-eroi primi ai box office
mondiali hanno al centro personaggi Marvel.
In testa "The Avengers" con 1,52 miliardi nel 2012.
A dispetto dell'età avanzata, l'influenza di Stan Lee
come volto dei Marvel era rimasta considerevole
anche negli ultimi anni tanto che era diventato ormai
tradizionale un suo cameo in ognuno dei film basati
sui personggi della casa.

I suoi ultimi anni di vita sono stati tumultuosi:
dopo la morte della moglie Joan nel luglio 2017,
aveva fatto causa per frode agli executive di POW!
Entertainment - una società fondata nel 2011 per
sviluppare film, programmi tv e
videogame - chiedendo danni per un miliardo di dollari.
Aveva poi denunciato il suo manager e chiesto un ordine
di protezione nei confronti di un uomo che gestiva
i suoi affari.
Alla fine dell'estate la polizia di Los Angeles aveva
aperto una clamorosa inchiesta per abuso di anziani.

Addio a Stan Lee, il padre dei supereroi Marvel

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china46 ha scritto:

BErnardo Bertolucci (Parma, 16 marzo 1941[1]) è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano.

1971: National Society of Film Critics Award al miglior regista
1972: nomination all'Oscar alla migliore sceneggiatura non originale
1973: Nastro d'argento al regista del miglior film
1974: nomination all'Oscar al miglior regista
1988: Oscar al miglior regista
1988: Oscar alla migliore sceneggiatura non originale
1988: Golden Globe per il miglior regista
1988: Golden Globe per la migliore sceneggiatura
1988: David di Donatello per il miglior regista
1988: David di Donatello per la migliore sceneggiatura
1988: Nastro d'argento al regista del miglior film
1988: Directors Guild of America Award al miglior regista cinematografico
1997: Pardo d'onore al Festival del film Locarno
1997: Premio per la speciale sensibilità visiva nella regia al Camerimage
1997: Premio per la collaborazione regista – direttore della fotografia (Vittorio Storaro) al Camerimage
1998: Riconoscimento per la libertà di espressione dal National Board of Review
2007: Leone d'oro alla carriera alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica
2011: Palma d'oro onoraria al Festival di Cannes



La stella dedicata a Bertolucci sulla Walk of Fame a Los Angeles


seraaaaaa


Roma, 26 novembre 2018 - Lutto nel mondo del cinema.
Dopo una lunga malattia, il maestro e regista Bernardo Bertolucci
è morto questa mattina nella sua casa di Roma all'età di 77 anni.
Tra i registi italiani più rappresentativi, conosciuti e amati a livello
internazionale, Bertolucci ha diretto film di successo come
'Ultimo tango a Parigi', 'Il Conformista', 'Il tè nel deserto',
'Novecento' e 'L'ultimo imperatore', che gli valse l'Oscar
al miglior regista e alla migliore sceneggiatura non originale.
Nel 2007 gli fu conferito il Leone d'oro alla carriera alla 64esima
Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e nel
2011 la Palma d'Oro onoraria al 64esimo festival di Cannes.


Addio al maestro del cinema

Dina & Dario
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celeste ha scritto:

GArzanti Livio (Milano 1921) ? uno scrittore ed editore italiano.

Livio ? figlio di Aldo Garzanti, da cui eredita la direzione della casa editrice Garzanti, sorta dopo che, nel 1936, Aldo aveva rilevato le Edizioni Treves. Il nome Livio ? dovuto a quello della citt? di origine del padre, Forl?, che, originariamente suona appunto Forum Livii.



Immagine:

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Livio Garzanti
Milano, 1º luglio 1921
– Milano, 13 febbraio 2015

“Con la scomparsa di Livio Garzanti, Milano perde uno dei protagonisti
della scena culturale che ha portato Milano al centro del panorama
editoriale italiano del ‘900. Garzanti è stato un grande editore ma
anche uno scopritore di talenti, incarnando quello spirito di ricerca
e innovazione e quella visione della produzione editoriale che va
oltre il libro in sé per creare davvero cultura”.
Così l’assessore alla Cultura, Filippo Del Corno ha commentato
la scomparsa dell’editore.
Livio Garzanti, che fu, tra l’altro, l’editore di Ragazzi di vita di Pasolini,
è stato a sua volta l’autore di romanzi come L’amore freddo
e La fiera navigante.
Ha avuto tre mogli: Orietta Sala, Gina Lagorio
(cui ha dedicato ‘Amare Platone’) e l’attuale Louise Michail.
Lascia un figlio, Eduardo.

Dina & Dario
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dany61
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Inserito il - 28/12/2018 : 15:32:14  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Amos Oz nato Amos Klausner (Gerusalemme, 4 maggio 1939 – 28 dicembre 2018) è stato uno scrittore e saggista israeliano. Oltre ad essere autore di romanzi e saggi, Oz è giornalista e docente di letteratura alla Università Ben Gurion del Negev, a Be'er Sheva. Sin dal 1967 è un autorevole sostenitore della "soluzione dei due stati" del conflitto arabo-israeliano. Nel 2008 ha ricevuto una laurea honoris causa dall'Università di Anversa. Nel 2007 ha vinto il premio "Premio Príncipe de Asturias de las Letras" e il premio Fondazione Carical Grinzane per la cultura mediterranea. Nel 2008 ha ricevuto il premio Dan David, nello stesso anno ha vinto anche il Premio Internazionale Primo Levi. La cerimonia di consegna è avvenuta a Genova, Palazzo Ducale.
Nel suo romanzo autobiografico Una storia di amore e di tenebra, Oz ha raccontato, attraverso la storia della sua famiglia, le vicende storiche del nascente Stato di Israele dalla fine del protettorato britannico: la guerra di indipendenza, gli attacchi terroristici dei Fedayyin, la vita nei kibbutz. Nella vita dello scrittore è stato determinante il suicidio della madre, avvenuto quando il piccolo Amos aveva appena dodici anni. L'elaborazione del dolore si sviluppa ben presto in un contrasto con il padre, un intellettuale vicino alla destra ebraica. Il contrasto padre-figlio portò alla decisione del ragazzo di entrare nel kibbutz Hulda e di cambiare il cognome oriAmos Oz è nato a Gerusalemme. Circa metà dei suoi scritti sono ambientati in questa città e nelle zone circostanti. I suoi genitori, Yehuda Arieh Klausner (in ebraico: #1497;#1492;#1493;#1491;#1492; #1488;#1512;#1497;#1492; #1511;#1500;#1493;#1494;#1504;#1512;) e Fania Mussman (in ebraico: #1508;#1488;#1504;#1497;#1492; #1502;#1493;#1505;#1502;#1503;#8206;?), erano immigrati sionisti dell'Europa Orientale. Il padre di Amos aveva studiato storia e letteratura a Vilnius, Lituania, e a Gerusalemme era bibliotecario e scrittore. Il nonno materno di Amos era proprietario di un mulino a Rovno, città che a quell'epoca apparteneva alla Polonia, oggi all'Ucraina. Il nonno Klausner in seguito si trasferì con la famiglia ad Haifa. Molti membri della famiglia Klausner erano di destra, sostenitori del Partito revisionista sionista. Il prozio di Amos, Joseph Klausner, fu il candidato del partito Herut alle elezioni presidenziali vinte da Chaim Weizmann ed era docente di letteratura ebraica presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. Amos e la sua famiglia non erano religiosi e rifiutavano tutto ciò che nella religione percepivano come irrazionale. Ciononostante Amos Oz frequentò la scuola religiosa Tachkemoni, visto che la sola alternativa era la scuola socialista affiliata al Partito Laburista Israeliano e i suoi genitori l'avevano scartata per la diversità dei loro valori politici. La famosa poetessa Zelda fu una delle insegnanti di Amos. Amos poi compì gli studi secondari presso la scuola superiore ebraica di Rehavia.
La madre Fania si suicidò, in seguito a una forte depressione, quando Amos aveva dodici anni. Amos avrebbe poi elaborato le ripercussioni di questo tragico evento scrivendo il libro di memorie "Una storia di amore e di tenebra". Amos aderì al Partito Laburista Israeliano e a 15 anni andò a vivere nel kibbutz di Hulda. Lì fu adottato dalla famiglia Huldai (il cui figlio primogenito Ron oggi è sindaco di Tel Aviv). Amos si immerse totalmente nella vita del kibbutz e in questo periodo cambiò il suo cognome in "Oz", che in ebraico significa "forza". "Tel Aviv non era abbastanza radicale", disse Amos in seguito, "solo il kibbutz era abbastanza radicale". In ogni caso, come lui stesso racconta, Amos era "un disastro nei lavori agricoli... la barzelletta del kibbutz".[1] Continuò a vivere e lavorare nel kibbutz fino a quando lui e sua moglie Nily si trasferirono ad Arad, nel 1986, a causa dell'asma di suo figlio Daniel. Però anche prima del trasferimento, visto il successo che aveva come scrittore, ebbe il permesso di diminuire gradatamente il tempo da dedicare al lavoro nel kibbutz: le royalties derivanti dai suoi libri erano tali da giustificarlo. Come disse lui stesso, Amos era diventato "un ramo della fattoria".[2]
Come la maggior parte degli israeliani, Amos Oz ha prestato servizio nelle Forze di Difesa Israeliane. Alla fine degli anni cinquanta era arruolato nell'unità di fanteria Nahal e ha combattuto negli scontri al confine tra Israele e la Siria; durante la Guerra dei sei giorni (1967) era in una unità corazzata nel Sinai; durante la Guerra del Kippur (1973) ha combattuto sulle alture del Golan.[2]
Dopo aver servito nell'unità Nahal, Oz studiò filosofia e letteratura ebraica all'Università Ebraica di Gerusalemme. A parte alcuni articoli nel bollettino del kibbutz e nel giornale Davar, Amos Oz non ha pubblicato niente fino all'età di 22 anni, quando ha cominciato a pubblicare libri. La sua prima raccolta di racconti, "La terra dello sciacallo", è stata pubblicata nel 1965. Il suo primo romanzo, "Elsewhere, Perhaps", è stato pubblicato nel 1966. Ha cominciato a scrivere ininterrottamente, pubblicando in media un libro l'anno con la casa editrice del Partito Laburista, Am Oved. Oz ha lasciato Am Oved per l'editore Keter, nonostante la sua affiliazione politica, perché il contratto esclusivo con Keter gli garantiva uno stipendio mensile fisso indipendentemente dalla frequenza di pubblicazione.
La figlia maggiore di Amos Oz, Fania Oz-Salzberger, insegna storia all'Università di Haifa.
Oz ha scritto 18 libri in ebraico e circa 450 articoli e saggi. Le sue opere sono state tradotte in circa 30 lingue. Ha ricevuto il premio più prestigioso del suo Paese: il Premio Israele per la letteratura nel 1998, anno del cinquantesimo anniversario dell'indipendenza di Israele. Nel 2005 ha ricevuto dalla città di Francoforte il Premio Goethe alla carriera, un premio prestigioso assegnato in passato a Sigmund Freud e Thomas Mann. Nel 2007 ha ricevuto il Premio Principe delle Asturie per la Letteratura. Nel 2008 ha ricevuto il Premio Heinrich Heine della città di Düsseldorf.[3][4][5][6][7][9][10]. Nel 2010 ha vinto la prima edizione del Premio Salone Internazionale del Libro, assegnatagli dal voto elettronico dei visitatori ed editori della manifestazione Italiana. Nel 2012 ha vinto il Premio letterario Internazionale Giuseppe Tomasi di Lampedusa per Il monte del cattivo consiglio.
Muore il 28 dicembre 2018.[11][12]
Carriera letteraria[modifica | modifica wikitesto]
Oltre ai suoi romanzi, Oz pubblica regolarmente saggi di politica, di letteratura e sulla pace. Ha scritto molto per il giornale laburista israeliano Davar e (da quando Davar ha cessato di esistere, negli anni novanta) per il quotidiano Yedioth Ahronoth. In inglese, i suoi scritti sono usciti su varie pubblicazioni, tra cui il New York Review of Books. Amos Oz è uno degli scrittori la cui opera i ricercatori letterari studiano con un approccio fondamentale. Presso l'Università Ben-Gurion nel Negev è stata creata una collezione speciale su Amos Oz e le sue opere. Negli ultimi anni Oz è considerato uno dei più probabili candidati al Premio Nobel per la letteratura. Nel 1998 Oz ha ricevuto il Premio Israele per la letteratura.
Nelle sue opere Oz tende a rappresentare i protagonisti in modo realistico e con lieve tocco ironico. Il tema del kibbutz nei suoi scritti è trattato con un tono in certo senso critico. Oz attribuisce a una traduzione dei racconti di Winesburg, Ohio dello scrittore statunitense Sherwood Anderson la sua decisione di ”scrivere quello che era intorno a me”. Nel romanzo Una storia di amore e di tenebra, in cui racconta la sua infanzia e adolescenza negli anni travagliati che videro la nascita di Israele, Oz riconosce al “modesto libro” di Anderson il merito di avergli fatto capire che "il mondo scritto… gira sempre intorno alla mano che sta scrivendo, indipendentemente da dove stia scrivendo: il posto in cui sei è il centro dell'universo". Nel suo saggio del 2004 "Contro il fanatismo" (in seguito titolo di una collezione di saggi pubblicata nel 2006), Oz sostiene che il conflitto israelo-palestinese non è una guerra di religione o di culture, ma piuttosto un controversia possessoria - una controversia che non si risolverà con una maggiore comprensione ma con un compromesso doloroso.[13][14]
Opinioni politiche[modifica | modifica wikitesto]
Amos Oz è uno degli intellettuali più influenti e stimati di Israele. Questa stima è evidente anche nella sfera sociale in cui Oz si esprime regolarmente, anche se non così frequentemente come a metà negli anni ottanta, quando riceveva un'attenzione mediatica anche maggiore. Le posizioni di Oz sono notoriamente conciliatorie nella sfera politica e social-democratiche nella sfera socio-economica. Oz è stato uno dei primi a sostenere la soluzione dei due stati per il conflitto arabo-israeliano dopo la Guerra dei sei giorni. Lo fece in un articolo del 1967, "Terra dei nostri Padri" sul giornale laburista Davar. "Anche un'occupazione inevitabile è un'occupazione ingiusta", scrisse Oz.[2] Nel 1978 Oz è stato uno dei fondatori di Peace Now. Diversamente da molti altri movimenti israeliani per la pace, Oz non si oppone alla costruzione di una Barriera di separazione israeliana, ma ritiene che il suo tracciato dovrebbe essere più o meno quello della Linea Verde, il confine esistente prima del 1967.[15]
Oz si è opposto all'attività colonizzatrice sin dall'inizio ed è stato tra i primi a sostenere gli Accordi di Oslo e le trattative con l'OLP. Nei suoi discorsi e nei suoi saggi spesso Oz attacca la sinistra antisionista ed enfatizza sempre la sua identità sionista. Molti osservatori di destra lo identificano come il portavoce più eloquente della sinistra sionista. Le due seguenti citazioni possono aiutare a riassumere le sue opinioni:
Due guerre israelo-palestinesi sono scoppiate in questa regione. Una è quella della nazione palestinese per la sua libertà dall'occupazione e per il suo diritto a essere uno Stato indipendente. Tutte le persone rispettabili dovrebbero sostenere questa causa. La seconda guerra è mossa dall'Islam fanatico, dall'Iran a Gaza e dal Libano a Ramallah, per distruggere Israele e cacciare gli ebrei dalla loro terra. Tutte le persone rispettabili dovrebbero aborrire questa causa". (April 7, 2002)
(Traduzione non ufficiale dall'ebraico) Il nostro problema più grande è la scomparsa della solidarietà sociale. Qui si sta sviluppando un grande egoismo che non ha vergogna nemmeno di se stesso. Vent'anni fa una ragazza di Bet Shean disse in televisione "Ho fame", e vibrarono gli stipiti delle poste (Isaiah 6:4). Sì, in parte era solo per dire, ma almeno si diceva. Oggi invece, perfino se quella ragazza morisse di fame in diretta televisiva, non succederebbe niente, a parte i dati d'ascolto e pubblicitari che userebbero l'incidente per i loro scopi. Chi un tempo pensava ingenuamente che la locomotiva degli imprenditori e i ricchi avrebbero trascinato con sé un lungo treno in cui anche gli ultimi vagoni sarebbero andati avanti, si sbagliava. Non è successo. Le locomotive si muovono e gli ultimi vagoni restano indietro sui binari arrugginiti. (6 settembre 2002)
Per molti anni Oz è stato identificato con il Partito Laburista Israeliano ed è stato vicino al suo leader Shimon Peres. Quando Shimon Peres si stava ritirando dalla leadership del partito, disse che aveva proposto Oz come uno dei tre possibili successori, insieme a Ehud Barak (poi Primo ministro) e Shlomo Ben-Ami (poi ministro degli esteri di Barak).[2] Negli anni novanta Oz è uscito dal Partito Laburista e ha aderito al partito Meretz, dove è in ottime relazioni con il leader, Shulamit Aloni. Negli ultimi anni Oz ha descritto il Partito Laburista come un partito che "secondo me, non esiste più". Nel 2003, alle elezioni per la sedicesima Knesset, Oz ha partecipato alla campagna elettorale televisiva di Meretz chiedendo al pubblico di votare per Meretz.
In luglio 2006 Oz ha sostenuto l'esercito israeliano durante la guerra con il Libano, scrivendo sul Los Angeles Times: "Molte volte in passato il movimento israeliano per la pace ha criticato le operazioni militari di Israele. Non questa volta. Questa volta, la battaglia non è sull'espansione israeliana e la colonizzazione. Non c'è nessun territorio libanese occupato da Israele. Non ci sono rivendicazioni territoriali da nessuna delle due parti… Il movimento israeliano per la pace dovrebbe sostenere lo sforzo di Israele per l'auto-difesa, pura e semplice, fintanto che questa operazione ha come obiettivo soprattutto Hezbollah e risparmia, per quanto possibile, le vite dei civili libanesi[16][17]
Come i colleghi scrittori israeliani David Grossman e Abraham Yehoshua, Amos Oz ha cambiato la sua posizione (di inequivocabile supporto a un atto militare "di auto-difesa" allo scoppio della guerra) davanti alla decisione del governo in una fase posteriore di estendere le operazioni in Libano. Grossman ha espresso le loro opinioni comuni in una conferenza stampa, dove ha dichiarato che Israele aveva già esaurito il suo diritto all'auto-difesaginario "Klausner" in "Oz", che in ebraico significa "forza".

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È morto in California all’età di 91 anni Norman Gimbel, autore e paroliere musicale americano vincitore di un Oscar tra le cui opere ci sono brani che praticamente chiunque ha canticchiato almeno una volta. Tra tutti, il grande successo «Killing me softly with his song» e la mitica sigla della mitica serie tv «Happy Days». Non solo. L’autore newyorchese aveva scritto le parole in inglese della canzone della bossa nova brasiliana «The Girl from Ipanema». Ma «Killing Me Softly with his Song» resta il brano che più di tutti lo ha reso famoso. In tandem con il compositore Charles Fox, gli valse infatti il Grammy per la canzone dell’anno nella prima versione del 1973 cantata da Roberta Flack. In tempi più recenti ne fecero una cover i Fugees e la canzone fu ripresa anche nel cinema, nel film About a Boy con Hugh Grant.

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dany61 ha scritto:

È morto in California all’età di 91 anni Norman Gimbel, autore e paroliere musicale americano vincitore di un Oscar tra le cui opere ci sono brani che praticamente chiunque ha canticchiato almeno una volta. Tra tutti, il grande successo «Killing me softly with his song» e la mitica sigla della mitica serie tv «Happy Days». Non solo. L’autore newyorchese aveva scritto le parole in inglese della canzone della bossa nova brasiliana «The Girl from Ipanema». Ma «Killing Me Softly with his Song» resta il brano che più di tutti lo ha reso famoso. In tandem con il compositore Charles Fox, gli valse infatti il Grammy per la canzone dell’anno nella prima versione del 1973 cantata da Roberta Flack. In tempi più recenti ne fecero una cover i Fugees e la canzone fu ripresa anche nel cinema, nel film About a Boy con Hugh Grant.


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dany61 ha scritto:

Amos Oz nato Amos Klausner (Gerusalemme, 4 maggio 1939 – 28 dicembre 2018) è stato uno scrittore e saggista israeliano. Oltre ad essere autore di romanzi e saggi, Oz è giornalista e docente di letteratura alla Università Ben Gurion del Negev, a Be'er Sheva. Sin dal 1967 è un autorevole sostenitore della "soluzione dei due stati" del conflitto arabo-israeliano. Nel 2008 ha ricevuto una laurea honoris causa dall'Università di Anversa. Nel 2007 ha vinto il premio "Premio Príncipe de Asturias de las Letras" e il premio Fondazione Carical Grinzane per la cultura mediterranea. Nel 2008 ha ricevuto il premio Dan David, nello stesso anno ha vinto anche il Premio Internazionale Primo Levi. La cerimonia di consegna è avvenuta a Genova, Palazzo Ducale.
Nel suo romanzo autobiografico Una storia di amore e di tenebra, Oz ha raccontato, attraverso la storia della sua famiglia, le vicende storiche del nascente Stato di Israele dalla fine del protettorato britannico: la guerra di indipendenza, gli attacchi terroristici dei Fedayyin, la vita nei kibbutz. Nella vita dello scrittore è stato determinante il suicidio della madre, avvenuto quando il piccolo Amos aveva appena dodici anni. L'elaborazione del dolore si sviluppa ben presto in un contrasto con il padre, un intellettuale vicino alla destra ebraica. Il contrasto padre-figlio portò alla decisione del ragazzo di entrare nel kibbutz Hulda e di cambiare il cognome oriAmos Oz è nato a Gerusalemme. Circa metà dei suoi scritti sono ambientati in questa città e nelle zone circostanti. I suoi genitori, Yehuda Arieh Klausner (in ebraico: #1497;#1492;#1493;#1491;#1492; #1488;#1512;#1497;#1492; #1511;#1500;#1493;#1494;#1504;#1512;) e Fania Mussman (in ebraico: #1508;#1488;#1504;#1497;#1492; #1502;#1493;#1505;#1502;#1503;#8206;?), erano immigrati sionisti dell'Europa Orientale. Il padre di Amos aveva studiato storia e letteratura a Vilnius, Lituania, e a Gerusalemme era bibliotecario e scrittore. Il nonno materno di Amos era proprietario di un mulino a Rovno, città che a quell'epoca apparteneva alla Polonia, oggi all'Ucraina. Il nonno Klausner in seguito si trasferì con la famiglia ad Haifa. Molti membri della famiglia Klausner erano di destra, sostenitori del Partito revisionista sionista. Il prozio di Amos, Joseph Klausner, fu il candidato del partito Herut alle elezioni presidenziali vinte da Chaim Weizmann ed era docente di letteratura ebraica presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. Amos e la sua famiglia non erano religiosi e rifiutavano tutto ciò che nella religione percepivano come irrazionale. Ciononostante Amos Oz frequentò la scuola religiosa Tachkemoni, visto che la sola alternativa era la scuola socialista affiliata al Partito Laburista Israeliano e i suoi genitori l'avevano scartata per la diversità dei loro valori politici. La famosa poetessa Zelda fu una delle insegnanti di Amos. Amos poi compì gli studi secondari presso la scuola superiore ebraica di Rehavia.
La madre Fania si suicidò, in seguito a una forte depressione, quando Amos aveva dodici anni. Amos avrebbe poi elaborato le ripercussioni di questo tragico evento scrivendo il libro di memorie "Una storia di amore e di tenebra". Amos aderì al Partito Laburista Israeliano e a 15 anni andò a vivere nel kibbutz di Hulda. Lì fu adottato dalla famiglia Huldai (il cui figlio primogenito Ron oggi è sindaco di Tel Aviv). Amos si immerse totalmente nella vita del kibbutz e in questo periodo cambiò il suo cognome in "Oz", che in ebraico significa "forza". "Tel Aviv non era abbastanza radicale", disse Amos in seguito, "solo il kibbutz era abbastanza radicale". In ogni caso, come lui stesso racconta, Amos era "un disastro nei lavori agricoli... la barzelletta del kibbutz".[1] Continuò a vivere e lavorare nel kibbutz fino a quando lui e sua moglie Nily si trasferirono ad Arad, nel 1986, a causa dell'asma di suo figlio Daniel. Però anche prima del trasferimento, visto il successo che aveva come scrittore, ebbe il permesso di diminuire gradatamente il tempo da dedicare al lavoro nel kibbutz: le royalties derivanti dai suoi libri erano tali da giustificarlo. Come disse lui stesso, Amos era diventato "un ramo della fattoria".[2]
Come la maggior parte degli israeliani, Amos Oz ha prestato servizio nelle Forze di Difesa Israeliane. Alla fine degli anni cinquanta era arruolato nell'unità di fanteria Nahal e ha combattuto negli scontri al confine tra Israele e la Siria; durante la Guerra dei sei giorni (1967) era in una unità corazzata nel Sinai; durante la Guerra del Kippur (1973) ha combattuto sulle alture del Golan.[2]
Dopo aver servito nell'unità Nahal, Oz studiò filosofia e letteratura ebraica all'Università Ebraica di Gerusalemme. A parte alcuni articoli nel bollettino del kibbutz e nel giornale Davar, Amos Oz non ha pubblicato niente fino all'età di 22 anni, quando ha cominciato a pubblicare libri. La sua prima raccolta di racconti, "La terra dello sciacallo", è stata pubblicata nel 1965. Il suo primo romanzo, "Elsewhere, Perhaps", è stato pubblicato nel 1966. Ha cominciato a scrivere ininterrottamente, pubblicando in media un libro l'anno con la casa editrice del Partito Laburista, Am Oved. Oz ha lasciato Am Oved per l'editore Keter, nonostante la sua affiliazione politica, perché il contratto esclusivo con Keter gli garantiva uno stipendio mensile fisso indipendentemente dalla frequenza di pubblicazione.
La figlia maggiore di Amos Oz, Fania Oz-Salzberger, insegna storia all'Università di Haifa.
Oz ha scritto 18 libri in ebraico e circa 450 articoli e saggi. Le sue opere sono state tradotte in circa 30 lingue. Ha ricevuto il premio più prestigioso del suo Paese: il Premio Israele per la letteratura nel 1998, anno del cinquantesimo anniversario dell'indipendenza di Israele. Nel 2005 ha ricevuto dalla città di Francoforte il Premio Goethe alla carriera, un premio prestigioso assegnato in passato a Sigmund Freud e Thomas Mann. Nel 2007 ha ricevuto il Premio Principe delle Asturie per la Letteratura. Nel 2008 ha ricevuto il Premio Heinrich Heine della città di Düsseldorf.[3][4][5][6][7][9][10]. Nel 2010 ha vinto la prima edizione del Premio Salone Internazionale del Libro, assegnatagli dal voto elettronico dei visitatori ed editori della manifestazione Italiana. Nel 2012 ha vinto il Premio letterario Internazionale Giuseppe Tomasi di Lampedusa per Il monte del cattivo consiglio.
Muore il 28 dicembre 2018.[11][12]
Carriera letteraria[modifica | modifica wikitesto]
Oltre ai suoi romanzi, Oz pubblica regolarmente saggi di politica, di letteratura e sulla pace. Ha scritto molto per il giornale laburista israeliano Davar e (da quando Davar ha cessato di esistere, negli anni novanta) per il quotidiano Yedioth Ahronoth. In inglese, i suoi scritti sono usciti su varie pubblicazioni, tra cui il New York Review of Books. Amos Oz è uno degli scrittori la cui opera i ricercatori letterari studiano con un approccio fondamentale. Presso l'Università Ben-Gurion nel Negev è stata creata una collezione speciale su Amos Oz e le sue opere. Negli ultimi anni Oz è considerato uno dei più probabili candidati al Premio Nobel per la letteratura. Nel 1998 Oz ha ricevuto il Premio Israele per la letteratura.
Nelle sue opere Oz tende a rappresentare i protagonisti in modo realistico e con lieve tocco ironico. Il tema del kibbutz nei suoi scritti è trattato con un tono in certo senso critico. Oz attribuisce a una traduzione dei racconti di Winesburg, Ohio dello scrittore statunitense Sherwood Anderson la sua decisione di ”scrivere quello che era intorno a me”. Nel romanzo Una storia di amore e di tenebra, in cui racconta la sua infanzia e adolescenza negli anni travagliati che videro la nascita di Israele, Oz riconosce al “modesto libro” di Anderson il merito di avergli fatto capire che "il mondo scritto… gira sempre intorno alla mano che sta scrivendo, indipendentemente da dove stia scrivendo: il posto in cui sei è il centro dell'universo". Nel suo saggio del 2004 "Contro il fanatismo" (in seguito titolo di una collezione di saggi pubblicata nel 2006), Oz sostiene che il conflitto israelo-palestinese non è una guerra di religione o di culture, ma piuttosto un controversia possessoria - una controversia che non si risolverà con una maggiore comprensione ma con un compromesso doloroso.[13][14]
Opinioni politiche[modifica | modifica wikitesto]
Amos Oz è uno degli intellettuali più influenti e stimati di Israele. Questa stima è evidente anche nella sfera sociale in cui Oz si esprime regolarmente, anche se non così frequentemente come a metà negli anni ottanta, quando riceveva un'attenzione mediatica anche maggiore. Le posizioni di Oz sono notoriamente conciliatorie nella sfera politica e social-democratiche nella sfera socio-economica. Oz è stato uno dei primi a sostenere la soluzione dei due stati per il conflitto arabo-israeliano dopo la Guerra dei sei giorni. Lo fece in un articolo del 1967, "Terra dei nostri Padri" sul giornale laburista Davar. "Anche un'occupazione inevitabile è un'occupazione ingiusta", scrisse Oz.[2] Nel 1978 Oz è stato uno dei fondatori di Peace Now. Diversamente da molti altri movimenti israeliani per la pace, Oz non si oppone alla costruzione di una Barriera di separazione israeliana, ma ritiene che il suo tracciato dovrebbe essere più o meno quello della Linea Verde, il confine esistente prima del 1967.[15]
Oz si è opposto all'attività colonizzatrice sin dall'inizio ed è stato tra i primi a sostenere gli Accordi di Oslo e le trattative con l'OLP. Nei suoi discorsi e nei suoi saggi spesso Oz attacca la sinistra antisionista ed enfatizza sempre la sua identità sionista. Molti osservatori di destra lo identificano come il portavoce più eloquente della sinistra sionista. Le due seguenti citazioni possono aiutare a riassumere le sue opinioni:
Due guerre israelo-palestinesi sono scoppiate in questa regione. Una è quella della nazione palestinese per la sua libertà dall'occupazione e per il suo diritto a essere uno Stato indipendente. Tutte le persone rispettabili dovrebbero sostenere questa causa. La seconda guerra è mossa dall'Islam fanatico, dall'Iran a Gaza e dal Libano a Ramallah, per distruggere Israele e cacciare gli ebrei dalla loro terra. Tutte le persone rispettabili dovrebbero aborrire questa causa". (April 7, 2002)
(Traduzione non ufficiale dall'ebraico) Il nostro problema più grande è la scomparsa della solidarietà sociale. Qui si sta sviluppando un grande egoismo che non ha vergogna nemmeno di se stesso. Vent'anni fa una ragazza di Bet Shean disse in televisione "Ho fame", e vibrarono gli stipiti delle poste (Isaiah 6:4). Sì, in parte era solo per dire, ma almeno si diceva. Oggi invece, perfino se quella ragazza morisse di fame in diretta televisiva, non succederebbe niente, a parte i dati d'ascolto e pubblicitari che userebbero l'incidente per i loro scopi. Chi un tempo pensava ingenuamente che la locomotiva degli imprenditori e i ricchi avrebbero trascinato con sé un lungo treno in cui anche gli ultimi vagoni sarebbero andati avanti, si sbagliava. Non è successo. Le locomotive si muovono e gli ultimi vagoni restano indietro sui binari arrugginiti. (6 settembre 2002)
Per molti anni Oz è stato identificato con il Partito Laburista Israeliano ed è stato vicino al suo leader Shimon Peres. Quando Shimon Peres si stava ritirando dalla leadership del partito, disse che aveva proposto Oz come uno dei tre possibili successori, insieme a Ehud Barak (poi Primo ministro) e Shlomo Ben-Ami (poi ministro degli esteri di Barak).[2] Negli anni novanta Oz è uscito dal Partito Laburista e ha aderito al partito Meretz, dove è in ottime relazioni con il leader, Shulamit Aloni. Negli ultimi anni Oz ha descritto il Partito Laburista come un partito che "secondo me, non esiste più". Nel 2003, alle elezioni per la sedicesima Knesset, Oz ha partecipato alla campagna elettorale televisiva di Meretz chiedendo al pubblico di votare per Meretz.
In luglio 2006 Oz ha sostenuto l'esercito israeliano durante la guerra con il Libano, scrivendo sul Los Angeles Times: "Molte volte in passato il movimento israeliano per la pace ha criticato le operazioni militari di Israele. Non questa volta. Questa volta, la battaglia non è sull'espansione israeliana e la colonizzazione. Non c'è nessun territorio libanese occupato da Israele. Non ci sono rivendicazioni territoriali da nessuna delle due parti… Il movimento israeliano per la pace dovrebbe sostenere lo sforzo di Israele per l'auto-difesa, pura e semplice, fintanto che questa operazione ha come obiettivo soprattutto Hezbollah e risparmia, per quanto possibile, le vite dei civili libanesi[16][17]
Come i colleghi scrittori israeliani David Grossman e Abraham Yehoshua, Amos Oz ha cambiato la sua posizione (di inequivocabile supporto a un atto militare "di auto-difesa" allo scoppio della guerra) davanti alla decisione del governo in una fase posteriore di estendere le operazioni in Libano. Grossman ha espresso le loro opinioni comuni in una conferenza stampa, dove ha dichiarato che Israele aveva già esaurito il suo diritto all'auto-difesaginario "Klausner" in "Oz", che in ebraico significa "forza".


Un Kaddish per AMOS OZ
Sei stato una forza della natura
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è morto Adelio Cogliati
Lecco, 29 dicembre 2018 - E’ morto, nella notte tra venedrì e sabato, il paroliere Adelio Cogliati, detto Dedo. Aveva 70 anni, originario di Montevecchia, risiedeva ad Arlate di Calco. Da adolescente aveva suonato la chitarra, militando poi in diverse band locali tra gli anni Sessanta e Settanta. La sua carriera iniziò con nomi di spicco come I Camaleonti, Caterina Caselli e Miguel Bosé e con il passare degli anni fu anche paroliere di Gianni Morandi, Antonella Ruggiero, Anna Oxa (scrisse per lei il successo “Quando nasce un amore”), Giorgia (suo il testo di “Come saprei”, vincitore di Sanremo 1995) ed Eros Ramazzotti.
Grazie alla sua fitta collaborazione con Ramazzotti, sono nati alcuni dei più grandi successi dell'artista romano, da "Una Storia Importante" a "Adesso Tu", passando per "Se bastasse una canzone", "Più bella cosa" e "L'Aurora". Ed è stato proprio lui a dare la notizia del decesso di Cogliati, attraverso il suo account Instagram. Una semplice foto e una didascalia: "Ciao Adelio, sei stato fondamentale per me perché con te sono cresciuto umanamente. Non sei stato solo il “paroliere” di quasi tutte le nostre canzoni ma soprattutto un fratello maggiore. Ti vorrò sempre bene. Accompagnami ancora da lassù".

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Pawel Adamowicz



Pawel Bogdan Adamowicz
Nato il 2 Novembre 1965 a Danzica
Morto il 14 Gennaio 2018 a Danzica


E' stato un politico e avvocato polacco,
sindaco della città di Danzica fino al suo assassinio.
Adamowicz ha studiato giurisprudenza all'Università
di Danzica, dove è stato anche eminente membro del
movimento studentesco.
Fu uno degli organizzatori dello sciopero del 1988
e divenne il capo del comitato degli scioperi.
Tra il 1990 e il 1993, è stato vice-rettore della sua alma mater.

Nel 1990, Adamowicz è stato eletto membro del consiglio
comunale di Danzica e ha ricoperto questo incarico
fino al 1998, anno in cui è stato eletto sindaco di Danzica.
Il 10 novembre 2002 è stato rieletto e ha vinto il 72% dei voti.
Era stato rieletto per l'ultima volta come indipendente
con il 65% delle preferenze.

È stato insignito della Croce d'oro Pro Ecclesia et Pontifice
da papa Giovanni Paolo II e della Croce al Merito dal presidente
polacco Aleksander Kwasniewski.
Nel 2014 è diventato anche il destinatario della
Croce della libertà e solidarietà per onorare il suo contributo
all'opposizione democratica
in Polonia durante il periodo comunista.

Nel 2018, ha fornito il patrocinio onorario per
la 4a sfilata del Gay pride di Danzica,
a cui ha personalmente partecipato.

Il 13 gennaio 2019 è stato pugnalato sul palco dell'Orchestra
di beneficenza natalizia a Danzica e portato in ospedale
in condizioni critiche.
È morto per le ferite il giorno seguente.



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china46 ha scritto:

GAstone MoschIN

Gastone Moschin (San Giovanni Lupatoto, 8 giugno 1929) ? un attore italiano.

Nasce a San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona, l'8 giugno 1929. Negli anni cinquanta inizia la sua carriera come attore teatrale, facendo parte prima della Compagnia del Teatro Stabile di Genova e del Piccolo Teatro di Milano, poi collaborando con il Teatro Stabile di Torino (Zio Vanja, di #268;echov, 1977; I giganti della montagna, di Pirandello, 1979). Diretto da Mario Ferrero, ha interpretato, nel 1968, il ruolo di Lopachin dell'opera il Giardino dei Ciliegi di Anton Cechov.
Dal 1983, ha formato una propria compagnia, presentando tra l'altro: Sior Todero brontolon di Goldoni (1983), Uno sguardo dal ponte (1984) ed Erano tutti miei figli (1989) di Miller, Il gabbiano di #268;echov (1990).
1975).
Attore poliedrico e capace, inizia la sua attivit? cinematografica nel 1955 con La rivale, di Anton Giulio Majano.
La Commedia all'italiana [modifica | modifica sorgente]
Nel 1960 esordisce nella commedia all'italiana con il film Audace colpo dei soliti ignoti, ma il ruolo che lo far? emergere sar? quello del codardo Carmine Passante nel film Anni ruggenti del 1962. Di l? in avanti Moschin si dimostrer? una presenza assidua nelle commedie del nostro paese alternando ruoli da protagonista a ruoli da spalla di lusso. Nel 1963 ? un quarantenne deluso in La rimpatriata di Damiano Damiani e un camionista innamorato in La visita di Antonio Pietrangeli, nel 1965 centra un grande successo commerciale[1] e personale con il ruolo di Adolf nella commedia d'azione Sette uomini d'oro, film di culto che gener? un sequel (Il grande colpo dei sette uomini d'oro) e un paio di imitazioni/variazioni (Sette volte sette, Stanza 17-17 palazzo delle tasse, ufficio imposte) sempre con Moschin protagonista. Il 1966 ? l'anno di due importanti interpretazioni drammatiche, nell'l'autobiografico Le stagioni del nostro amore di Florestano Vancini e nel memorabile Signore & signori di Pietro Germi, che gli regala un Nastro d'argento come miglior attore non protagonista. Vengono poi nel 1968 l'avvocato guascone di Italian Secret Service e quello onnipotente e cinico del grottesco Sissignore di Ugo Tognazzi.
..scena dal film AMICI MIEI






Nascita: 8 giugno 1929, San Giovanni Lupatoto
Decesso: 4 settembre 2017, Terni
R.I.P mitico Gastone

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Inserito il - 26/02/2019 : 05:29:53  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Mark David Hollis (Londra, 4 gennaio 1955 – 25 febbraio 2019) è stato un cantante, musicista e compositore britannico, noto soprattutto per essere stato il frontman e principale autore della band Talk Talk. Si ritirò ufficialmente nel 1998.
È morto Mark Hollis, musicista e cantante dei Talk Talk
Aveva spopolato in tutto il mondo con "It's my life" e "Such a shame" per poi rivelarsi innovatore e sperimentatore: aveva 64 anni
Hollis era diventato noto in tutto il mondo dopo il grande successo del secondo disco dei Talk Talk (già il singolo “Talk Talk” del primo disco era stato molto popolare), nel 1984, che conteneva tra l’altro due canzoni rimaste celebri e in programmazione delle radio fino a oggi, “It’s my life” e “Such a shame”. La band si era formata a Londra nel 1981 ed era stata tra l’altro in tour con i Duran Duran.
I dischi successivi dei Talk Talk avevano preso una piega meno pop e con tratti più sperimentali e complessi, direzione in cui poi Hollis era andato ulteriormente con un disco da solo nel 1998. Il successo internazionale era molto calato, ma Hollis era stato riconsiderato da protagonista dell’elettropop anni Ottanta a sperimentatore geniale di un genere “neo progressive” visto poi come precursore del “post rock” e capace di influenzare molte band famose che sarebbero venute. Dopo quel disco Hollis si era ritirato dalla musica pubblica spiegando di non poterlo conciliare col suo desiderio di stare con la famiglia, e tra i critici musicali britannici la sua assenza veniva spesso ricordata.
https://youtu.be/i7OEvo-GjUg
Talk Talk - Such A Shame
R:I:P:


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R.I.P Mark Hollis


Dina & Dario
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dany61
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Keith Charles Flint (Braintree, 17 settembre 1969 – Great Dunmow, 4 marzo 2019)
è stato un cantante e ballerino inglese, cofondatore del gruppo musicale The Prodigy.
Flint nacque e crebbe nell'Essex, a Braintree, dove frequentò la Alec Hunter High School. In seguito frequentò la nota Boswells School of Performing Arts. Alla fine degli anni ottanta incontrò il DJ Liam Howlett ad un rave party ed espresse il suo apprezzamento per i suoi gusti musicali. Dopo aver ricevuto un mixtape dallo stesso, Keith, entusiasta, insistette sul fatto che avrebbero dovuto lavorare insieme ad un progetto musicale, insieme a Leeroy Thornhill, amico di Keith.
Nel 1990 iniziò così l'avventura artistica dei The Prodigy. Inizialmente Flint era uno dei due ballerini del gruppo, ma nel 1996 cominciò la sua carriera di cantante nel singolo Firestarter; il relativo videoclip mostrava il nuovo look punk di Flint. Nell'album Invaders Must Die (2009) Flint cantò in vari brani, tra cui i singoli Omen e Take Me to the Hospital. Nel 2012 ha collaborato con l'artista dubstep Caspa per il singolo War.
Flint ha partecipato a vari progetti, tra cui alcuni con i gruppi Flint e Clever Brains Fryin', ma solo un singolo (Aim4) con i Flint è stato pubblicato mentre l'album di debutto (Device #1) è stato cancellato prima della pubblicazione. Esistono poche copie promozionali di Device #1, che non contengono tutte le canzoni che avrebbero dovuto apparire nella versione finale.
Il 4 marzo 2019 Flint si è suicidato nel suo appartamento a Great Dunmow
https://youtu.be/xMVTKOoy1uk
The Prodigy - Omen (Official Video)

R:I:P:

The Prodigy - Omen (Official Video)

“La vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti” John Lennon
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dany61
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Keith Charles Flint (Braintree, 17 settembre 1969 – Great Dunmow, 4 marzo 2019)
è stato un cantante e ballerino inglese, cofondatore del gruppo musicale The Prodigy.
Flint nacque e crebbe nell'Essex, a Braintree, dove frequentò la Alec Hunter High School. In seguito frequentò la nota Boswells School of Performing Arts. Alla fine degli anni ottanta incontrò il DJ Liam Howlett ad un rave party ed espresse il suo apprezzamento per i suoi gusti musicali. Dopo aver ricevuto un mixtape dallo stesso, Keith, entusiasta, insistette sul fatto che avrebbero dovuto lavorare insieme ad un progetto musicale, insieme a Leeroy Thornhill, amico di Keith.
Nel 1990 iniziò così l'avventura artistica dei The Prodigy. Inizialmente Flint era uno dei due ballerini del gruppo, ma nel 1996 cominciò la sua carriera di cantante nel singolo Firestarter; il relativo videoclip mostrava il nuovo look punk di Flint. Nell'album Invaders Must Die (2009) Flint cantò in vari brani, tra cui i singoli Omen e Take Me to the Hospital. Nel 2012 ha collaborato con l'artista dubstep Caspa per il singolo War.
Flint ha partecipato a vari progetti, tra cui alcuni con i gruppi Flint e Clever Brains Fryin', ma solo un singolo (Aim4) con i Flint è stato pubblicato mentre l'album di debutto (Device #1) è stato cancellato prima della pubblicazione. Esistono poche copie promozionali di Device #1, che non contengono tutte le canzoni che avrebbero dovuto apparire nella versione finale.
Il 4 marzo 2019 Flint si è suicidato nel suo appartamento a Great Dunmow
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The Prodigy - Omen (Official Video)

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lampaDINA e lampaDario
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Keith Charles Flint



Keith Flinth aveva 49 anni.
si è suicidato durante il weekend
R.I.P Keith

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lampaDINA e lampaDario
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LUKE PERRY



Era stato l'indimenticabile Dylan McKay
di "Beverly Hills 902010":
purtroppo Luke Perry ci ha lasciati oggi, all'età di 52 anni.

L'attore si trovava in ospedale dallo scorso 27 febbraio,
dopo essere stato colpito da un ictus mentre si trovava
nella sua casa di Sherman Oaks, in California.
Comunicando la notizia del ricovero, il suo portavoce
aveva definito "grave" l'ictus.


Filmografia
Cinema

* L'ultimo viaggio (Terminal Bliss),
regia di Jordan Alan (1990)
* A letto in tre, regia di David Beaird (1991)
* Buffy - L'Ammazza Vampiri (Buffy the Vampire Slayer),
regia di Fran Rubel Kuzui (1992)
* 8 secondi di gloria (8 Seconds),
regia di John G. Avildsen (1994)
* Vacanze di Natale '95, regia di Neri Parenti (1995)
* Crocevia per l'inferno (Normal Life),
regia di John McNaughton (1996)
* Il quinto elemento (Le cinquième élément),
regia di Luc Besson (1997)
* Randagi (American Strays),
regia di Michael Covert (1997)
* Lifebreath, regia di P.J. Posner (1997)
* Partita col destino (The Florentine),
regia di Nick Stagliano (1998)
* Uragano (Storm), regia di Harris Done (1999)
* Impatto letale (The Heist), regia di Kurt Voß (1999)
* Attention Shoppers,
regia di Philip Charles MacKenzie (2000)
* The Enemy, regia di Tom Kinninmont (2001)
* Dirt, regia di Michael Covert, Tracy Fraim (2001)
* Fogbound, regia di Ate de Jong (2002)
* Down the Barrel (Luxury of Love),
regia di Diana Valentine (2003)
* Dishdogz, regia di Mikey Hilb (2006)
* Le avventure dei ragazzi vincenti
(The Sandlot 3),
regia di William Dear (2007)
* Alice una vita sottosopra (Alice Upside Down),
regia di Sandy Tung (2007)
* Äntligen midsommar!, regia di Ian McCrudden (2009)
* Upstairs, regia di Robert-Adrian Pejo (2009)
* Silent Venom, regia di Fred Olen Ray (2009)
* Sam Steele and the Junior Detective Agency,
regia di Tom Whitus (2009)
* Good Intentions, regia di Jim Issa (2010)
* The Final Storm, regia di Uwe Boll (2010)
* Redemption Road, regia di Mario Van Peebles (2010)
* Un'estate al ranch (Hanna's Gold),
regia di Joel Souza (2010)
* Flat Chested, regia di Kristyn Benedyk (2013) - cortometraggio
* Red Wing, regia di Will Wallace (2013)
* Scoot poliziotto a 4 zampe
(K-9 Adventures: A Christmas Tale),
regia di Benjamin Gourley (2013)
* A Fine Step, regia di Jonathan Meyers (2014)
* The Beat Beneath My Feet, regia di John Williams (2014)
* Scoot poliziotto a 4 zampe 2
(K-9 Adventures: Legend of the Lost Gold),
regia di Stephen Shimek (2014)
* Black Beauty, regia di Daniel Zirilli (2015)
* Dragon Warriors (Dudes and Dragons),
regia di Maclain Nelson, Stephen Shimek (2015)
* Race to Redemption, regia di Teddy Smith (2016)
* It's a Gawd!, regia di Gerald Brunskill (2017)


Televisione
* Voyagers! - serie TV, episodio 1x07 (1982)
- non accreditato
* Quando si ama - soap opera, 1 episodio (1988)
* Destini - soap opera, 10 episodi (1988-1989)
* Beverly Hills 90210 - serie TV, 199 episodi (1990-2000)
* Parker Lewis - serie TV, episodio 2x22 (1992)
* A casa con i Webber - film TV, regia di Brad Marlowe (1993)
* Spin City - serie TV, episodio 1x16 (1997)
* Riot - film TV, regia di Richard Di Lello,
* David C. Johnson, Alex Munoz, Galen Yuen (1997)
* Invasione letale (Invasion) - film TV,
regia di Armand Mastroianni (1997)
* Occhi indiscreti - film TV,
regia di Marc Bienstock (1998)
* Night Visions - serie TV, episodio 1x04 (2001)
* Mistero alle Bermuda (Triangle) - film TV,
regia di Lewis Teague (2001)
* Oz - serie TV, 10 episodi (2001-2002)
* La guerra di Johnson County - film TV,
regia di David S. Cass Sr. (2002)
* Jeremiah - serie TV, 35 episodi (2002-2004)
* Will & Grace - serie TV, episodio 7x17 (2005)
* Le cose che amo di te - serie TV,
episodi 3x17-3x23-3x24 (2005)
* The Descent - Al centro della terra - film TV,
regia di Terry Cunningham (2005)
* Supernova - film TV, regia di John Harrison (2005)
* Windfall - serie TV, 13 episodi (2006)
* John from Cincinnati - serie TV, 10 episodi (2007)
* La promessa di un pistolero - film TV,
regia di Armand Mastroianni (2008)
* Law & Order: Special Victims Unit - serie TV,
episodio 10x01 (2008)
* Criminal Minds - serie TV, episodio 4x03 (2008)
* La figlia della sposa - film TV,
regia di Leslie Hope (2008)
* L'ultima conquista - film TV,
regia di Terry Ingram (2009)
* The Storm - Catastrofe annunciata -
miniserie TV, parti 1-2 (2009)
* Leverage - Consulenze illegali - serie TV,
episodio 2x13 (2010)
* FCU: Fact Checkers Unit - serie TV, 8 episodi (2010)
* Goodnight for Justice - film TV,
regia di Jason Priestley (2011)
* Battle Scars: The Bud Moore Story - film TV,
regia di Kenan Harris-Holley, Rory Karpf (2011)
* Goodnight for Justice: Il valore di un uomo - film TV,
regia di Kristoffer Tabori (2012)
* Body of Proof - serie TV, 5 episodi (2012-2013)
* Goodnight for Justice: Regina di cuori - film TV,
regia di Martin Wood (2013)
* Aiutami Hope - serie TV, episodio 3x18 (2013)
* Community - serie TV, episodio 4x03 (2013)
- non accreditato
* Major Crimes - serie TV, episodio 3x08 (2014)
* Hot in Cleveland - serie TV, episodio 5x24 (2014)
* Welcome Home, regia di James Head (2015) - film TV
* Detective McLean - serie TV, 5 episodi (2015)
* Jesse Stone - Delitti irrisolti (Jesse Stone: Lost in Paradise),
regia di Robert Harmon (2015) - film TV
* Love in Paradise, regia di Sean McNamara (2016) - film TV
* Riverdale - serie TV (2017-2019)


Doppiatore
* I Simpson - serie TV, episodio 4x22 (1993)
* Biker Mice da Marte - serie TV, 6 episodi (1994-1995)
* Mortal Kombat: Defenders of the Realm
- serie TV, 13 episodi (1996)
* L'incredibile Hulk - serie TV, 10 episodi (1996-1997)
* The Night of the Headless Horseman - film TV,
regia di Shane Williams (1999)
* Pepper Ann - serie TV,
episodi 3x03-5x11-5x13 (1999-2000)
* I Griffin - serie TV, episodio 2x19 (2001)
* Clone High - serie TV, episodio 1x10 (2003)
* Biker Mice from Mars - serie TV, episodio 1x26 (2007)
* Generator Rex - serie TV, episodio 1x05 (2010)
* Pound Puppies - serie TV, episodio 1x12 (2011)


R.I.P Luke

Dina & Dario
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Enza
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“La vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti” John Lennon
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dany61
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Pino Caruso, all'anagrafe Giuseppe Caruso (Palermo, 12 ottobre 1934 – Roma, 7 marzo 2019), è stato un attore e scrittore italiano.
Biografia
Tra teatro e televisione
Inizia in Sicilia come attore drammatico, debuttando al Piccolo Teatro di Palermo il 16 marzo 1957 con un breve ruolo in Il giuoco delle parti di Luigi Pirandello. Un anno dopo, per il Teatro Massimo di Palermo, interpreta un ruolo recitante ne Il flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart. Nel 1963 è scritturato dal Teatro Stabile di Catania.
Nel 1965 si trasferisce a Roma e passa al cabaret Il Bagaglino (1965-1967). Nel 1967 sempre per il Bagaglino debutta al Teatro Nuovo di Milano con lo spettacolo Pane al Pino e Pino al Pino di Castellacci e Pingitore. Nel 1968 lo scrittura la RAI per la trasmissione di varietà Che domenica amici dove tiene una rubrica settimanale "Diario siculo". Per la televisione seguono Gli amici della domenica (1970), Teatro 10 (1971), e Dove sta Zazà di Castellacci, Pingitore e Falqui. Nel 1975 partecipa a Mazzabubù (Rai Uno), sempre di Castellacci e Pingitore, per la regia di Falqui. È tra i primi artisti a legittimare la lingua siciliana nella televisione italiana.
Nel 1977, sempre per la Rai, è protagonista di Caruso al cabaret, uno speciale a lui dedicato.
Nel 1979 è eletto segretario del SAI, il Sindacato Attori Italiani.
Nel 1979 è protagonista con Ornella Vanoni di Due come noi, testi di Guardì, Di Pisa, Falqui e dello stesso Caruso per la regia di Falqui. Viene eletto Segretario a titolo gratuito del sindacato attori italiani (SAI), col quale si impegna sulla questione dei finanziamenti pubblici e per la recitazione in "presa diretta".


Pino Caruso, terzo da sinistra, con Nanni Loy, Luigi Silori e Marilida Ferzetti in una foto scattata a Roma nel 1978
Durante la sua gestione nasce l'IMAIE.
Nel 1981 è protagonista insieme a Milva di Palcoscenico, regia di Antonello Falqui. Nel 1982 è protagonista e autore dei testi di Che si beve stasera? (Rai Due), per la regia di Paolo Poeti. Nel 1983 scrive e dirige per Rai Tre Lei è colpevole, si fidi (da un'idea di Vittorio Sindoni), un film satirico sul caso Enzo Tortora e sulla cattiva giustizia, interpretato oltre che dallo stesso Caruso, da Renzo Arbore, Oreste Lionello, Enrico Montesano, Gigi Proietti, e Luciano Salce, tutti nei panni di se stessi. Tra l'inizio degli anni settanta e l'inizio della seconda metà degli anni ottanta è stato ospite di varie trasmissioni televisive, tra le quali: Canzonissima (1971), Teatro 10 (1972), Portobello (1977), Fantastico (1984) e simili. Per più stagioni è stato ospite fisso di Domenica in, con Pippo Baudo (dal 1984 al 1986) e con Raffaella Carrà (stagione 1986-1987), e per quest'ultima partecipazione è stato premiato con il Premio Regia Televisiva.[2]
Nel frattempo continua l'impegno teatrale, interpretando Il don Giovanni involontario di Vitaliano Brancati per il Teatro Stabile di Catania, mentre dal 1970 fino agli anni novanta Caruso gira per varie stagioni l'Italia con due spettacoli che lo vedono anche autore dei testi, Conversazione di un uomo comune, e La questione settentrionale. Sempre in ambito teatrale, dirige I love you al Teatro dell'Orologio di Roma.
Dal 1988 al 1990 scrive e cura per il TG2 la rubrica televisiva di satira politica e di costume L'asterisco. Nel 1989 si dimette da segretario del SAI per tornare a tempo pieno al suo lavoro d'attore.[3] Lo stesso anno, al fianco di Gigi Proietti e Anna Carlucci, presenta la serata inaugurale del Festival di Venezia, di cui cura anche i collegamenti giornalieri con il TG2.[4]
Nel 1990 su Rai Due presenta assieme a Claudia Mori il programma musicale Dudu dudù.[5] Nella stagione 1995-1996 è conduttore per il circuito Cinquestelle della rubrica settimanale Il ballottaggio.[6]
Dal 1995 al 1997, su nomina del sindaco Leoluca Orlando, Caruso progetta e dirige Palermo di scena, manifestazione d'arte e spettacoli. In tale occasione Caruso rinnova il tradizionale Festino, manifestazione a ridosso delle celebrazioni liturgiche del giorno dopo, trasformandolo in rappresentazione teatrale, itinerante, a tutti gli effetti.[7] Nel 2001, il commissario straordinario Ettore Serio richiama Caruso a ripeterne l'esperienza.
Dal 1997 al 1999 è opinionista in Domani è un altro giorno di Alda D'Eusanio.
A partire dal 2002 è tra i protagonisti della fiction Carabinieri Canale 5 per due stagioni, interpretando il maresciallo Giuseppe Capello, uscendo di scena andando poi in pensione. Nel 2003 è protagonista del Tutto per bene di Luigi Pirandello e nel 2004 de Le Vespe di Aristofane, al Teatro Greco di Siracusa. Interpreta inoltre il mafioso nel film tv L'onore e il rispetto di Salvatore Samperi; il prete nel film La matassa di Ficarra e Picone e Giambattista Avellino.
Nel 2009 interpreta il monologo La voce dei vinti e, per il Teatro Stabile di Palermo, con la coproduzione del Teatro Stabile di Catania, interpreta, curandone anche la regia, il monologo spettacolo Mi chiamo Antonio Calderone, di Dacia Maraini, tratto dal libro di Pino Arlacchi Gli uomini del disonore. Nel 2010 Pino Caruso è il protagonista de Il berretto a sonagli (regia G. Dipasquale) ottenendo grande successo di pubblico e di critica.
La scrittura
Pino Caruso a partire dal 1969 ha scritto numerosi libri, spaziando tra vari generi. Si segnalano, in particolare la raccolta di poesie Il silenzio dell'ultima notte (editore Flaccovio), e la raccolta di aforismi, storie e ragionamenti Appartengo a una generazione che deve ancora nascere, edito da Rai-Eri-mondadori- già alla seconda ristampa dopo il successo della prima.
Il suo libro L'uomo comune (editore Marsilio) ha vinto la Palma d'oro al Salone Internazionale del Libro di Bordighera. Nel 2017 escono "Se si scopre che sono onesto, nessuno si fiderà più di me" e "Il senso dell'umorismo è l'espressione più alta della serietà" (Alpes editore). Raccolte di "Aforismi, riflessioni, storie, persone, personaggi e ragionamenti sullo stato attuale del mondo".
Del Caruso scrittore, e del suo "L'uomo comune", Indro Montanelli ebbe a dire:[11]
«Pino Caruso, tra ammicchi felpati e improvvisi guizzi d' intelligenza, distilla il suo io più vero, ossia un'ulteriore maschera teatrale: quella dello scrittore che si compiace di paradossi, veloci calembours intrisi d' irridente e aerea follia»
Ed Enzo Biagi sullo stesso libro annotava:
"Scritto in un italiano sobrio ed elegante, questo libro è un piccolo capolavoro della letteratura italiana del Novecento."
A partire dal 1976 Caruso ha inoltre collaborato periodicamente a giornali e riviste, tenendo delle rubriche fisse tra gli altri per i quotidiani Il Mattino, Il Messaggero, Paese Sera, L'Avanti, L'Unità e La Sicilia.[12]
Il cinema
Sia per il grande che per il piccolo schermo ha all'attivo circa 30 film, dei quali tre di produzione francese.
Fa il suo esordio sul grande schermo nel 1968 con il musicarello La più bella coppia del mondo, e salvo poche eccezioni, pur avendo spesso ruoli di rilievo è di rado protagonista assoluto.
Sue interpretazioni più significative probabilmente il don Cirillo di Malizia, l'ironico commissario De Palma di La donna della domenica, e un umanissimo sacerdote in La matassa di Ficarra e Picone.
Nel 1977 dirige se stesso nel film Ride bene chi ride ultimo, nell'episodio Sedotto e violentato.
Saltuariamente è stato anche doppiatore.
Vita privata[modifica
Caruso è stato sposato con l'attrice teatrale Marilisa Ferzetti, dalla quale ha avuto il figlio Francesco Caruso Cardelli. Si è da sempre dichiarato un convinto vegetariano.[13][14][15] Era un tifoso del Palermo.
È morto il 7 marzo 2019 a 84 anni nella sua casa di Roma dopo una lunga malattia.


R:I:P:

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Ciao grande Pino



R.I.P

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E'morta all'età di 91 anni W.S. Merwin, poetessa, autrice di oltre 20 libri, vincitrice del premio Pulitzer. Evolutasi attraverso una vasta gamma di stili, Merwin ha celebrato la natura e condannato la guerra e l'industrialismo. Nella sua lunga carriera è passata dalle prime opere ispirate a miti e leggende fino alle proteste infuocate contro la distruzione dell'ambiente.

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William Stanley Merwin
William Stanley Merwin (New York City, 30 settembre 1927) è un poeta statunitense, autore di oltre trenta libri di poesia, traduzioni e prosa.

Indice
1
Gli anni della giovinezza
2
Carriera
3
Premi
3.1
Altri riconoscimenti
4
Opere
5
Archivio
6
Note
7
Altri progetti
8
Collegamenti esterni
Nel corso degli anni 1960, Mervin, sostenitore del movimento contro la guerra, si distingueva per lo stile delle sue narrazioni caratterizzate con maestria unica dall'uso del discorso indiretto e assenza di punteggiatura. Negli anni 1980 e 1990, la scrittura di Mervin era influenzata dal suo interesse per la filosofia buddista e per l'ecologia profonda. Residente alle Hawaii, scrive molto e si dedica al risanamento delle foreste pluviali delle isole Hawaii.[1]
Merwin ha ricevuto molti riconoscimenti, tra cui il Premio Pulitzer per la poesia (nel 1971 e nel 2009), il Tanning Prize, uno dei più alti onori conferiti dall'Academy of American Poets e la Golden Wreath della Struga Poetry Evenings. Nel giugno 2010, la Library of Congress nominò Merwin diciassettesimo Poeta Laureato degli Stati Uniti, successore di Kay Ryan.[2][3]
Gli anni della giovinezza[modifica | modifica wikitesto]
W. S. Merwin è nato a New York il 30 settembre 1927. È cresciuto all'angolo tra Fourth Street e New York Avenue a Union City, nel New Jersey, fino al 1936, quando la sua famiglia si trasferì a Scranton, in Pennsylvania. I suoi genitori non avevano avuto una vita felice: oltre alla povertà la madre di Merwin era cresciuta orfana, e poi perse il fratello e il suo primo figlio, mentre l'ambiente paterno era duro e violento.[4] Da bambino, era innamorato del mondo naturale, a volte trovandosi a parlare con il grande albero nel giardino dietro la casa. Era anche affascinato per le cose che vedeva collegate con il passato, come la costruzione dietro la sua casa, che un tempo era stata una stalla e che ospitava un cavallo e una carrozza.[5] All'età di cinque anni cominciò a scrivere inni per suo padre, ministro presbiteriano.[3][4]
Dopo aver frequentato la Wyoming Seminary College Preparatory School nel nord-est della Pennsylvania, Merwin vinse una borsa di studio per frequentare l'Università di Princeton, dove studiò con Richard Palmer Blackmur e subì l'influenza di John Berryman.[1]
Carriera[modifica | modifica wikitesto]
Dopo il college, Merwin sposò Dorothy Jeanne Ferry e si trasferì a Maiorca come insegnante privato del figlio di Robert Graves. Qui incontrò Dido Milroy - che aveva quindici anni - con cui collaborò in una rappresentazione e poi sposò e con cui visse a Londra.
Nel 1956, Merwin ritornò negli Stati Uniti, a Boston, per una borsa di studio al Poets' Theater. Tornò a Londra dove divenne amico di Sylvia Plath e di Ted Hughes. Nel 1968 andò ad abitare a New York City, separandosi dalla moglie che restò nella loro casa in Francia. Nel 1976 si trasferì alle Hawaii e divorziò da Dido Milroy nel 1982. Lì si era convertito al buddismo avendo come maestro Robert Baker Aitken che sull'isola di Maui aveva realizzato un Zen-d#333;, un luogo di meditazione buddista.[4] Nel 1970 aveva conosciuto Paula Schwartz, che si occupava di libri per bambini, e nel 1983 la sposò con rito buddista.[1][6] Non hanno figli ma Paula ne aveva già due John Burnham Schwartz, romanziere[7], e Matt Schwartz.[1]
Nel 1952 il suo primo libro di poesie, A Mask for Janus, venne pubblicato nella Yale Younger Poets Series. La scelta della sua opera fu di W. H. Auden. In seguito, nel 1971, Auden e Merwin si scambieranno parole dure nella pagine del The New York Review of Books . Merwin aveva pubblicato l'articolo On Being Awarded the Pulitzer Prize nel numero del 3 giugno 1971 del The New York Review of Books delineando le sue obiezioni alla guerra del Vietnam e affermando che stava donando il suo premio in denaro al movimento degli obiettori alla guerra, scelta che non piacque ad Auden.
Dal 1956 al 1957 Merwin fu anche drammaturgo presso il Poet's Theatre di Cambridge, nel Massachusetts, divenne redattore per la poesia al settimanale The Nation nel 1962. Oltre ad essere un prolifico poeta (ha pubblicato oltre quindici volumi delle sue opere), è anche un traduttore apprezzato di spagnolo, francese, latino e poesia italiana (tra cui il Purgatorio di Dante), così come poesia da sanscrito, yiddish, medio inglese, giapponese e lingua quechua. Ha lavorato anche come selezionatore di poesie del defunto poeta statunitense Craig Arnold (1967-2009).
Merwin è probabilmente più conosciuto per le sue poesie sulla guerra del Vietnam e può essere compreso tra i poeti dell'era Vietnam che include maestri come Robert Bly, Adrienne Rich, Denise Levertov, Robert Lowell, Allen Ginsberg e Yusef Komunyakaa. Nel 1998, Merwin scrisse Folding Cliffs: A Narrative, un ambizioso romanzo in versi sulle Hawaii nella storia e nella leggenda.
I primi soggetti di Merwin erano spesso legati a temi mitologici o leggendari, mentre molte delle poesie raccontano anche di animali, trattati come emblemi alla maniera di William Blake. Il volume The Drunk in the Furnace (1960) ha segnato un cambiamento per Merwin, nel senso che ha iniziato a scrivere in un modo molto più autobiografico. La poesia del titolo riguarda Orfeo, visto come un vecchio ubriacone. "Where he gets his spirits / it's a mystery", scrive Merwin, "But the stuff keeps him musical".[9] Un'altra potente poesia di questo periodo è Odysseus, che rielabora il tema tradizionale, in modo competitivo con le poesie di Stevens e Graves sullo stesso argomento.
Nel 1960, Merwin viveva in un piccolo appartamento a New York, nel Greenwich Village.[5] Iniziò a sperimentare coraggiosamente con una metrica irregolare. Le sue poesie sono diventate molto meno ordinate e controllate. Ha giocato con le forme della narrazione indiretta tipica di questo periodo, una sperimentazione consapevole spiegata in un saggio intitolato 'On Form Open' (1969). The Lice (1967) e The Carrier of Ladders (1970) rimangono i suoi più influenti volumi. Queste poesie spesso usano soggetti leggendari, come The Hydra o The Judgment of Paris (Il giudizio di Paride), per approfondire temi molto personali.
Negli ultimi volumi, come The Compass Flower (1977), Opening the Hand (1983) e The Rain in the Trees (1988), Merwin trasforma vecchi temi in nuovi modi, in qualcosa di simile allo Zen. Le sue ultime poesie sono densamente immaginifiche, oniriche e piene di apprezzamenti per il mondo naturale.
Ha vissuto alle Hawaii dal 1970, e si vede l'influenza di questo paesaggio tropicale ovunque nelle poesie recenti, anche se il paesaggio resta emblematico e personale. Migration (Copper Canyon Press, 2005) ha vinto il National Book Award for poetry del 2005. All'amico di lunga data, James Wright, un'elegia di Merwin compare nel volume del 2008 From the Other World: Poems in Memory of James Wright .
Merwin vive serenamente in una ex piantagione di ananas di diciotto acri, in cima al vulcano spento Haleakala, sulla costa nord-est dell'isola di Maui.

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dany61 ha scritto:


E'morta all'età di 91 anni W.S. Merwin, poetessa, autrice di oltre 20 libri, vincitrice del premio Pulitzer. Evolutasi attraverso una vasta gamma di stili, Merwin ha celebrato la natura e condannato la guerra e l'industrialismo. Nella sua lunga carriera è passata dalle prime opere ispirate a miti e leggende fino alle proteste infuocate contro la distruzione dell'ambiente.

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William Stanley Merwin
William Stanley Merwin (New York City, 30 settembre 1927) è un poeta statunitense, autore di oltre trenta libri di poesia, traduzioni e prosa.

Indice
1
Gli anni della giovinezza
2
Carriera
3
Premi
3.1
Altri riconoscimenti
4
Opere
5
Archivio
6
Note
7
Altri progetti
8
Collegamenti esterni
Nel corso degli anni 1960, Mervin, sostenitore del movimento contro la guerra, si distingueva per lo stile delle sue narrazioni caratterizzate con maestria unica dall'uso del discorso indiretto e assenza di punteggiatura. Negli anni 1980 e 1990, la scrittura di Mervin era influenzata dal suo interesse per la filosofia buddista e per l'ecologia profonda. Residente alle Hawaii, scrive molto e si dedica al risanamento delle foreste pluviali delle isole Hawaii.[1]
Merwin ha ricevuto molti riconoscimenti, tra cui il Premio Pulitzer per la poesia (nel 1971 e nel 2009), il Tanning Prize, uno dei più alti onori conferiti dall'Academy of American Poets e la Golden Wreath della Struga Poetry Evenings. Nel giugno 2010, la Library of Congress nominò Merwin diciassettesimo Poeta Laureato degli Stati Uniti, successore di Kay Ryan.[2][3]
Gli anni della giovinezza[modifica | modifica wikitesto]
W. S. Merwin è nato a New York il 30 settembre 1927. È cresciuto all'angolo tra Fourth Street e New York Avenue a Union City, nel New Jersey, fino al 1936, quando la sua famiglia si trasferì a Scranton, in Pennsylvania. I suoi genitori non avevano avuto una vita felice: oltre alla povertà la madre di Merwin era cresciuta orfana, e poi perse il fratello e il suo primo figlio, mentre l'ambiente paterno era duro e violento.[4] Da bambino, era innamorato del mondo naturale, a volte trovandosi a parlare con il grande albero nel giardino dietro la casa. Era anche affascinato per le cose che vedeva collegate con il passato, come la costruzione dietro la sua casa, che un tempo era stata una stalla e che ospitava un cavallo e una carrozza.[5] All'età di cinque anni cominciò a scrivere inni per suo padre, ministro presbiteriano.[3][4]
Dopo aver frequentato la Wyoming Seminary College Preparatory School nel nord-est della Pennsylvania, Merwin vinse una borsa di studio per frequentare l'Università di Princeton, dove studiò con Richard Palmer Blackmur e subì l'influenza di John Berryman.[1]
Carriera[modifica | modifica wikitesto]
Dopo il college, Merwin sposò Dorothy Jeanne Ferry e si trasferì a Maiorca come insegnante privato del figlio di Robert Graves. Qui incontrò Dido Milroy - che aveva quindici anni - con cui collaborò in una rappresentazione e poi sposò e con cui visse a Londra.
Nel 1956, Merwin ritornò negli Stati Uniti, a Boston, per una borsa di studio al Poets' Theater. Tornò a Londra dove divenne amico di Sylvia Plath e di Ted Hughes. Nel 1968 andò ad abitare a New York City, separandosi dalla moglie che restò nella loro casa in Francia. Nel 1976 si trasferì alle Hawaii e divorziò da Dido Milroy nel 1982. Lì si era convertito al buddismo avendo come maestro Robert Baker Aitken che sull'isola di Maui aveva realizzato un Zen-d#333;, un luogo di meditazione buddista.[4] Nel 1970 aveva conosciuto Paula Schwartz, che si occupava di libri per bambini, e nel 1983 la sposò con rito buddista.[1][6] Non hanno figli ma Paula ne aveva già due John Burnham Schwartz, romanziere[7], e Matt Schwartz.[1]
Nel 1952 il suo primo libro di poesie, A Mask for Janus, venne pubblicato nella Yale Younger Poets Series. La scelta della sua opera fu di W. H. Auden. In seguito, nel 1971, Auden e Merwin si scambieranno parole dure nella pagine del The New York Review of Books . Merwin aveva pubblicato l'articolo On Being Awarded the Pulitzer Prize nel numero del 3 giugno 1971 del The New York Review of Books delineando le sue obiezioni alla guerra del Vietnam e affermando che stava donando il suo premio in denaro al movimento degli obiettori alla guerra, scelta che non piacque ad Auden.
Dal 1956 al 1957 Merwin fu anche drammaturgo presso il Poet's Theatre di Cambridge, nel Massachusetts, divenne redattore per la poesia al settimanale The Nation nel 1962. Oltre ad essere un prolifico poeta (ha pubblicato oltre quindici volumi delle sue opere), è anche un traduttore apprezzato di spagnolo, francese, latino e poesia italiana (tra cui il Purgatorio di Dante), così come poesia da sanscrito, yiddish, medio inglese, giapponese e lingua quechua. Ha lavorato anche come selezionatore di poesie del defunto poeta statunitense Craig Arnold (1967-2009).
Merwin è probabilmente più conosciuto per le sue poesie sulla guerra del Vietnam e può essere compreso tra i poeti dell'era Vietnam che include maestri come Robert Bly, Adrienne Rich, Denise Levertov, Robert Lowell, Allen Ginsberg e Yusef Komunyakaa. Nel 1998, Merwin scrisse Folding Cliffs: A Narrative, un ambizioso romanzo in versi sulle Hawaii nella storia e nella leggenda.
I primi soggetti di Merwin erano spesso legati a temi mitologici o leggendari, mentre molte delle poesie raccontano anche di animali, trattati come emblemi alla maniera di William Blake. Il volume The Drunk in the Furnace (1960) ha segnato un cambiamento per Merwin, nel senso che ha iniziato a scrivere in un modo molto più autobiografico. La poesia del titolo riguarda Orfeo, visto come un vecchio ubriacone. "Where he gets his spirits / it's a mystery", scrive Merwin, "But the stuff keeps him musical".[9] Un'altra potente poesia di questo periodo è Odysseus, che rielabora il tema tradizionale, in modo competitivo con le poesie di Stevens e Graves sullo stesso argomento.
Nel 1960, Merwin viveva in un piccolo appartamento a New York, nel Greenwich Village.[5] Iniziò a sperimentare coraggiosamente con una metrica irregolare. Le sue poesie sono diventate molto meno ordinate e controllate. Ha giocato con le forme della narrazione indiretta tipica di questo periodo, una sperimentazione consapevole spiegata in un saggio intitolato 'On Form Open' (1969). The Lice (1967) e The Carrier of Ladders (1970) rimangono i suoi più influenti volumi. Queste poesie spesso usano soggetti leggendari, come The Hydra o The Judgment of Paris (Il giudizio di Paride), per approfondire temi molto personali.
Negli ultimi volumi, come The Compass Flower (1977), Opening the Hand (1983) e The Rain in the Trees (1988), Merwin trasforma vecchi temi in nuovi modi, in qualcosa di simile allo Zen. Le sue ultime poesie sono densamente immaginifiche, oniriche e piene di apprezzamenti per il mondo naturale.
Ha vissuto alle Hawaii dal 1970, e si vede l'influenza di questo paesaggio tropicale ovunque nelle poesie recenti, anche se il paesaggio resta emblematico e personale. Migration (Copper Canyon Press, 2005) ha vinto il National Book Award for poetry del 2005. All'amico di lunga data, James Wright, un'elegia di Merwin compare nel volume del 2008 From the Other World: Poems in Memory of James Wright .
Merwin vive serenamente in una ex piantagione di ananas di diciotto acri, in cima al vulcano spento Haleakala, sulla costa nord-est dell'isola di Maui.

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È morto Mario Marenco, mr. Ramengo dell'Altra domenica
Mario Marenco (Foggia, 9 settembre 1933 – 17 marzo 2019) è stato un attore, designer, architetto e umorista italiano. Ha creato e interpretato personaggi come il colonnello Buttiglione, la Sgarambona, Riccardino, l'astronauta spagnolo Raimundo Navarro, il dottor Anemo Carlone, il professor Aristogitone, Verzo, Ida Lo Nigro, il poeta Marius Marenco e molti altri. È stato autore e protagonista di vari programmi televisivi, spesso in compagnia di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni.
Si è laureato in architettura nel 1957, a Napoli, ottenendo poi borse di ricerca a Stoccolma e Chicago. Nel 1960 ha aperto il proprio atelier di architettura e design: lo Studio DEGW, con sede a Roma. Ha collaborato con le più importanti case automobilistiche italiane per la realizzazione dei loro stand espositivi.

Prima del debutto in televisione nel 1972 con Cochi e Renato e Enzo Jannacci nel programma Il buono e il cattivo, ha raggiunto il successo nel 1970 con il programma radiofonico Alto gradimento scritto con Giorgio Bracardi e condotto dagli stessi Arbore e Boncompagni. È stato Mr Ramengo ne L'altra domenica, strampalato inviato che dopo ogni reportage urlava "Carmine!". È stato protagonista dei programmi Odeon e L'uovo e il cubo. Negli anni ottanta ha partecipato a diverse trasmissioni televisive, tra cui Sotto le stelle (di Magalli, Minellono, Marenco e Boncompagni) dove si è prodotto nel Prof. Aristogitone e in diversi altri sketch, e Indietro tutta! dove ha interpretato il personaggio del bambino Riccardino.

Sporadicamente è stato attore per il cinema, portando le sue macchiette sul grande schermo, ma è stato altresì diretto da Dino Risi in un paio di lavori televisivi. È autore di libri umoristici editi da Rizzoli, tra cui Lo scarafo nella brodazza, Dal nostro inviato speciale, Los putanados, Stupefax e Il cuaderno delle poesie.

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china46 ha scritto:

MArio MarENco (Foggia, 9 settembre 1933) è un attore, umorista, architetto e designer italiano. Ha creato e interpretato personaggi come il colonnello Buttiglione, la Sgarambona, l'astronauta spagnolo Raimundo Navarro, il dottor Anemo Carlone, il professor Aristogitone, Verzo, Ida Lo Nigro, il poeta Marius Marenco e molti altri. È stato autore e protagonista di vari programmi televisivi, spesso in compagnia di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni.

Dopo aver debuttato in televisione con Cochi e Renato e Enzo Jannacci nel programma Il buono e il cattivo, raggiunse il successo nel 1970 con il programma radiofonico Alto gradimento scritto con Giorgio Bracardi e condotto dagli stessi Arbore e Boncompagni. È Mr Ramengo ne L'altra domenica, strampalato inviato che, successivamente al reportage urla "Carmine!". È protagonista dei programmi Odeon e L'uovo e il cubo. Negli anni ottanta ha partecipato a diverse trasmissioni televisive, tra cui Sotto le stelle (di Magalli, Minellono, Marenco e Boncompagni) dove si è prodotto nel Prof. Aristogitone e in diversi altri sketch e Indietro tutta! dove interpretò il personaggio di Riccardino.
Sporadicamente è stato attore per il cinema, portando le sue macchiette sul grande schermo, ma è stato altresì diretto da Dino Risi in un paio di lavori televisivi.
È autore di libri umoristici editi da Rizzoli, tra cui Lo scarafo nella brodazza, Dal nostro inviato speciale, Los putanados, Stupefax e Il quaderno delle poesie.



Arbore-Marenco e Boncompagni...ALTO GRADIMENTO




addio all'indimenticabile
Riccardino di "Indietro Tutta"

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Cesare Cadeo (Milano, 2 luglio 1946 – Milano, 4 aprile 2019) è stato un giornalista e conduttore televisivo italiano.
Iniziò a lavorare a Canale 5 nel 1981, come inviato e consulente aziendale, apparendo poi dall'anno successivo in Gol, programma calcistico condotto da Enzo Bearzot, e Superflash, al fianco di Mike Bongiorno. Nel 1983 condusse con Sandra Mondaini Five album, sorta di riepilogo della stagione televisiva 1982-1983 di Canale 5. In quel periodo fu anche commentatore di molti programmi ed avvenimenti sportivi, realizzando come inviato una serie di servizi speciali per il programma Buongiorno Italia.La sua carriera televisiva è stata legata in modo particolare alle reti Mediaset. Il volto noto della tv, definito il «gentiluomo del piccolo schermo», è stato un emblema della televisione degli anni ’80.

Nel 1984 debuttò come conduttore delle trasmissioni sportive Record, Super Record e Super Record Sport, in onda su Canale 5, continuando a collaborare nei programmi di Mike Bongiorno Superflash e Pentatlon. La sua esperienza come giornalista in ambito sportivo proseguì per i programmi Un anno di sport, Cadillac ed alcune rubriche sportive per Buongiorno Italia e Studio 5. Sempre in questo ambito, dal 1989 al 1992 condusse la trasmissione di seconda serata di Italia 1 Calciomania, affiancato da Paola Perego e Maurizio Mosca.[1]

Dal 1994 presentò su Rete 4 Buona giornata insieme a Patrizia Rossetti, nonché numerose telepromozioni e televendite. Nel 1995 fu ospite fisso della trasmissione di Italia 1 Mai dire Gol, in qualità di un surreale inviato da una finta edicola in collegamento con la Gialappa's Band. Nel 1998 condusse su Canale 5 la trasmissione Fantasia , che era un quiz con protagonisti i bambini. Nel 2001 presentò la trasmissione di cucina Mezzogiorno di cuoco, con Lorenzo Battistello; nello stesso periodo collaborò con la redazione del TG5.

Passò poi alla Rai. Nella primavera del 2007 condusse il reality show di Rai 2 La sposa perfetta (insieme a Roberta Lanfranchi), e il programma Furore.

Nel 2008 fu ospite di Beppe Braida nel concorso di bellezza Miss Muretto. È morto il 4 aprile 2019.

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Addio a Cesare un vero gentiluomo
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Michael Wolf (Monaco di Baviera, 1954 – Cheung Chau, 24 aprile 2019) è stato un fotografo tedesco. Visse e lavorò ad Hong Kong.
Wolf crebbe tra Canada e Stati Uniti, frequentando prima la UC Berkley e successivamente l'Università delle Arti Folkwang ad Essen dove ebbe come professore il fotografo Otto Steinert. Nel 1994 si trasferì ad Hong Kong, dove lavorò otto anni come fotografo per Stern Magazine. Dal 2001 si concentrò su progetti personali, che avrebbero poi sfornato numerosi libri.[1]
Nel 2002 pubblicò Sitting in China, una collezione di scatti contenenti diversi tipi di sedie in cui l'autore si era imbattuto nel territorio cinese. Gli oggetti in questione sono fabbricati a mano, talvolta con oggetti di fortuna. A Wolf interessava l'aspetto "artigianale" in contrasto con la produzione di massa.
In The Transparent City (2008), l'artista tedesco affrontò le tematiche del voyeurismo e della privacy. Fotografando i grattacieli di Chicago, Wolf si rese conto di essere in grado di vedere cosa stava succedendo nei vari piani grazie alle grandi finestre in vetro. Realizzò in tal modo immagini estremamente ingrandite delle finestre di uffici e abitazioni.[2]
Nel 2009 venne pubblicata la raccolta Hong Kong Inside Outside, divisa in due volumi. Il primo ritrae l'esterno dei palazzi di Hong Kong, spesso fotografati con l'intento di creare un senso di claustrofobia. Il secondo rivela l'interno delle abitazioni, dove si scopre una vita ordinaria in contrapposizione con il paesaggio urbano.[3]
La serie più nota del fotografo tedesco fu Tokyo Compression (2010-2013). Le foto, pubblicate in tre diverse edizioni, si concentravano sul sovraffollamento della rete metropolitana di Tokyo. Wolf fotografava i pendolari di ogni giorno, catturandoli spesso con i volti schiacciati sul finestrino o con espressioni sofferenti.
Il suo lavoro più recente, Street View, mostrava immagini prese da Google Street View. Ancora una volta l'artista esplorò il tema della privacy, facendo screenshot di scene di violenza, di coppie intente a baciarsi e di persone che alzano il dito medio davanti alla telecamera.[4]
Michael Wolf vinse il World Press Photo nel 2005 e nel 2010.[5] Le sue opere fanno parte delle collezioni permanenti del Metropolitan Museum of Art di New York, del Museum of Contemporary Photography di Chicago, del Brooklyn Museum di New York e di altre istituzioni museali.[6]
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dany61 ha scritto:


Michael Wolf (Monaco di Baviera, 1954 – Cheung Chau, 24 aprile 2019) è stato un fotografo tedesco. Visse e lavorò ad Hong Kong.
Wolf crebbe tra Canada e Stati Uniti, frequentando prima la UC Berkley e successivamente l'Università delle Arti Folkwang ad Essen dove ebbe come professore il fotografo Otto Steinert. Nel 1994 si trasferì ad Hong Kong, dove lavorò otto anni come fotografo per Stern Magazine. Dal 2001 si concentrò su progetti personali, che avrebbero poi sfornato numerosi libri.[1]
Nel 2002 pubblicò Sitting in China, una collezione di scatti contenenti diversi tipi di sedie in cui l'autore si era imbattuto nel territorio cinese. Gli oggetti in questione sono fabbricati a mano, talvolta con oggetti di fortuna. A Wolf interessava l'aspetto "artigianale" in contrasto con la produzione di massa.
In The Transparent City (2008), l'artista tedesco affrontò le tematiche del voyeurismo e della privacy. Fotografando i grattacieli di Chicago, Wolf si rese conto di essere in grado di vedere cosa stava succedendo nei vari piani grazie alle grandi finestre in vetro. Realizzò in tal modo immagini estremamente ingrandite delle finestre di uffici e abitazioni.[2]
Nel 2009 venne pubblicata la raccolta Hong Kong Inside Outside, divisa in due volumi. Il primo ritrae l'esterno dei palazzi di Hong Kong, spesso fotografati con l'intento di creare un senso di claustrofobia. Il secondo rivela l'interno delle abitazioni, dove si scopre una vita ordinaria in contrapposizione con il paesaggio urbano.[3]
La serie più nota del fotografo tedesco fu Tokyo Compression (2010-2013). Le foto, pubblicate in tre diverse edizioni, si concentravano sul sovraffollamento della rete metropolitana di Tokyo. Wolf fotografava i pendolari di ogni giorno, catturandoli spesso con i volti schiacciati sul finestrino o con espressioni sofferenti.
Il suo lavoro più recente, Street View, mostrava immagini prese da Google Street View. Ancora una volta l'artista esplorò il tema della privacy, facendo screenshot di scene di violenza, di coppie intente a baciarsi e di persone che alzano il dito medio davanti alla telecamera.[4]
Michael Wolf vinse il World Press Photo nel 2005 e nel 2010.[5] Le sue opere fanno parte delle collezioni permanenti del Metropolitan Museum of Art di New York, del Museum of Contemporary Photography di Chicago, del Brooklyn Museum di New York e di altre istituzioni museali.[6]
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Addio Michael Wolf fotografo di mega-città
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Doris Day nel film Merletto di mezzanotte (1960)
Doris Day, nome d'arte di Doris Mary Anne Kappelhoff (Cincinnati, 3 aprile 1922 – Carmel-by-the-Sea, 13 maggio 2019), è stata un'attrice e cantante statunitense.
Raggiunse il successo radiofonico e discografico negli anni quaranta come cantante di Big Band, successivamente come attrice cinematografica e poi ancora nei tardi anni sessanta e anche oltre come personaggio televisivo, sempre con un largo seguito di pubblico. Nota abbastanza presto come la tipica "fidanzata d'America", con la sua immagine di bionda vivace, intraprendente ed esuberante, e con la sua abilità nella recitazione, nel canto e nella danza, è stata tra le attrici di maggiore successo degli anni cinquanta e sessanta, a suo agio sia nel genere drammatico sia in quello, largamente sfuttato dai produttori, della commedia e sempre accanto ad importanti attori.
Con all'attivo 39 film e oltre 75 ore di programmi televisivi, in aggiunta alla registrazione di più di 650 canzoni, la carriera di Doris Day è stata impreziosita anche da una nomina al premio Oscar, e dalla vittoria di un Golden Globe e di un Grammy Award. Da sempre convinta di essere nata nell'anno 1924, soltanto in occasione del suo compleanno del 2017 ha scoperto di essere in realtà nata nel 1922.
Gli inizi[modifica | modifica wikitesto]
Doris Day nacque a Evanston, sobborgo di Cincinnati (Ohio), terzogenita di Alma Sophia Welz, casalinga, e William (Wilhelm) Kappelhoff, insegnante di musica e maestro del coro. I genitori erano entrambi figli di immigrati tedeschi.[1] La coppia, che aveva già avuto due figli (Richard, morto prematuramente, e Paul), battezzò la bambina Doris in ricordo di Doris Kenyon, un'attrice del cinema muto, di cui Alma era una grande ammiratrice[2]. I genitori divorziano per l'infedeltà del padre: la Day ha affermato che alcuni rapporti adulterini ebbero luogo nella stessa casa di famiglia[3].
All'età di 12 anni, dopo la separazione dei genitori, Doris iniziò a prendere lezioni di danza e a esibirsi in manifestazioni amatoriali in coppia con un giovanissimo ballerino di tip-tap, Jerry Doherty. Dopo un breve e sfortunato trasferimento in California, il 13 ottobre 1937 rimase seriamente ferita alla gamba destra in un grave incidente stradale, che pose termine alla prospettiva di una carriera da ballerina professionista[4].
Il successo musicale[modifica | modifica wikitesto]


Doris Day a bordo della U.S.S. Juneau (1952)
Durante la convalescenza, Doris iniziò a prendere lezioni di canto e a esibirsi nelle radio locali. Nel periodo tra il 1939 e il 1940 fu ingaggiata nell'orchestra di Barney Rapp, che prese spunto dalla canzone Day by Day, cantata spesso da Doris, per suggerirle il definitivo nome d'arte di Doris Day, in sostituzione del cognome Kappelhoff, da lui ritenuto troppo lungo e non adatto dal punto di vista pubblicitario.[3]
Dopo aver lavorato con Rapp, Doris collaborò con altre orchestre, tra le quali quelle di Jimmy James,[5] di Bob Crosby e di Les Brown. Durante il suo periodo nell'orchestra di Brown, la cantante interpretò il suo primo hit, Sentimental Journey: uscito nei primi mesi del 1945, raggiunse la prima posizione negli Stati Uniti nella Billboard Hot 100 per 9 settimane e vinse il Grammy Hall of Fame 1998.
Il brano diventò presto simbolico per le truppe americane, un inno alla smobilitazione e al desiderio di fare ritorno a casa dopo la seconda guerra mondiale. La canzone è ancora associata a Doris Day, che la registrò più volte in diverse occasioni e la incluse nel suo special televisivo del 1971.[6]
Tra il 1945 e il 1946 Doris, come vocalista della Les Brown Band, ebbe 5 Top Ten Hits sulla Billboard Hall of Fame: My Dreams Are Getting Better All the Time (nel 1945 raggiunse la prima posizione nella Billboard Hot 100 per 7 settimane e accrebbe la sua popolarità come cantante anche radiofonica), Till the End of Time, Come to Baby Do, I Got the Sun in the Morning e Journey. Doris fu in tournée con l'orchestra di Les Brown per tutti gli Stati Uniti.
Carriera cinematografica[modifica | modifica wikitesto]
Gli anni alla Warner Bros. (1948-1954)[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1947, mentre Doris stava per lasciare Los Angeles per tornare alla casa materna a Cincinnati, dopo la separazione dal secondo marito, il suo agente Al Levy la convinse a partecipare a un party nella casa del compositore Jule Styne. Il delicato momento personale e l'iniziale riluttanza a esibirsi contribuirono a un'emozionante performance di Embraceable You, che impressionò favorevolmente Styne e il suo socio Sammy Cahn, che la presentarono al regista cinematografico Michael Curtiz.


Doris Day in Amore sotto coperta (1948), il suo primo film


Doris Day e Gordon MacRae nel trailer di Tè per due (1950)
Doris firmò un contratto di sette anni con la Warner Bros e Michael Curtiz le affidò un ruolo nella commedia musicale brillante Amore sotto coperta (1948), dando il via alla sua carriera cinematografica. Pur al suo primo film e in un ruolo marginale, Doris colpì favorevolmente il pubblico per la sua freschezza e spontaneità, e per l'espressività con cui interpretò le canzoni del film.
Contemporaneamente al lancio del film, Doris sfondò sul mercato discografico con It's magic (che faceva parte della colonna sonora di Amore sotto coperta) e alla radio come partner di Bob Hope in un programma della NBC. Ad appena ventiquattro anni aveva raggiunto il successo simultaneo in ben tre rami dello spettacolo[7].
Nel 1948 il suo successo musicale proseguì con Buddy Clark e i singoli Love Somebody e Confess, nel 1949 con Again e Bewitched, Bothered and Bewildered con The Mellomen e l'orchestra condotta da John Rarig arriva in nona posizione, nel 1951 con (Why Did I Tell You I Was Going To) Shanghai e nel 1952 con Sugar Bush in coppia con Frankie Laine.
Nel 1950 apparve nei suoi primi film importanti. Accanto a Lauren Bacall e Kirk Douglas fu nel cast di Chimere, ancora per la regia di Michael Curtiz, liberamente ispirato alla vita del musicista jazz Bix Beiderbecke; in seguito interpretò Tè per due di David Butler, ispirato alla commedia musicale No, No, Nanette. Per alcuni anni si confermò reginetta delle commedie musicali della Warner, come in La ninna nanna di Broadway (1951) e Aprile a Parigi (1952), entrambi ancora diretti da Butler. Già in questi primi anni la sua popolarità crebbe a dismisura e dal 1951 comparve tra le prime 10 attrici più pagate negli USA, restando in questa classifica per quasi un ventennio.
Il suo migliore film del periodo alla Warner Bros. rimane però Non sparare, baciami! (1953), accanto al cantante Howard Keel, allora piuttosto famoso, dove Doris fu una straordinaria Calamity Jane, personaggio emblematico e in qualche modo riassuntivo di tutto il suo primo periodo cinematografico. Il brano Secret Love, da lei cantato nel film, raggiunse la prima posizione in classifica nel 1954 negli Stati Uniti per tre settimane e nella Official Singles Chart per nove settimane, vinse l'Oscar alla migliore canzone e venne premiato con il Grammy Hall of Fame Award 1999. Sempre nel 1954 ebbe successo anche il singolo If I Give My Heart to You.
Le migliori interpretazioni (1955-1957)[modifica | modifica wikitesto]


Doris Day nel trailer del film Amami o lasciami (1955)
Lasciata la Warner Bros., dal 1955 al 1957 Doris Day apparve in tre film che probabilmente rappresentano le migliori interpretazioni della sua carriera. In Amami o lasciami (1955) di Charles Vidor, al posto della prevista Ava Gardner, interpretò la cantante Ruth Etting, una sciantosa degli anni venti, accanto a James Cagney, che nel non facile ruolo del gangster Marty Snyder diede una delle sue più memorabili interpretazioni. I fan reagirono positivamente all'interpretazione più sofisticata e disinvolta dell'attrice, in netto contrasto con la freschezza, la vulnerabilità, ma anche l'ingenuità, dei suoi primi film. Ebbe successo anche il singolo I'll Never Stop Loving You, tratto dalla colonna sonora dello stesso film. L'album Love Me or Leave Me raggiunge la prima posizione nella Billboard 200 per 25 settimane.
Nel 1956 Alfred Hitchcock, che l'aveva casualmente conosciuta in un party qualche anno prima, le offrì l'occasione forse più allettante della sua carriera, e lei rispose con un'interpretazione di grande intensità, tanto da sorprendere favorevolmente anche la critica dell'epoca. In L'uomo che sapeva troppo (1956), Doris è Jo McKenna, un'americana in vacanza in Marocco con il marito medico (James Stewart) e il figlioletto. La famigliola, apparentemente piuttosto ordinaria e molto felice, si trova al centro di un intrigo che comporta il rapimento del bambino e che doveva portare a un assassinio politico a Londra. Nella straordinaria e lunga sequenza durante il concerto londinese alla Royal Albert Hall, ove compare di persona anche il musicista allora preferito dal regista, Bernard Herrmann, Doris Day offrì probabilmente il migliore saggio di recitazione della sua già notevole carriera, coinvolgendo il pubblico nell'angoscia del personaggio, diviso tra il dilemma di rivelare l'imminente assassinio e il rischio di compromettere l'incolumità del figlio rapito. Nel film la diva cantò il celebre tema musicale Whatever will be (que sera sera), uno dei suoi maggiori successi, che ripropose parzialmente e in contesti non drammatici in due suoi film del 1960 e 1966, e con il quale è tuttora immediatamente riconosciuta dal pubblico.
Nel 1957 fu la volta de Il gioco del pigiama, adattamento cinematografico di uno dei più grandi successi di Broadway. È un film musicale di stampo classico, curiosamente ambientato in una fabbrica di pigiami di una cittadina del Middle West, che fa da sfondo ai conflitti sentimentali e professionali tra il direttore nuovo arrivato (John Raitt) e l'impetuosa animatrice della commissione interna, Babe Williams, personaggio interpretato appunto da Doris. A dispetto della sua buona qualità, il film non fu un trionfo sotto l'aspetto commerciale, nonostante la bravura dell'attrice e dei comprimari. Il 1957 fu infatti un anno di transizione per il musical, genere cinematografico che, almeno per come era fino ad allora conosciuto, stava iniziando un lento e inesorabile declino.
Commedie, stereotipi e qualche novità[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1958 iniziò il terzo periodo d'oro della carriera di Doris Day: una serie di commedie di grande successo commerciale, anche se di diseguale valore sul piano della critica, permisero all'attrice di rimanere a lungo ai vertici della popolarità. Con Il letto racconta (1959), Doris inaugurò il sodalizio artistico con Rock Hudson e un filone che si protrasse anche nelle pellicole degli anni successivi, caratterizzato da sceneggiature in genere piuttosto banali e incentrate sulla collaudata "battaglia tra i sessi", in cui Doris interpretò donne orgogliose, peraltro non più giovanissime, impegnate a contrastare la virilità dei partner, i loro aggressivi corteggiamenti e in un certo modo a proteggere la propria "onorabilità". Visto il successo subito riscontrato, Doris ritrovò il partner Rock Hudson anche in Amore, ritorna! (1961) e in Non mandarmi fiori (1964). In tutti e tre i film Tony Randall rimase il co-protagonista nel ruolo del terzo "incomodo".
Anche Il visone sulla pelle (1962) fu una delle pellicole che maggiormente diedero corpo e fiato allo studiato mito della vergine quarantenne[9]. Doris Day, in un ruolo abbastanza improbabile, è qui impegnata a difendere la propria innocenza dalla assidua corte del milionario uomo d'affari di turno (interpretato da un maturo Cary Grant prossimo a concludere la propria gloriosa carriera), per concedersi a lui solo dopo il matrimonio, degno finale del film. Il terzetto di protagonisti fu completato stavolta da Gig Young, "coscienza" critica che disapprova il comportamento del milionario e difende ad oltranza l'innocenza della donna.
Doris Day riuscì comunque ad allontanarsi dallo stantio stereotipo della "ragazza della porta accanto" in alcune felici occasioni ed accanto ad attori forse più congeniali, come in Attenti alle vedove (1959), in cui fece coppia con Jack Lemmon, e in La ragazza più bella del mondo (1962), ambientato nel mondo circense, nel quale lavorò insieme a Stephen Boyd e ad alcuni veterani dello spettacolo statunitense (Jimmy Durante e Martha Raye) e che rinverdì brevemente i gloriosi fasti del film musicale, con ottime esibizioni canore dell'attrice.
Nel 1963 interpretò il film Fammi posto tesoro, in un ruolo pensato inizialmente per Marilyn Monroe e con la regia di George Cukor, dal quale ebbe origine il successo del singolo Everybody Loves a Love.
Gli anni dell'addio al cinema (1968) e della televisione[modifica | modifica wikitesto]


Terry-Thomas e Doris Day in Che cosa hai fatto quando siamo rimasti al buio? (1968)
Intorno alla metà degli anni sessanta Doris Day, dopo avere continuato a lavorare con celebri attori quali Clark Gable, Richard Widmark, David Niven, Rex Harrison e Cary Grant, cominciò a diradare le sue interpretazioni al cinema, pur non perdendo affatto in popolarità, tanto che almeno fino al 1966 rimase una delle attrici statunitensi più pagate. Nei suoi ultimi film (1963-1968) venne curiosamente affiancata da partners più giovani come James Garner, Rod Taylor, Richard Harris e Robert Morse. Recitò con una certa ironia, e addirittura prendendo in giro anche la propria immagine divistica, nel film La mia spia di mezzanotte (1966) e soprattutto in Caprice la cenere che scotta (1967), ma non accettò mai di interpretare ruoli più moderni, in linea con la sua reale età e con un cinema che stava rapidamente mutando, rinunciando per esempio al "difficile" ruolo di mrs. Robinson nel film Il laureato (1967), che riteneva del tutto inadatto e che venne poi assegnato ad Anne Bancroft. Nel 1968, a quarantasei anni, si ritirò in effetti dalle scene cinematografiche per passare subito alla fortunata serie televisiva The Doris Day Show, pensata appositamente per lei dal produttore e suo terzo marito Martin Melcher (sposato nel 1951 e deceduto proprio nel 1968) e che andrà in onda fino al 1975, pur con diverse modifiche.
Sempre abbastanza attiva nello show televisivo e nella incisione o riedizione di dischi ed avvicinatasi con determinazione all'associazionismo in difesa degli animali, nel 1969 la Day rischiò seriamente di perdere il suo unico figlio, Terry Melcher, allora proprietario della villetta al 10050 Cielo Drive di Bel Air ed obiettivo del famigerato eccidio nel quale l'attrice Sharon Tate, incinta, e alcuni suoi amici vennero trucidati da Charles Manson.
Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]
L'attrice si stabilì in un ranch nei pressi di Carmel, in California, dove si dedicò con costante e riconosciuto impegno nella lotta per la protezione degli animali per mezzo di una sua fondazione, la Doris Day Animal League. Nel 2008 vinse il Grammy Award alla carriera. Pur con la sporadicità imposta anche dalla veneranda età, non disdegnò di apparire in occasioni pubbliche e in televisione.
Doris Day è morta di polmonite il 13 maggio 2019 a 97 anni. Era membro del Cristianesimo scientista.

R:I:P:

“La vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti” John Lennon
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lampaDINA e lampaDario
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Enza ha scritto:

DOris Day

Doris Day ha rappresentato sullo schermo l'immagine della ragazza acqua e sapone, dolce e sensibile, garbatamente spiritosa e dai sani principi morali. Quella che comunemente si potrebbe definire la vera "ragazza della porta accanto".

Nata come Doris von Kappelhoff a Cincinnati, nell'Ohio, il 3 aprile 1924, la bella e dolce Doris Day aveva gi? raggiunto una certa notoriet? come cantante prima del suo debutto cinematografico, dovuto al regista Michael Curtiz che la scrittura per il suo musical "Amore sotto coperta" (Romance on the High Seas, 1948).

Bionda e dotata di un sorriso abbagliante, Doris passa dall'apparizione in ruoli di secondo piano - quale appunto tipica "ragazza della porta accanto" - in alcuni musical, a numerose performance in qualit? di protagonista in pellicole modellate intorno al suo personaggio.

Nonostante l'abilit? dimostrata in qualit? di attrice brillante, generalmente viene ricercata per le sue notevoli doti canore. Le sue esibizioni erano considerate il pezzo forte nella maggior parte dei suoi film. Tra essi, "Non sparare, baciami!" (Calamity Jane, 1953) di David Butler, "Amami o lasciami" (Love Me or Leave Me, 1955) di Charles Vidor, "L'uomo che sapeva troppo" (The Man Who Knew Too Much, 1956) di Alfred Hitchcock, inquietante thriller in cui l'attrice canta anche il celebre tema musicale "Que sera sera", di Jay Livingstone, e "Il gioco del pigiama" (The Pajama Game, 1957) di Stanley Donen costituiscono probabilmente gli esiti migliori.

I dischi incisi da Doris Day sono tra i primi esempi di musica leggera di grande successo tra gli adolescenti, per molti dei quali l'attrice rappresentava un modello di comportamento. Con il suo aspetto sano e brioso, pieno di energia e del tutto privo di sofisticazione, la Day sar? una vera e propria icona dell'ottimismo, e rappresenter? il modello di donna americana intraprendente e gioviale del periodo postbellico.

La sua carriera sar? particolarmente ricca tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60, allorch? una serie di commedie dai forti connotati allusivi, come "Il letto racconta" (Pillow Talk, 1959) di Michael Gordon, "Amore, ritorna!" (Lover Come Back, 1961) e "Il visone sulla pelle" (That Touch of Mink, 1962), entrambi di Delbert Mann, e "Quel certo non so che" (The Thrill of It All, 1963) di Norman Jewison, in cui talvolta figura al fianco di Rock Hudson, verranno accettate dal pubblico proprio in ragione della "moralit?" della sua immagine. Ma proprio questa sua immagine di "purezza" contribuir? ad anticiparne il declino, per via della liberazione sessuale dei tardi anni '60.

Nel 1968, dopo la morte del marito, Doris Day scopre che quest'ultimo aveva sfruttato la propria condizione dando fondo all'intero patrimonio da lei accumulato; inizia quindi a lavorare in produzioni televisive, e da allora non ricomparir? mai pi? sugli schermi cinematografici, dedicandosi soprattutto alla cura degli animali abbandonati in California, dove fonda la "Doris Day Animal League" con sede a Carmel.




KA



Nascita: 3 aprile 1922, Cincinnati, Ohio, Stati Uniti
Decesso: 13 maggio 2019, Carmel Valley Village, California, Stati Uniti
R.I.P Doris Day

Dina & Dario
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dany61
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Andreas Nikolaus Lauda, detto Niki (Vienna, 22 febbraio 1949 – Vienna, 20 maggio 2019), è stato un pilota automobilistico, imprenditore e dirigente sportivo austriaco.
Tre volte campione del mondo di Formula 1 (nel 1975 e 1977 con la Ferrari, nel 1984 con la McLaren), come imprenditore ha fondato e diretto due compagnie aeree, la Lauda Air e la Niki; come dirigente sportivo, dopo avere diretto per due stagioni la Jaguar, dal 2012 fino alla sua scomparsa ha ricoperto la carica di presidente non esecutivo della scuderia Mercedes AMG F1.
Ha disputato 171 Gran Premi, vincendone 25, segnando 24 pole position e altrettanti giri veloci. Ha avuto una carriera sportiva di grande livello guidando per March, BRM, Ferrari, Brabham e, infine, McLaren.
Considerato uno dei migliori piloti della storia, era soprannominato "il computer" a causa della sua capacità di individuare tutti i difetti, anche i più piccoli, della vettura che guidava e per la meticolosità con cui metteva a punto il proprio mezzo. Anche caratterialmente si mostrava freddo, poco emotivo e molto determinato, specialmente agli occhi di chi non era a stretto contatto con lui (stupisce, ma fino a un certo punto, la sua stretta amicizia con il rivale James Hunt, suo compagno di gavetta nelle formule minori ma agli antipodi come personalità, atteggiamento e stile di vita). Perfino il suo stile di guida era essenziale e, per gli appassionati, scarsamente divertente ma, visti i risultati, molto efficace.
Nel 1976, al circuito del Nürburgring, ebbe un terribile incidente che lo lasciò sfigurato a vita. Fu estratto vivo per miracolo dall’abitacolo della sua monoposto, ridotta ad un inferno di fiamme e lamiere.
Muore nella notte tra il 20 e il 21 maggio [[2019], mai riavutosi completamente dalle ferite riportate nell’incidente nel Nürburgring, dopo un lungo ricovero in una clinica svizzera per problemi ai reni e dopo un recente trapianto di polmoni.
Gli inizi[modifica | modifica wikitesto]


Un giovane Lauda (in primo piano) in gara a Budapest nel 1969
Nato da una ricca famiglia di banchieri viennesi, Lauda si interessò all'automobilismo fin da giovane. I suoi genitori, però, non intendevano supportarlo, in quanto ritenevano che ciò li avrebbe screditati agli occhi dell'alta società.[1] Nel 1968 decise di abbandonare gli studi universitari e, dopo aver preso in prestito del denaro da alcune banche del Paese, comprò la sua prima vettura per prendere parte a competizioni automobilistiche.[1] Partecipò quindi al campionato di Formula Vee e successivamente passò alla Formula 3. La sua carriera, però, sembrava essere ormai a un punto morto, quando, grazie a un altro grosso prestito bancario, garantito anche da una polizza di assicurazione sulla vita, riuscì a garantirsi un posto presso il team March in Formula 2.[1]
Debuttò nella seconda formula nel 1971 al Trofeo Jim Clark, che si disputava all'Hockenheimring, al volante di una March 712M Ford. Anche in virtù del fatto che la stella del team March era lo svedese Ronnie Peterson, in pochi nel 1971 si accorsero dell'austriaco. Robin Herd (DT della scuderia March), in un'intervista rilasciata nel 1980 e pubblicata nel libro "Formula 2, fucina di campioni", ricordò che quando gli fu presentato Lauda pensò che non avesse l'aspetto di un pilota e di conseguenza che non potesse essere uno veloce.


Il casco originale usato da Lauda nelle gare degli anni 1970
Dalle parole di Herd: "Andammo a Thruxton per dei test. Girò per primo Lauda: gli feci fare una decina di giri, chiedendogli di spremere più che poteva l'auto, perché avevamo diverse modifiche e volevamo capire pregi e difetti; dopodiché cedette la sua monoposto a Ronnie Peterson. Quando Ronnie salì sulla monoposto io e Niki andammo dietro al guardrail di una curva molto veloce del tracciato per ammirare meglio il comportamento della 712M. Quando fece la curva, Ronnie Peterson mandò il retrotreno della March in sbandata, facendo il filo al guardrail. Lauda fece un salto all'indietro e, completamente bianco in volto, disse Robin, io in vita mia non riuscirò mai a correre in quel modo!! Quando tornammo ai Box chiesi a Niki i tempi ottenuti da Peterson nella sua migliore tornata; rispose Io ho fatto 1'14"0, penso perciò che il tempo di Ronnie sia attorno al minuto e 12 secondi. Invece il miglior tempo di Peterson fu di 1'14"3. In quel momento capii che Niki doveva avere qualcosa di speciale".
La stagione 1971 non fu facile. La Formula 2 era una categoria difficile, dove si scontravano giovani in cerca di gloria e campioni della Formula 1 che correvano fuori classifica. Il numero medio dei partecipanti superava i 40 e il solo qualificarsi per la gara era un'impresa. Lauda, che aveva appena 22 anni, in diverse occasioni si mise in luce, tanto che Gabriela Noris, inviata di Autosprint ed esperta di Formula 2, scrisse su di lui commenti molto lusinghieri e forse fu la prima a dire che Lauda sarebbe potuto diventare un campione. Al Nürburgring, ad esempio, nell'Eifelrennen terza prova dell'europeo fece una splendida gara, arrivando sesto dietro a Cevert, Fittipaldi, Reutemann, Westbury e Graham Hill, ottenendo i suoi primi punti (3 per l'esattezza, perché Fittipaldi e Hill correvano fuori classifica). A Rouen, nella sesta prova del campionato, arrivò secondo nella prima batteria dietro a Ronnie Peterson e si fece onore anche in finale, giungendo quarto alle spalle dello svedese, di Quester e di Hill. A fine campionato concluse al decimo posto con 7 punti, debuttando anche in Formula 1 al Gran Premio di casa a Zeltweg.
Nel 1972 diventa, assieme a Ronnie Peterson, pilota ufficiale del team STP March di Formula 1 e di Formula 2, annunciando di voler puntare alla vittoria di quest'ultimo campionato. La Formula 2 ha cambiato regolamento, i motori son cresciuti di cilindrata da 1600 cm³ a 2000 cm³. Le monoposto anche esteticamente sono molto più aggressive, ma purtroppo anche più fragili poiché un po' per tutti il 1972 era considerato un anno di rodaggio. Nella gara inaugurale dell'europeo Lauda si comportò molto bene, riuscendo ad arrivare secondo dietro a Dave Morgan, vincitore a sorpresa della gara con una Brabham BT35 dell'anno precedente.
Il momento d'oro di Lauda continuò a Oulton Park (gara fuori campionato, che valeva per il titolo John Player Special e contava solo i risultati delle gare inglesi), dove vinse davanti a Birrell, e nella seconda prova dell'Europeo a Thruxton, dove arrivò terzo dietro a Peterson e Cevert, prendendo nove punti, visto che i due erano ormai acclamati campioni della massima serie. Dopo un avvio così buono, Lauda passò in testa all'Europeo e, agli occhi di molti, era il vero favorito per il titolo. Invece la March fece l'errore di cambiare troppo spesso i motori e fu vittima di molte rotture. La 721, poi, non era un granché competitiva e nel corso dell'anno la Surtees e la Lotus si dimostrano migliori. Per Lauda rimase solo la consolazione di altri 6 punti a Imola e della vittoria nel campionato inglese JPS, davanti proprio a Ronnie Peterson. Nell'europeo arrivò quinto.
Formula 1[modifica | modifica wikitesto]
L'esordio (1971-1973)[modifica | modifica wikitesto]


La BRM P180 guidata da Lauda nella stagione 1973
Lauda fece il suo debutto in Formula 1 nel Gran Premio d'Austria 1971 al volante di una March, ma venne costretto al ritiro dopo una ventina di passaggi. La stagione successiva disputò, invece, l'intero campionato, ma le vetture erano poco competitive e l'austriaco non riuscì a segnare alcun punto. Nel 1973 decise quindi di stipulare un complesso contratto per poter correre come pilota pagante con la BRM.[1]
I suoi risultati migliorarono costantemente nel corso della stagione e nel Gran Premio del Belgio conquistò un ottimo quinto posto e i suoi primi punti. Stipulò quindi un nuovo contratto, che lo avrebbe legato al team inglese per altri due anni; in cambio, gli sarebbero stati condonati i suoi debiti con la scuderia.[1] Ad ottobre venne, però, ufficializzato il passaggio di Lauda per l'anno seguente alla Ferrari e riuscì a pagare con il suo stipendio le penali per lo scioglimento del precedente contratto.[1] Nel periodo passato alla BRM riuscì comunque a costruirsi la fama di pilota regolare e di buon collaudatore.[2]
I titoli mondiali in Ferrari (1974-1977)[modifica | modifica wikitesto]
1974
L'ingaggio fu favorito da Clay Regazzoni, suo compagno alla BRM nel 1973, che per il 1974 sarebbe tornato al volante della Ferrari. Questo fatto provocò, però, qualche polemica, in primis a causa dell'esclusione di Arturo Merzario, nonché per il fatto che l'austriaco, a parte che nel Gran Premio di Monaco, non aveva al suo attivo ulteriori prestazioni di rilievo.[3] Per tutto l'inverno i due piloti furono impegnati diverse ore al giorno per mettere a punto la nuova vettura del team di Maranello, che fin dai primi test si rivelò difficile da guidare, afflitta da sottosterzo e scarsamente veloce.[3]


Lauda a bordo della Ferrari 312 B3-74 sul circuito di Brands Hatch durante la Race of Champions 1974
Alcune fonti riferiscono che i problemi della messa a punto fossero così grandi che un giorno Lauda avesse detto in faccia a Enzo Ferrari «Questa macchina è una merda!». Su tale episodio tuttavia esistono versioni contrastanti, in parte riferite dallo stesso pilota austriaco: in alcune di esse egli confermò la veridicità del fatto, aggiungendo che nessun altro aveva avuto il coraggio di parlare con tanta chiarezza a Ferrari dei problemi delle macchine[4]; per contro, in altre dichiarazioni più circostanziate, lo stesso Lauda disse di essersi lamentato con tale linguaggio con il figlio del Drake, Piero, il quale lo ammonì di non parlare in quel modo a suo padre. L'austriaco riferì quindi di aver detto a Ferrari che la macchina non andava bene e aveva problemi in particolare alle sospensioni; il patron gli domandò allora quanto si potesse migliorare, e lui gli rispose 5 decimi. Ferrari allora gli replicò: «Se non ci riesci sei in crisi», lasciando intendere che ne avrebbe pagato le conseguenze.
Il lavoro con l'ingegner Forghieri tuttavia fu fruttuoso, portando a un miglioramento di 8 decimi[3][5]; già al debutto in Argentina Lauda riuscì a salire sul podio, giungendo in seconda posizione. Ricevette anche gli elogi dell'ex campione del mondo Juan Manuel Fangio, che pronosticò per lui un luminoso futuro.[6]
Molto buono risultò poi essere inizialmente il rapporto instauratosi con Regazzoni, tanto che il pilota svizzero aiutò l'austriaco a capire come affrontare il circuito argentino, a lui sconosciuto[6], Enzo Ferrari in un'intervista dichiarò che i due piloti si stimavano e che Lauda aveva una conoscenza tecnica sorprendente per un uomo di 24 anni, paragonandolo, per questo, a Peter Collins[7]. Dopo un ritiro dovuto a un guasto al propulsore nelle prime fasi della corsa nel successivo appuntamento mondiale e un secondo posto nella Corsa dei campioni (gara fuori campionato), Lauda conquistò la sua prima pole position in carriera in Sudafrica, ma in gara fu nuovamente costretto all'abbandono a causa di un guasto all'alternatore mentre lottava per la prima posizione con Carlos Reutemann. L'austriaco riuscì a cogliere la sua prima vittoria al successivo Gran Premio di Spagna. Sfiorò nuovamente il gradino più alto del podio nel Gran Premio del Belgio, ma un problema di bilanciamento delle ruote anteriori, che causava eccessive vibrazioni della monoposto, gli impedì di avere la meglio su Fittipaldi.


Lauda fa l'andatura a Zandvoort nel corso del vittorioso Gran Premio d'Olanda 1974
Lauda colse poi un altro successo in Olanda e con la piazza d'onore in Francia andò in testa al mondiale. Nelle 2 gare seguenti commise errori di inesperienza che gli fecero perdere terreno in classifica: in Gran Bretagna credette di avere problemi alle sospensioni, mentre invece era la gomma posteriore destra che si stava sgonfiando e cercando di finire la gara perdette diverse posizioni, per poi fermarsi ai box all'ultimo giro, dove successe un pasticcio organizzativo con l'esposizione di una bandiera rossa e un gruppo di persone che gli ostruì l'uscita dal box[9] impedendogli di conquistare la quinta posizione che gli fu poi riconosciuta a tavolino. Al Gran Premio di Germania uscì di pista alla partenza per non perdere terreno da Regazzoni che era scattato in testa e che poi vinse la corsa[10].
Al Gran Premio d'Italia Lauda voleva assolutamente vincere per avere ancora speranze di vincere il titolo e dominò la prima parte della gara ma fu il motore a tradirlo, a questo punto la Ferrari puntò su Regazzoni che era leader in classifica e il direttore sportivo Luca Cordero di Montezemolo dichiarò che Lauda avrebbe dovuto fare da gregario[11]. Invece Lauda continuò a cercare di primeggiare, ma a causa dei ritiri non fu comunque di aiuto a Regazzoni, che all'ultima gara perse il mondiale a favore di Fittipaldi. Lauda però già alla prima stagione in Ferrari dimostrò di essere costantemente più veloce di Regazzoni, specialmente nelle prove, tanto che eguagliò il record di 9 pole position stagionali, ottenuto da Peterson la stagione precedente.
1975


Lauda durante il weekend del Gran Premio d'Olanda 1975
Nel 1975 la velocità di Niki, unita alla competitività della Ferrari 312 T rappresentarono un binomio quasi invincibile, la vettura debuttò al terzo appuntamento della stagione e, dopo un inizio di campionato senza successi, dal Gran Premio di Monaco Lauda ottenne cinque podi di fila: 4 vittorie e un secondo posto, conquistò un altro podio in Germania e nella gara di Monza, arrivando terzo, ottenne la matematica certezza del titolo mondiale. Vinse l'ultima gara in programma negli Stati Uniti, portando a 5 i successi stagionali e dando alla Ferrari il primo successo negli USA, come l'anno precedente ottenne 9 pole position stagionali.
1976
La stagione successiva pareva avviarsi a essere la naturale evoluzione della precedente, con una sequenza di vittorie e piazzamenti che sembravano lasciare pochi dubbi sull'esito finale del campionato: subito 2 vittorie e un secondo posto con la vecchia 312 T, poi a partire dal Gran Premio di Spagna, con l'entrata in vigore della regola sull'altezza massima delle vetture che eliminava le voluminose prese d'aria dei motori, la Ferrari mise in pista la 312 T2. Lauda era reduce da un incidente domestico con il trattore, in cui si era fratturato una costola[12] (tuttavia per l'allora direttore sportivo della Ferrari, Daniele Audetto, in realtà l'incidente era avvenuto mentre Lauda faceva motocross; ma per non aver problemi col contratto, che gli impediva di fare sport pericolosi, aveva parlato della storia del trattore),[13] ma con grande forza di volontà e l'aiuto del massaggiatore riuscì a correre e ad arrivare secondo; la gara ebbe poi uno strascico giudiziario, perché la McLaren di Hunt, che vinse, era appena più larga del consentito e venne squalificata dando a Lauda una vittoria, che però si rivelò effimera, dato che fu restituita a Hunt due mesi dopo dal tribunale d'appello della FIA.
Lauda riprese a vincere: in Belgio e a Monaco, poi in Gran Bretagna vinse giovandosi della squalifica di Hunt, in questo caso perché la gara era stata interrotta all'inizio per incidenti e Hunt, che era rimasto coinvolto, non avrebbe potuto ripartire, se non che le proteste del pubblico di casa indussero gli organizzatori ad ammetterlo ugualmente, ma due mesi dopo la FIA dette ragione al reclamo della Ferrari[14]. I risultati erano tali che Ferrari, prima di metà stagione, incaricò Audetto, che quell'anno era per la prima volta direttore sportivo della Ferrari, di rinnovare il contratto di Lauda; questi si accordò per una cifra che ritenne adeguata rispetto alle sue precedenti esperienze nei rally con la Lancia, ma Ferrari si lamentò dell'esosità di Lauda e lo apostrofò in modo razzista come "ebreo"[13].


Lauda alla guida della Ferrari 312 T2 nelle prove del Gran Premio di Germania 1976, un giorno prima del suo drammatico incidente
Il 1º agosto 1976 al Gran Premio di Germania, sul pericoloso circuito del Nürburgring Lauda ebbe il più grave incidente della sua carriera, che gli lasciò gravi danni fisici e il volto ancor oggi sfigurato. Era arrivato a questo punto della stagione con un buon margine di vantaggio sui più diretti inseguitori in classifica, ma non poteva contare ancora sulla futura squalifica di Hunt, per il Gran Premio di Gran Bretagna, che gli avrebbe consegnato un vantaggio quasi incolmabile; la gara si mise subito male perché aveva appena piovuto e Lauda scelse le gomme per la pioggia, però durante il primo giro perse posizioni rispetto ai piloti con gomme slick, quindi si fermò a cambiarle e ripartì cercando di recuperare ma ebbe il grave incidente in una curva a Bergwerk anche a causa della poca aderenza fornita dalle gomme fredde, su un tratto di asfalto ancora bagnato. L'idea che l'incidente fosse dovuto al cedimento di una sospensione viene respinta dal direttore sportivo della Ferrari Daniele Audetto che dice di aver visionato all'epoca le tracce di frenata e trovò che erano due parallele e simmetriche, mentre in caso di rottura di una sospensione dovrebbero essere tre e in caso di rottura di un freno una dovrebbe essere più marcata dell'altra. Audetto ritiene che l'idea del cedimento meccanico fosse un'ipotesi senza prove del capomeccanico della Ferrari Ermanno Cuoghi, molto fedele a Lauda[13], tanto che lo seguì quando Lauda passò alla Brabham.
Lauda, dopo aver perso il controllo della propria vettura, colpì una roccia a lato del circuito, e terminò la sua corsa in mezzo alla pista privo del casco scalzatosi nell'urto. La monoposto prese fuoco per la fuoriuscita di benzina e il pilota rimase intrappolato nella vettura in fiamme, prima che alcuni colleghi sopraggiunsero cercando coraggiosamente di aiutarlo: tra questi Harald Ertl, Guy Edwards e Brett Lunger, ma fu soprattutto per l'intervento di Arturo Merzario[15], il quale lo estrasse dall'abitacolo in fiamme[16], che Lauda riuscì a salvarsi; anche se le sue condizioni rimasero molto critiche nei giorni seguenti, non tanto per le pur gravi ustioni subìte, quanto per aver inalato i velenosi fumi della benzina che potevano danneggiare i polmoni e poi il sangue con conseguenze letali.[17]
Solamente il 5 agosto venne dichiarato fuori pericolo dai medici[18] e tre giorni dopo lasciò l'ospedale di Mannheim, dove era ricoverato, per ritrasferirsi a quello di Ludwigshafen, specializzato nella cura delle grandi ustioni.[19] Il giorno stesso dell'incidente Enzo Ferrari cercò un sostituto, e incaricò Audetto di contattare Emerson Fittipaldi. Il brasiliano declinò con dispiacere, perché era legato al contratto con la Copersucar, industria del suo paese che non si sentiva di tradire, quindi si puntò su Ronnie Peterson, che aveva un contratto con la March e che era possibile liberare pagando una penale grazie all'intervento del conte Zanon di Valgiurata. Ma Lauda in pochi giorni aveva cominciato a riprendersi e fece di tutto per evitare l'arrivo di Peterson, pilota che secondo Audetto "temeva più di ogni altro", infine si accordò con Carlos Reutemann che fu liberato da Bernie Ecclestone che voleva avere buoni rapporti con Ferrari[13], ma che fu disponibile solo per il Gran Premio d'Italia, dove furono schierate tre Ferrari.


Lauda al Gran Premio d'Italia, il primo dal rientro dopo l'incidente del Nürburgring
Mentre l'austriaco era lontano dalle piste, James Hunt fu in grado di recuperare gran parte dello svantaggio accumulato in campionato, proponendosi come principale avversario del pilota Ferrari: inoltre la Ferrari favorì involontariamente Hunt non partecipando al Gran Premio d'Austria per protesta contro la restituzione all'inglese della vittoria del Gran Premio di Spagna e partecipando solo con Regazzoni al successivo Gran Premio d'Olanda. Lauda, mostrando grande coraggio, decise di tornare al volante dopo solo 42 giorni dall'incidente, al Gran Premio d'Italia. Il martedì prima della gara l'austriaco testò la vettura sul Circuito di Fiorano.[20] Le sue condizioni, però, erano ancora precarie e fu necessario modificargli il casco, togliendo parte dell'imbottitura, per cercare di limitare le perdite di sangue che si verificavano con lo sfregamento sulle ferite del volto non ancora rimarginate; l'autorizzazione della commissione medica arrivò il venerdì mattina, prima delle prove.[21] Dopo aver ottenuto il quinto posto nelle qualifiche, Lauda, seppur martoriato dalle ferite, alcune addirittura ancora sanguinanti, e dal fatto che, a causa dei postumi dell'incidente del Nürburgring, le palpebre non gli offrissero una visione totalmente corretta,[22] giunse quarto in gara, raccogliendo punti importanti per la lotta al titolo.
Il duello con Hunt proseguì fino all'ultima gara, il Gran Premio del Giappone, sul circuito del Fuji. La gara venne corsa sotto una pioggia torrenziale, tanto che molti piloti tra cui i 2 contendenti al titolo avrebbero voluto rinviarla, ma prevalse l'intenzione degli organizzatori di dare il via. Secondo Audetto c'era un accordo, anche se non unanime, garantito da Ecclestone secondo cui si sarebbe partiti per via dei contratti televisivi, ma dopo 5 giri i principali piloti si sarebbero fermati, compresi Lauda e Hunt[13]. Patto che non fu rispettato: in effetti, entro pochi giri, rinunciarono a proseguire Larry Perkins e Carlos Pace, che correvano per la Brabham di Ecclestone, e Fittipaldi. Secondo il direttore tecnico della Ferrari Mauro Forghieri fu un inganno ai danni di Lauda il fatto che i vari piloti delle squadre inglesi dissero che non avrebbero corso ma poi entrarono nelle vetture[16]. Lauda, al secondo giro, rientrò ai box per ritirarsi: le condizioni della pista, per il pilota austriaco, erano troppo pericolose per gareggiare. Forghieri gli propose di dare la colpa a un problema elettrico, ma Lauda preferì prendersi la responsabilità del ritiro.[16][23][24] Hunt proseguì e ottenne il piazzamento necessario a vincere il titolo, con un punto soltanto di vantaggio sul ferrarista. Il comportamento di Lauda attirò diverse critiche da parte della stampa italiana e da parte della Ferrari, cosa che compromise il rapporto fino a quel momento ottimale.
1977


Lauda sul gradino più alto del podio di Zandvoort nel 1977
Nel 1977, Lauda corse ancora con la Ferrari 312 T2, che venne via via ingentilita nelle forme con la riduzione delle prese d'aria, e come compagno di squadra ebbe l'argentino Reutemann che era stato ingaggiato dalla Ferrari dopo l'incidente del Nürburgring per sostituire Lauda, ma corse solo a Monza nel 1976 e nella stagione entrante sostituì Regazzoni. La stagione iniziò con una vittoria di Jody Scheckter alla guida della esordiente Wolf, mentre Lauda fu costretto al ritiro per noie meccaniche, poi al successivo Gran Premio del Brasile, Lauda non si trovò a suo agio e partì indietro nello schieramento finendo terzo in gara, mentre Reutemann vinse grazie a un nuovo alettone montato all'ultimo momento. Ai dubbi che potevano affiorare sulle possibilità di Lauda di tornare al vertice rispose Hunt «Non crediate che Niki sia finito!»[25] e infatti nel successivo Gran Premio del Sud Africa Lauda prese la testa della gara al settimo giro con un sorpasso al danni del rivale inglese e tornò alla vittoria.


Lauda su Ferrari 312 T2 al Gran Premio d'Italia 1977
La stagione vide l'emergere di molti piloti e squadre in particolare la Lotus che, con la prima vettura a effetto suolo, permise a Mario Andretti di ottenere quattro affermazioni stagionali, ma la consistenza di Lauda che arrivò 10 volte a podio, anche se solo altre 2 volte da vincitore ma 6 volte secondo, gli permisero di accumulare un notevole vantaggio nella classifica generale. Il 29 agosto, il giorno dopo la vittoria al Gran Premio d'Olanda, fece scalpore l'annuncio che Lauda avrebbe terminato il rapporto con la Ferrari a partire dal successivo 30 ottobre[26] Al successivo Gran Premio d'Italia Lauda, con il decimo podio stagionale, raggiunse la quasi matematica certezza del secondo titolo iridato, mancandogli un solo punto per chiudere la partita, che infatti ottenne nel Gran Premio seguente. Dopo la definitiva rottura dei rapporti con la Ferrari non partecipò alle ultime due gare; la squadra italiana, dopo aver cercato di sostituirlo con Andretti o Scheckter, che però erano già sotto contratto[26], puntò su un giovane esordiente proveniente dalla Formula Atlantic e che aveva debuttato in F.1 al Gran Premio di Gran Bretagna: Gilles Villeneuve che corse le due gare e sostituì Lauda per il 1978.
Il passaggio in Brabham (1978-1979)[modifica | modifica wikitesto]
1978


Lauda alla guida della Brabham BT46 al Gran Premio d'Olanda 1978
Nel 1978 Lauda si trasferì alla Brabham-Alfa Romeo, che proponeva soluzioni tecniche di avanguardia. In quella stagione però c'erano scarse possibilità di successo contro le Lotus 79 a effetto suolo, e Lauda ottenne solo due vittorie. La prima, in Svezia, fu ottenuta con la vettura dotata di un ventilatore per l'estrazione dell'aria dal fondo della vettura, subito messo al bando dalle autorità sportive, mentre la seconda arrivò al Gran Premio d'Italia, dopo la penalizzazione di Andretti e Villeneuve per partenza anticipata.
1979
Nel 1979, per poter sfruttare l'effetto suolo, l'Alfa Romeo costruì un nuovo motore 12 cilindri a V, in sostituzione del vecchio boxer, per ridurre gli ingombri e lasciare gli spazi per le ali rovesciate nelle fiancate delle nuove Brabham BT 48. Ma pur permettendo a Lauda di essere spesso nelle posizioni di testa, le Brabham-Alfa ebbero molti problemi tecnici costringendo spesso i piloti della scuderia al ritiro; la scelta dell'Alfa Romeo di schierare, durante la stagione, una propria squadra, non fece che peggiorare il rapporto con il team inglese che a fine anno tornò a usare il Cosworth DFV. Lauda fece una buona prestazione al Gran Premio di Monaco, con un'ottima partenza e mantenendo a lungo la terza piazza, ma la sua gara ebbe termine con un incidente causato dal tentativo di sorpasso, ai suoi danni, di Didier Pironi; il massimo che poté ottenere furono due soli piazzamenti a punti.
Verso fine stagione vinse il Gran Premio Dino Ferrari, non valido per il campionato, che si svolse a Imola la domenica seguente al Gran Premio d'Italia, ma nel corso delle prove del successivo Gran Premio del Canada decise di ritirarsi dalla Formula 1, senza nemmeno prendere parte al Gran Premio. Quell'anno le soddisfazioni gli vennero dal Campionato ProCar, un monomarca alla prima edizione riservato alle BMW M1, che si svolgeva nel week-end di alcuni Gran Premi come gara di contorno e alla quale partecipavano diversi piloti di Formula 1, Lauda ottenne la vittoria finale nel campionato battendo il suo giovane, ma già competitivo, compagno di squadra in Brabham: il futuro campione Nelson Piquet.
Il primo ritiro (1979-1981)[modifica | modifica wikitesto]
Dopo l'improvviso ritiro dalle corse nel 1979 si dedicò allo sviluppo della propria compagnia aerea, la Lauda Air. Ma il 30 settembre 1981 annunciò il suo ritorno alle corse per la stagione 1982, non svelò subito con quale team avrebbe ripreso le competizioni, sebbene fosse probabile un suo approdo alla McLaren[27], anche perché, a metà settembre 1981 Lauda aveva testato una monoposto della scuderia britannica presso il circuito inglese di Donington Park[28], l'ufficializzazione dell'ingaggio arrivò a novembre[29].
Il ritorno su McLaren (1982-1985)[modifica | modifica wikitesto]
1982


Lauda nel 1982, al rientro in Formula 1 dopo il suo primo ritiro
Nel 1982 ritornò alle competizioni e fu subito protagonista, anche se non in pista, nello sciopero dei piloti al primo Gran Premio della stagione, in Sud Africa, per contestare alcune clausole del nuovo regolamento sulla concessione della Superlicenza FIA, resa necessaria per correre in F.1. Dopo la positiva conclusione della vertenza, che permise lo svolgimento del Gran Premio, Didier Pironi presidente dell'associazione dei piloti GPDA sottolineò il ruolo di Lauda, quale guida dei piloti[30][31]. Il rientro agonistico avvenne, dopo lo sciopero, alla guida della McLaren MP4/1B, prima Formula 1 con il telaio in fibra di carbonio e spinta dal classico 8 cilindri Cosworth DFV, ottenendo subito un quarto posto.
Al suo rientro nelle corse aveva detto:"Aspettate 4 gare a giudicarmi"[32], ma alla terza partecipazione tornò alla vittoria: partito con il secondo tempo in prova nel Gran Premio degli Stati Uniti-Ovest, riuscì a superare l'autore della pole position, Andrea De Cesaris, al quindicesimo giro per poi non lasciare più la testa della gara. Ottenne poi il terzo posto in Belgio ma venne squalificato perché la sua vettura era di qualche kg sotto il peso minimo regolamentare. La stagione fu piuttosto equilibrata, con molti vincitori diversi, ma le vetture turbo, specie Renault e Ferrari, oltre a essere più potenti cominciavano ad avere un'affidabilità che permetteva di finire i Gran Premi e ciò limitava le possibilità dei piloti con vetture ad alimentazione atmosferica; Lauda non ottenne altri risultati eclatanti fino alla seconda vittoria stagionale al Gran Premio di Gran Bretagna, che lo rese particolarmente soddisfatto per aver preceduto al traguardo le vetture turbo[33], ottenne un altro podio al Gran Premio di Svizzera e fu quinto nella classifica finale del campionato.
1983
Nel 1983 un buon inizio gli permise, dopo due gare, di essere in testa al campionato, cosa che non accadeva dal 1977. Ottenne il terzo posto nella gara inaugurale in Brasile e compì una grande impresa, culminata con il secondo posto, al Gran Premio degli USA-Ovest: partito con il compagno di squadra John Watson nelle ultime posizioni, per problemi di gomme nelle prove, i due piloti della McLaren furono artefici di una rimonta eccezionale che li portò a finire il Gran Premio in testa ottenendo una doppietta. Ma al di fuori di circuiti tortuosi come il cittadino di Long Beach, teatro dell'impresa nordamericana, la McLaren con motore aspirato non dava grandi possibilità contro le più potenti vetture turbo. Sicché dopo una stagione senza altri acuti, a partire dal Gran Premio d'Olanda Lauda cominciò a portare in pista il motore sovralimentato TAG Porsche TTE PO1 che mostrò già un buon livello di competitività all'ultima gara in Sud Africa dove lottò per la vittoria prima di essere fermato da un guasto a pochi giri dalla fine.
1984


Lauda guida la McLaren MP4/2 a Dallas nel 1984
Nel 1984 con la limitazione del serbatoio delle vetture a 220 L e divieto di rifornimento, molte squadre andarono in crisi con finali di gara in cui mancava la benzina, mentre le McLaren MP4/2 pilotate da Lauda e dal nuovo compagno Alain Prost furono molto competitive e senza accusare problemi di consumi, i motori progettati dalla Porsche e finanziati dalla TAG, godevano dell'esperienza che la Porsche aveva nel Campionato Mondiale Sportprototipi dove queste limitazioni erano in vigore dal 1982. Lauda e Prost si spartirono le vittorie nella prima fase di stagione, con l'esclusione del Gran Premio del Belgio dove si ritirarono entrambi, fino alla trasferta in nord America; qui ci fu un recupero di competitività della Brabham di Piquet che vinse 2 gare e poi il rocambolesco Gran Premio a Dallas che cominciò con problemi di tenuta dell'asfalto e finì con una interminabile serie di ritiri, compreso quello delle due McLaren.


Lauda sul gradino più alto del podio a Monza nel 1984, fra Michele Alboreto e Riccardo Patrese
Al ritorno in Europa le McLaren monopolizzarono la stagione, Lauda ottenne cinque podi consecutivi di cui tre vittorie e 2 secondi posti dietro a Prost, tra queste ci fu la sua prima vittoria nel Gran Premio di casa: incredibilmente non era mai riuscito a vincere in Austria. Dopo questa sequenza, che finì con la vittoria al Gran Premio d'Italia, i giochi parevano fatti a favore di Lauda, invece le ultime due gare furono appannaggio di Prost; Lauda all'ultimo Gran Premio, svoltosi per la prima volta in Portogallo, dovette conquistarsi il titolo mondiale, partendo indietro sullo schieramento di partenza, e rimontando fino a raggiungere il secondo posto in gara. Il terzo titolo mondiale lo ottenne, dopo cinque affermazioni stagionali, per solo mezzo punto, che ancora oggi è il minor vantaggio mai ottenuto sul secondo classificato (dovuto al dimezzamento del punteggio del Gran Premio di Monaco, terminato prima del raggiungimento del 75% della distanza totale prevista).
1985


Lauda (a sinistra) su McLaren nella stagione 1985, la sua ultima in F1, alle prese con la Renault RE60 di Patrick Tambay
La stagione successiva lo vide vittima di una serie di inconvenienti tecnici, nonostante fosse spesso in grado di lottare per la vittoria, che gli impedirono di avere una buona classifica. Al Gran Premio d'Austria annunciò il ritiro dalle competizioni a fine stagione e cercò di ripetere il successo dell'anno prima nella gara di casa ma dopo aver dominato fu costretto anche qui al ritiro. Il riscatto lo ottenne nel successivo Gran Premio d'Olanda unica vittoria della stagione e che fu la sua ultima in Formula 1.
Il secondo e ultimo ritiro[modifica | modifica wikitesto]
Dopo il ritiro dalle competizioni attive, oltre a occuparsi della propria compagnia aerea, ha svolto la professione di commentatore televisivo per emittenti di lingua tedesca, ed è stato consulente di diversi team di Formula 1, tra cui Ferrari e Jaguar, per quanto riguarda problemi organizzativi e gestione della squadra.
Nel settembre 2012 è stato nominato presidente onorario non esecutivo della scuderia motoristica Mercedes AMG F1,[34] della quale detiene anche una partecipazione azionaria (10%);[35] in questa veste, nel 2013 è stato tra i fautori dell'arrivo in seno alla squadra di Lewis Hamilton,[36] poi vincitore di numerosi titoli mondiali per la casa tedesca.
Vita privata[modifica | modifica wikitesto]
Niki Lauda si è sposato due volte ed è padre di cinque figli[37]. Il primo matrimonio fu celebrato nel 1976 con Marlene Knaus: quest'ultima fu particolarmente vicina al pilota durante il periodo dell'incidente del Nürburgring. La coppia ha avuto due figli, Lucas (nato nel 1979) e Mathias (nato nel 1981, anch'egli pilota), per poi divorziare nel 1991. Ha avuto il terzogenito Christoph nel 1982 da un'altra relazione extraconiugale.
In seconde nozze Lauda ha sposato nel 2008 una hostess che lavorava nella seconda compagnia aerea da lui fondata (la Fly Niki), Birgit Wetzinger (nata nel 1979). Dalla Wetzinger Lauda ha avuto altri due figli nel 2009, i gemelli Max e Mia[37]. Birgit aveva donato un rene al pilota nel 2005, a seguito di una malattia che aveva colpito Lauda già da molti anni, probabilmente qualche strascico dell'incidente del 1976. Precedentemente Niki Lauda aveva subito un altro trapianto di rene, donatogli dal fratello Florian nel 1997.
Il 2 agosto 2018 viene ricoverato presso l'Allgemeines Krankenhaus di Vienna a causa di complicanze dovute ad una infezione polmonare, subendo un trapianto di polmone.[38]
Dopo aver passato quasi un anno di degenza dovuta al difficile intervento, e alla successiva dialisi a cui è stato sottoposto, il 3 volte campione del mondo di Formula 1 si è spento nella notte tra il 19 ed il 20 maggio 2019 tra le braccia dei famigliari. L’annuncio della morte è stato pubblicato su “The Sun” dalla famiglia.
R:I:P: Grande Campione!!!!!

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lampaDINA e lampaDario
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Addio alla leggenda della F1
R.I.P Niki Lauda



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vapo
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E DOPO LA MAGNIFICENZA DI NIKI LAUDA - ANKE DA ME UN "REST IN PEACE" - CONTINUO CON
LA MAGNIFICENZA DI

DARIO IL GRANDE.

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È morta Valeria Valeri, una vita per il teatro e poi «nonna»in tv
A 97 anni, dopo una vita spesa in palcoscenico, si è spenta ieri a Roma Valeria Valeri, una grande attrice e una grande voce del teatro italiano, attiva fin dalla metà degli anni 40 e massima esperta, specie negli ultimi anni del genere brillante e boulevardier, insieme a Paolo Ferrari, avendo alle spalle i classici. Nata a Roma come Valeria Tulli l’8 dicembre 1921 segue i corsi di Elsa Merlini e poi sarebbe scelta come annunciatrice radiofonica, ma preferisce il teatro di prosa che frequentò ai massimi livelli. Maliziosa e spiritosa come poche, aveva il registro drammatico tanto che gli inizi la vedono con Gino Cervi e la Pagnani recitare Gorkji e «Harvey», Shakespeare (Porzia nel «Mercante di Venezia») e Sauvajon.

Giocava su due banchi, con due registri e la voce, che usò spesso per doppiaggio, la modulava con quelle tipiche cantilene e lievi storpiature che in teatro si chiama il «birignao». Grande stagione fu con lo Stabile di Genova dal ’55 in poi con Squarzina regista: è protagonista di Giraudoux («Ondina»), Cecov, Dostoevskji, Fabbri e fu la «Moglie ideale» di Praga, in gara con la Ferrati. Nel ’58 la svolta fu entrare a far parte degli Attori Associati, il che significò anche l’unione con Enrico Maria Salerno (e Garrani e Sbragia) interpretando «Sacco e Vanzetti», dove era la moglie di Sacco.


Pur senza i vincoli del matrimonio cui Salerno era refrattario, la Valeri fu la sua compagna e con lui ebbe Chiara, anche lei attrice. Fu anche sua partner e resta famosa in tv «La famiglia Benvenuti», primo esempio di sociologia della middle class all’italiana nel momento del pre boom. E poi ancora negli anni 60 recitò con Alberto Lupo e forma una coppia eccezionale con Alberto Lionello con cui fa conoscere in Italia «L’anatra all’arancia». Il suo talento comico finissimo non poteva sfuggire a Garinei e Giovannini che la scritturarono per «Anche i bancari hanno un’anima» con Bramieri, cui segue un lungo sodalizio con un altro attore brillante come Paolo Ferrari.
Insieme recitano «Fiore di cactus», la commedia di Costanzo «Vuoti a rendere», «Sinceramente bugiardi» (con la figlia Chiara in scena), il famoso «Gin Game» che fu cavallo di battaglia anche della sua omonima Franca Valeri con cui non esistono parentele se non di palcoscenico. È sempre happy end, la Valeri ama le commedie vecchio stile in tre atti, da «Love letters» a «La cicogna si diverte», «La fuggitiva» (insieme alla Vukotic), «Madame Lupin» e «Il clan delle vedove», manda a casa il pubblico contento ed è uno dei volti più amati, ma ha dato prova di essere capace di importanti ruoli («La vita è sogno» di Calderón de la Barca).
Non aveva tempo per il cinema, ma quando era con Salerno ebbe un bel ruolo in «Le stagioni del nostro amore» di Vancini e la sua attività di doppiatrice è ricchissima: diede la voce a Natalie Wood, Ellen Burstyn, Maggie Smith, Marina Vlady, Betsy Blair e pure alle eroine televisive di «Capitol» e «Beautiful». In tv la si ricorda, sempre per la sua bravura unita a una carica di simpatia e di umanità di madre e moglie: era la mamma di Gian Burrasca con la Pavone diretta dalla Wertmuller nel ’64 cui segue il grandissimo successo della già citata «Famiglia Benvenuti» con Salerno, regìa di Giannetti.
Ma anche di recente la troviamo nei cast di «Compagni di scuola», di «Un posto al sole», è la mamma della Sandrelli nella «Tassista» di Sanchez e la nonna vitale di «Una famiglia in giallo», sulla falsariga della Signora in giallo Angela Lansbury. Nel 2008, sempre pronta a nuove esperienze, la vediamo sul palco del musical «Portamitanterose.com» al fianco dei ragazzi di «Amici» della De Filippi, finendo il 16 gennaio 2016 ospite di Massimo Ranieri in «Sogno o son desto».
R.I.P.

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R.I.P Valeria Valeri




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dany61
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Franco Zeffirelli, all'anagrafe Gian Franco Corsi Zeffirelli (Firenze, 12 febbraio 1923 – Roma, 15 giugno 2019.è stato un regista, sceneggiatore, scenografo e politico italiano.
Nato fuori dal matrimonio da Ottorino Corsi, un commerciante di stoffe originario di Vinci, e dalla fiorentina Alaide Garosi Cipriani, ebbe un'infanzia tribolata dovuta al mancato riconoscimento paterno, che avvenne solo a 19 anni, e alla prematura scomparsa della madre. Giorgio La Pira fu suo istitutore ai tempi del collegio nel convento di San Marco a Firenze, e dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti a Firenze, esordì come scenografo nel secondo dopoguerra, curando una messa in scena di Troilo e Cressida diretta da Luchino Visconti.
Compì, insieme con Francesco Rosi, le prime esperienze nel cinema come aiuto regista dello stesso Visconti in La terra trema e in Senso, nonché di Antonio Pietrangeli ne Il sole negli occhi (1953). Nel 1953 cura bozzetti e figurini per l'Italiana in Algeri per la regia di Corrado Pavolini al Teatro alla Scala di Milano. Negli anni cinquanta esordì come regista sia in teatro sia al cinema.
Alla Scala nel 1954 cura la regia di La Cenerentola e di L'elisir d'amore, nel 1955 Il Turco in Italia portata anche in trasferta nel 1957 al King's Theatre di Edimburgo, nel 1957 La Cecchina, ossia La buona figliuola, nel 1958 Mignon e nel 1959 Don Pasquale, al Teatro Verdi di Trieste nel 1958 Manon Lescaut e al Royal Opera House, Covent Garden di Londra nel 1959 Lucia di Lammermoor portata anche in trasferta al King's Theatre di Edimburgo nel 1961, Cavalleria rusticana e Pagliacci. Sul grande schermo esordì con Camping (1957), una commedia di ambiente giovanile. Ancora al Covent Garden nel 1960 disegna i costumi di Joan Sutherland per La traviata.
Ancora alla Scala nel 1960 cura la regia de Le astuzie femminili e di Lo frate 'nnamorato, nel 1963 La bohème e Aida, nel 1964 La traviata, al Teatro La Fenice di Venezia nel 1960 Alcina e nel 1961 Lucia di Lammermoor, a Trieste nel 1961 Rigoletto e nel 1967 Falstaff, al Glyndebourne Festival Opera nel 1961 L'elisir d'amore, a Londra nel 1961 Falstaff, nel 1962 Don Giovanni e Alcina e nel 1964 Tosca, Rigoletto e I puritani, al Wiener Staatsoper nel 1963 La bohème (che fino al 2014 va in scena 410 volte) e al Metropolitan Opera House di New York nel 1964 Falstaff e nel 1966 la prima assoluta di Antony and Cleopatra di Samuel Barber di cui è anche il librettista.
Verso la fine degli anni sessanta si impose all'attenzione internazionale in campo cinematografico grazie a due trasposizioni shakespeariane: La bisbetica domata (1967) e Romeo e Giulietta (1968). Nel 1966 realizzò un documentario sull'alluvione di Firenze intitolato Per Firenze. Negli anni sessanta Zeffirelli diresse alcuni spettacoli memorabili nella storia del teatro italiano, come l'Amleto con Giorgio Albertazzi, recitato anche a Londra in occasione delle celebrazioni shakespeariane nel quattrocentesimo anniversario della nascita del grande drammaturgo (1964), Chi ha paura di Virginia Woolf? con Enrico Maria Salerno e Sarah Ferrati, La lupa di Giovanni Verga con Anna Magnani.
Ancora al Metropolitan nel 1970 cura la regia di Cavalleria rusticana e nel 1972 Otello, alla Scala nel 1972 Un ballo in maschera e nel 1976 Otello, a Vienna nel 1972 Don Giovanni e nel 1978 Carmen e al Grand Théâtre di Ginevra nel 1978 La Fille du Regiment. Nel 1971 diresse Fratello sole, sorella luna, una poetica rievocazione della vita di Francesco d'Assisi. Scenografo e allievo di Luchino Visconti, le sue opere furono sempre accurate nelle ricostruzioni di ambiente, e scelse sempre soggetti di forte impatto emotivo sul pubblico.
Nel dicembre del 1974 cura la regia televisiva in mondovisione della cerimonia di apertura dell'Anno Santo. Nel gennaio del 1976 torna a collaborare col Teatro alla Scala di Milano, allestendo ancora una volta la sua celebre Aida, diretta da Thomas Schippers e con Montserrat Caballé e Carlo Bergonzi come protagonisti. Il 7 dicembre 1976 firma regia e scene di una storica edizione di Otello di Giuseppe Verdi che inaugura la stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano, con la direzione di Carlos Kleiber e protagonisti Plácido Domingo, Mirella Freni e Piero Cappuccilli. L'opera viene, per la prima volta, trasmessa in diretta dalla RAI.
Dopo il successo del film televisivo Gesù di Nazareth (1976), una coproduzione internazionale sulla vita di Gesù; realizzò, tra gli altri, Il campione (1979), Amore senza fine (1981), Il giovane Toscanini (1988). Nel 1990 tornò a Shakespeare con un nuovo adattamento cinematografico di Amleto. Nel 1981 cura la regia di Cavalleria rusticana e di Pagliacci alla Scala, 1983 mise in scena Turandot di Giacomo Puccini al Teatro alla Scala, e Sei personaggi in cerca d'autore di Luigi Pirandello e nel 1985 Il lago dei cigni alla Scala, al Metropolitan nel 1981 La bohème, nel 1985 Tosca, nel 1987 Turandot e nel 1989 La traviata, all'Opéra National de Paris nel 1986 La traviata e a Trieste nel 1987 La figlia del reggimento.
Ancora al Met nel 1990 cura la regia di Don Giovanni e nel 1996 Carmen e alla Scala nel 1992 Don Carlo e nel 1996 La Fille du Regiment. Nel 1993 tornò al cinema con Storia di una capinera, da Giovanni Verga. Nel 1994 è eletto senatore della repubblica nelle Liste di Forza Italia della circoscrizione Catania ottenendo un numero record di voti che riconferma con la sua rielezione a senatore del 1996.
Successivamente allestì all'Arena di Verona, nel 1995 Carmen di Georges Bizet ripresa poi nel 1996 e 1997, 1999, 2002 e 2003, 2006, dal 2008 al 2010, 2012, 2014 e nel 2016; nel 2001 Il trovatore opera andata in scena anche nel 2002, 2004, 2010, 2013 e 2016, nel 2002 Aida di Giuseppe Verdi riproposta dal 2003 al 2006, 2010 e 2015; nel 2004 Madama Butterfly andata in scena anche nel 2006, 2010, 2014 e 2017, nel 2010 Turandot di Giacomo Puccini, ripresa nel 2012, 2014 e 2016, e nel 2012 Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart realizzata anche nel 2015.
Tra il 1996 e il 1999 ha diretto i film Jane Eyre e Un tè con Mussolini, quest'ultimo parzialmente autobiografico. Nel dicembre 1999, tornò a dirigere le riprese televisive della cerimonia di apertura dell'Anno Santo. Nel 2002 sempre per il grande schermo, realizzò Callas Forever, liberamente ispirato alla vita di Maria Callas. Ancora per il Metropolitan nel 2002 cura la regia de Il barbiere di Siviglia al Cunningham Park. Fino al 2014 sono oltre 800 gli spettacoli con la sua regia andati in scena al Met.
Il 24 novembre 2004 la regina Elisabetta II lo nominò Cavaliere Commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico (KBE). Nel 2006 ha curato il suo quinto allestimento dell'Aida interpretata da Violeta Urmana per l'inaugurazione del Teatro alla Scala. Dal 21 aprile a 3 maggio 2007 è andato in scena il suo nuovo allestimento de La traviata di Giuseppe Verdi per il Teatro dell'Opera di Roma, con direzione d'orchestra Gianluigi Gelmetti, soprano Angela Gheorghiu, baritono Renato Bruson, tenore Vittorio Grigolo. La prima dello spettacolo del 21 aprile è stata trasmessa in diretta in ventidue sale cinematografiche. Al Teatro Filarmonico di Verona esordisce nel 2012 con Pagliacci.
Muore la mattina del 15 giugno 2019 a Roma, all'età di 96 anni.[2]
Vita privata[modifica | modifica wikitesto]
Franco Zeffirelli, dichiaratamente omosessuale[3], si definiva cattolico. Era vicino al centro-destra, per il quale era stato senatore, ed era molto amico di Silvio Berlusconi.[4] Ebbe modo di dichiarare di non apprezzare il «movimento gay», in quanto per lui «l'omosessuale non è uno che sculetta e si trucca. È la Grecia, è Roma. È una virilità creativa».[5][6][7]
Negli anni cinquanta ebbe un lungo e travagliato rapporto con il regista Luchino Visconti; i due convissero per diversi anni nella villa di Visconti sulla via Salaria a Roma.
Era un noto acceso tifoso della Fiorentina; in passato, era stato protagonista di grandi polemiche con la Juventus, prendendo spunto dalla rivalità delle rispettive tifoserie.
A seguito di una ricerca genealogica condotta da due studiosi, è stato supposto che Zeffirelli fosse imparentato con Leonardo da Vinci[9].
Regista cinematografico[modifica | modifica wikitesto]
Tra i più famosi registi italiani nel mondo[10] (i suoi film sono quasi tutti produzioni internazionali[11]), Franco Zeffirelli come regista cinematografico si caratterizza per l'eleganza formale e l'attenzione per il melodramma e le storie d'amore[12], sviluppate con senso dello spettacolo e gusto figurativo prezioso, non esente tuttavia da esuberanze manieristiche[13] e dall'estetismo[14] e scadente talvolta nell'oleografico

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Valentina Cortese (Milano, 1º gennaio 1923 – Milano, 10 luglio 2019) è stata un'attrice italiana.
Chi le era vicino, racconta che la morte del figlio unico, Jackie Basehart, nel 2015, gioia e dolore della sua vita, sia stato il colpo più duro. "Ancora un giro di clessidra e lo raggiungo", ripeteva Valentina Cortese con quella stessa voce morbida di quando, nel '73, recitava Séverine, l'ironico autoritratto di star col turbante in Effetto Notte di François Truffaut. L'ultima grande diva del cinema e del teatro italiano se ne è andata a 96 anni nella sua bella casa, l'ex-conventino di piazza S. Erasmo, luogo magico di Milano dove aveva vissuto l'amore furioso e passionale con Giorgio Strehler e quello placido col marito, l'industriale farmaceutico Carlo De Angelis, che le fu devoto. Qui, la sua gloriosa parabola si era, negli ultimi tempi, fatta più triste, per l'immobilità della vecchiaia e la discussa convivenza con Tatiana, la nuora, che la teneva in un isolamento sospetto ormai da qualche anno: gli amici raccontano che avesse venduto la casa della Giudecca aggirando Valentina, che la controllasse in tutto, filtrasse severamente le persone che potevano vederla e, cosa più crudele, che avesse sgombrato la casa dei suoi amati cimeli per allontanarla dal proprio passato. Quasi la trama di un noir. La camera ardente è al Piccolo Teatro Grassi di Milano, voluta lì dal direttore Sergio Escobar, il "suo" palcoscenico, giovedì 11 luglio dalle 12 alle 19 e venerdì fino alle 10.30, seguite dai funerali alle 11 nella chiesa di San Marco.
I giovani non la ricordano, perché da anni Valentina Cortese viveva solo una vita privata, ma c'è stato un tempo in cui il suo nome era sinonimo di divismo e glamour e lei era una delle più grandi attrici italiane a Hollywood, Roma, Parigi, Londra e Milano: la sua seduttrice di camionisti in I corsari della strada, il noir di Jules Dassin del '49, Ljuba nel Giardino dei ciliegi diretto a teatro da Giorgio Strehler, con Séverine di Truffaut sono icone indimenticabili.


Occhi verdi pieni di fuoco, pelle perlacea, charme, eleganza haute couture, era amica della principessa Grace e di Ingrid Bergman che le dedicò l'Oscar nel '75 ("Lo meritava lei per Effetto Notte, non io", disse Bergman all'Academy). "Ho fatto i pop corn a casa di Paul Newman e ho tenuto a battesimo Anthony, il figlio di Gregory Peck", raccontava . Con la sua luminosa bellezza e un bel caratterino testardo ha attraversato una vita temeraria, ricca e divertita che qualche anno fa raccontò in un libro Quanti sono i domani passati. Aveva debuttato a 17 anni nel '40 nel cinema: primo ruolo importante Lisabetta in La cena delle beffe (1942) di Alessandro Blasetti, ma il successo lo ha in Caccia all'uomo (1948) e Tempesta su Parigi (1948).

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Andrea Calogero Camilleri (Porto Empedocle, 6 settembre 1925 – Roma, 17 luglio 2019) è stato uno scrittore, sceneggiatore, regista, drammaturgo e insegnante italiano. Ha insegnato regia all'Accademia nazionale d'arte drammatica.
Studi e formazione
Andrea Camilleri nasce il 6 settembre del 1925 a Porto Empedocle (AG), figlio unico di Carmelina Fragapane e di Giuseppe Camilleri, ispettore delle compagnie portuali che partecipò alla marcia su Roma.[1]
Vive a Roma dalla fine degli anni quaranta e dal 1968 trascorre alcuni mesi l'anno a Bagnolo, frazione di Santa Fiora nel territorio del Monte Amiata in Toscana[2]. Dal 26 settembre 2014 è cittadino onorario del borgo toscano, da lui descritto come suo "luogo del cuore"[3][4]; il 14 agosto 2017 gli viene intitolato il Teatro Comunale del paese grossetano.[5]
Dal 1939 al 1943, dopo una breve esperienza in collegio vescovile (fu espulso perché lanciò delle uova contro un crocifisso), studia al Liceo Classico "Empedocle" di Agrigento dove nel 1943 otterrà la maturità senza fare esami, poiché, a causa dei bombardamenti e in previsione dell'imminente sbarco in Sicilia delle forze alleate, le autorità scolastiche decisero di chiudere le scuole e di considerare valido il secondo scrutinio trimestrale.[6]
A giugno dello stesso anno comincia, come ricorda lo scrittore, «una sorta di mezzo periplo della Sicilia a piedi o su camion tedeschi e italiani sotto un continuo mitragliamento per cui bisognava gettarsi a terra, sporcarsi di polvere, di sangue, di paure.» Tra il 1946 e il 1947 vive a Enna, in due misere stanzette prive di riscaldamento, e casualmente, dapprima attirato dal tepore, comincia a frequentare con assiduità la Biblioteca Comunale diretta dall'avvocato Fontanazza. Diventato suo amico questi gli fa conoscere gli scritti originali di due celebrità letterarie locali: Nino Savarese e Francesco Lanza.
Diventa anche amico di Franco Cannarozzo, che poi divenne un famoso scrittore di romanzi di fantascienza con lo pseudonimo di Franco Enna. Camilleri ricorda che il periodo ennese lo indusse a partecipare a certamen letterari, e fu proprio nel 1947, durante il suo periodo ennese, che vinse il Premio Firenze con alcune sue poesie. Camilleri, nel documentario Rai "Il luogo e la memoria" (da lui scritto e letto) attesta il debito letterario verso Enna: «...Ed io, proprio in quelle due stanzette, credo di essermi formato come scrittore.» [7]
Regista
Incomincia a lavorare come regista teatrale nel 1942. Nel 1944 si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Palermo, ma non consegue la laurea.[6] S'iscrive al Partito Comunista Italiano e dal 1945 pubblica racconti e poesie, arrivando anche fra i finalisti del Premio Saint Vincent.
Nel 1949 viene ammesso, unico allievo regista per quell'anno, all'Accademia nazionale d'arte drammatica, dove conclude gli studi nel 1952, contemporaneamente ad allievi attori che diverranno celebri, come Luigi Vannucchi, Franco Graziosi e Alessandro Sperlì, con i quali stringe amicizia; da allora esegue la regia di più di cento opere, soprattutto di drammi di Pirandello. Tra il 1945 e il 1950 pubblica racconti e poesie, vincendo anche il Premio Saint Vincent. Alcune sue poesie vengono pubblicate in un'antologia curata da Giuseppe Ungaretti.
Scrive i suoi primi racconti per riviste e per quotidiani come L'Italia socialista e L'Ora di Palermo.
È il primo a portare Beckett in Italia, di cui mette in scena Finale di partita nel 1958 al Teatro dei Satiri di Roma e poi ne cura una versione televisiva con Adolfo Celi e Renato Rascel. A Camilleri si devono anche le rappresentazioni teatrali di testi di Ionesco (Il nuovo inquilino nel 1959 e Le sedie nel 1976), Adamov (Come siamo stati nel 1957, prima assoluta in Italia), Strindberg, T. S. Eliot. Porta in teatro i poemi di Majakovskij nello spettacolo Il trucco e l'anima.
Carriera in Rai
Nel 1954 partecipa con successo a un concorso per funzionari Rai, ma non viene assunto perché, dice lui, comunista.[9][10][11]
Entra alla Rai tre anni dopo.[6] Nel 1957 sposa Rosetta Dello Siesto. Ha tre figlie e quattro nipoti.
Insegna al Centro sperimentale di cinematografia di Roma dal 1958 al 1965 e poi dal 1968 al 1970; è titolare della cattedra di regia all'Accademia nazionale d'arte drammatica dal 1977 al 1997. Scrive su riviste italiane e straniere (Ridotto, Sipario, Il dramma, Le thèâtre dans le monde) e dal 1995 su l'«Almanacco letterario» (Edizione dell'Altana).
Dal 1959 a tutti gli anni sessanta, tra le molte produzioni Rai di cui si occupa come delegato alla produzione hanno successo gli sceneggiati Le avventure di Laura Storm, con Lauretta Masiero, e le fiction con il tenente Sheridan, protagonista Ubaldo Lay (fra cui la miniserie La donna di quadri), ma anche Le inchieste del commissario Maigret, protagonista Gino Cervi.
Nel 1968 cura la regia del teleromanzo Lazarillo, tratto dal romanzo Lazarillo de Tormes, con Paolo Carlini e Vittorio Guerrieri.
Scrittore


Andrea Camilleri
Nel 1978 esordisce nella narrativa con Il corso delle cose, scritto dieci anni prima e pubblicato gratuitamente da un editore a pagamento con l'impegno di citare l'editore stesso nei titoli dello sceneggiato TV La mano sugli occhi tratto dal libro che non viene distribuito e rimane ignoto al pubblico dei lettori.[12] Nel 1980 pubblica con Garzanti Un filo di fumo, primo di una serie di romanzi ambientati nell'immaginaria cittadina siciliana di Vigata a cavallo fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Grazie a quest'ultima opera Camilleri riceve il suo primo premio letterario a Gela.
Nel 1984 pubblica, per Sellerio editore, La strage dimenticata, senza successo.[12]
Nel 1992 riprende a scrivere dopo dodici anni di pausa e pubblica La stagione della caccia e nel 1993 La bolla di componenda, entrambe presso Sellerio Editore[12]. Nel 1994 pubblica La forma dell'acqua, primo romanzo poliziesco con il commissario Montalbano e successivamente (1995) Il birraio di Preston, che partecipa al Premio Viareggio e grazie al quale, pur senza classificarsi, riesce a ottenere un discreto successo di pubblico.[13]
Camilleri diventa un autore di grande successo e i suoi libri, ristampati più volte, vendono mediamente intorno alle 60 000 copie, anche se non tutti trovano il consenso unanime della critica che lo accusa di essere a volte ripetitivo.[14]
Dal 1995 al 2003 si amplia il fenomeno Camilleri, che di fatto esplode nel 1998. Titoli come Il birraio di Preston (1995) (quasi 70.000 copie vendute), La concessione del telefono e La mossa del cavallo (1999) vanno a ruba, mentre la serie televisiva su Montalbano, interpretato da Luca Zingaretti, ne fa ormai un autore cult. Nel 2001 viene pubblicato il romanzo Il re di Girgenti, ambientato nel Seicento, interamente scritto in siciliano inframmezzato con lo spagnolo.
Alla fine del 2002 accetta la nomina di direttore artistico del Teatro Comunale Regina Margherita di Racalmuto, inaugurato nel febbraio 2003 alla presenza del Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi.
Pubblica, sempre con Sellerio, altri romanzi: nel 2004 La pazienza del ragno, nel giugno 2005 La luna di carta: tutti con protagonista Salvo Montalbano. A marzo 2005 viene edito Privo di titolo. Tra il 2006 e il 2008, pubblica altri cinque romanzi che hanno per protagonista Montalbano: La vampa d'agosto, Le ali della sfinge, La pista di sabbia, Il campo del vasaio, L'età del dubbio. Nel 2007 vince il Premio letterario "La Tore - Isola d'Elba".
Il 2009 incomincia con il romanzo La danza del gabbiano, vincitore nello stesso anno della XXVI edizione del Premio Cesare Pavese. Tutti presso Sellerio nella collana La Memoria, fondata da Leonardo Sciascia.
Nel 2010 nella stessa collana escono i successivi romanzi di Montalbano, La caccia al tesoro e Il sorriso di Angelica, ai quali si affianca un terzo romanzo, Acqua in bocca, pubblicato da minimum fax. Scritto insieme con Carlo Lucarelli nella forma "epistolare" già sperimentata con successo ne La scomparsa di Patò, il romanzo vede per la prima volta il commissario Montalbano interagire con un altro investigatore letterario, l'ispettore Grazia Negro creata appunto da Lucarelli.
Nel febbraio 2008 per Mondadori pubblica Il tailleur grigio e nel giugno dello stesso anno con Sellerio Il casellante, secondo romanzo di una trilogia di romanzi fantastici, primo dei quali è il romanzo Maruzza Musumeci pubblicato nel 2007, conclusasi nel 2009 con Il sonaglio. Inoltre, sempre nel 2008, pubblica, per la prima volta sul web (e precisamente sul quotidiano on-line AgrigentoNotizie) un suo racconto, La finestra sul cortile (già apparso in versione cartacea sul mensile Il Nasone di Prati), che vede come protagonista sempre il commissario Montalbano, inserito come appendice nel libro Racconti di Montalbano.
Il 4 settembre 2008 ha vinto il Premio internacional de novela negra RBA[15] con un inedito in lingua spagnola dal titolo La muerte de Amalia Sacerdote che sarà pubblicato in Spagna il 9 ottobre 2008 e in Italia nel 2009 con il titolo La rizzagliata.
Di particolare interesse la serie di romanzi dedicata ai grandi pittori: nel 2007 pubblica per Mondadori Il colore del sole (Caravaggio), nel 2008 per Skira La Vucciria (Guttuso) e nel 2009 sempre per Skira il romanzo ambientato nella "sua" Agrigento Il cielo rubato. Dossier Renoir (Renoir).
Nel 2009 pubblica per Rizzoli il romanzo pirandelliano La tripla vita di Michele Sparacino.
Nel 2010, oltre ai già citati romanzi con protagonista Montalbano, escono presso Sellerio Il nipote del Negus, una divertente storia ambientata nella Vigata del ventennio fascista, e, presso Mondadori, L'intermittenza, thriller ambientato nella Milano odierna.
Nel 2011 Camilleri collabora con Edoardo De Angelis nel brano Spasimo, contenuto nell'album del cantautore romano Sale di Sicilia, insieme con Franco Battiato. Sempre lo stesso anno gli viene conferito il Premio Fondazione Il Campiello.
Nell'album di Daniele Silvestri S.C.O.T.C.H., che vanta la collaborazione di numerosi artisti: Niccolò Fabi, Pino Marino, Diego Mancino, Raiz, Stefano Bollani, Peppe Servillo, vi è anche Camilleri, che compare per la prima volta su un disco, precisamente al termine del brano Lo scotch, dove racconta una storia avvenuta durante un viaggio in treno. Negli anni seguenti sino a oggi Camilleri continua a pubblicare numerosi romanzi con protagonista Montalbano o che trattano eventi storici rielaborati dalla sua fantasia.
Camilleri è stato tradotto in almeno 120 lingue (tra cui inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, irlandese, russo, polacco, greco, norvegese[16], ungherese, giapponese, ebraico e croato)[17] e ha venduto più di 10 milioni di copie.[18][19][20]
Nella nota finale del suo centesimo libro, L'altro capo del filo, pubblicato nel maggio 2016, Camilleri dichiara che questo è «un Montalbano scritto nella sopravvenuta cecità», infatti, a 91 anni ha dovuto dettare il romanzo alla sua assistente Valentina Alferj, «l'unica che sia in grado di scrivere in vigatese.»[21][22]. Nel 2016 ha generato diritti d'autore per 283.000€ posizionando Camilleri al posto n.5 della classifica degli scrittori italiani più ricchi, rispettivamente dietro a Carlo Carmine, Giacomo Bruno, Michele Tribuzio, Alex Abate, autori e talora essi stessi editori, come Giacomo Bruno, per lo più di manuali di vita pratica[23].
Il filone narrativo del Commissario Montalbano è destinato a una conclusione in quanto nel 2006 Andrea Camilleri ha consegnato all'editore Sellerio l'ultimo libro con il finale della storia, chiedendo che questo venisse pubblicato dopo la sua morte; dichiarerà in proposito:
«Ho scritto la fine dieci anni fa... ho trovato la soluzione che mi piaceva e l'ho scritta di getto, non si sa mai se poi arriva l'Alzheimer. Ecco, temendo l'Alzheimer ho preferito scrivere subito il finale. La cosa che mi fa più sorridere è quando sento che il manoscritto è custodito nella cassaforte dell'editore... È semplicemente conservato in un cassetto [24].»
"Non può cadere in un burrone come Sherlock Holmes e poi ricomparire in altre forme" racconta lo scrittore, che - rivelando il segreto dell'ultimo libro della serie - assicura: "Montalbano non muore"[25].
Una caratteristica dei libri di Andrea Camilleri è che hanno tutti una struttura prefissata e ben regolare:
«Per un romanzo di Montalbano diciotto capitoli ciascuno di dieci pagine, ogni pagina nel mio computer vuol dire 23 righe. Un romanzo ben congegnato sta perfettamente in 180 pagine. Per i racconti, 24 pagine, o meglio 4 capitoli di 6 pagine ciascuno. Se non sento questa mia metrica vuol dire che qualcosa non va [26].»
La lingua di Camilleri
Una peculiarità di alcuni romanzi di Camilleri è l'uso di un particolare linguaggio commisto di italiano e siciliano.[27] Come sue prime opere letterarie Camilleri scrisse poesie che rispettavano scrupolosamente le regole di composizione e usavano il linguaggio letterario italiano. Le sue poesie furono premiate in concorsi poetici importanti e furono riconosciute come notevoli, tanto che Giuseppe Ungaretti le fece stampare in una sua antologia e lo stesso fece Ugo Fasolo. In seguito lo stesso Salvatore Quasimodo insistette per avere delle sue poesie da pubblicare. Il nuovo interesse per il teatro fece però abbandonare a Camilleri la poesia, anche se continuò con la scrittura di brevi racconti in italiano. Questo fino a quando, avendo deciso di voler rappresentare opere teatrali sue con parole sue, si rese conto di non riuscire a esprimersi in italiano in opere di grande respiro, e così smise di scrivere sia in versi sia in prosa.
Lavorando per il teatro Camilleri s'imbatté nelle opere in dialetto di Carlo Goldoni e del Ruzante e da lì gli nacquero l'amore per Gioacchino Belli e Carlo Porta e la scoperta dell'uso letterario del siciliano, che gli fece tornare la voglia di scrivere.
Il particolare linguaggio di Camilleri si formò quando, assistendo in ospedale suo padre morente, volle raccontargli una storia[28] che avrebbe voluto pubblicare ma che non era capace di comporre in italiano: fu suo padre a suggerirgli di scriverla come gliel'aveva raccontata.
Tuttavia uno scrittore che volesse essere compreso da tutti non poteva esprimersi completamente in siciliano, pertanto occorreva adottare un linguaggio equilibrato dove i termini dialettali avessero la stessa qualità e significanza, la stessa risonanza di quelli italiani. Fu un duro lavoro di elaborazione che continua tuttora, ad esempio nei romanzi scritti in vigatese dove la base del lavoro è sempre una iniziale struttura in lingua italiana, con cui mescolare i termini tratti non dalla letteratura alta ma dai vari dialetti siciliani comunemente parlati.
«... Non si tratta di incastonare parole in dialetto all'interno di frasi strutturalmente italiane, quanto piuttosto di seguire il flusso di un suono, componendo una sorta di partitura che invece delle note adopera il suono delle parole. Per arrivare ad un impasto unico, dove non si riconosce più il lavoro strutturale che c'è dietro. Il risultato deve avere la consistenza della farina lievitata e pronta a diventare pane.»[29][30]
Attore

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Camilleri recita Tiresia al Teatro Greco di Siracusa
Camilleri è stato anche attore, interpretando la parte di un vecchio archeologo nel film del 1999 di Rocco Mortelliti La strategia della maschera. Il film giallo, che ha avuto scarso successo sia presso la critica sia presso il pubblico, narra gli eventi che si svolgono tra la Sicilia e Roma relativi alla sparizione di preziosi reperti archeologici.[31] Ha detto l'esordiente attore che in effetti «Non è la mia prima volta da attore, mi è capitato anni fa in Quel treno da Vienna, secondo di tre film per la televisione tratti dai romanzi di Corrado Augias, con Jean Rochefort. Io facevo il suo capo nei servizi segreti.»[32]
L'11 giugno 2018 ha recitato al Teatro Greco di Siracusa il suo monologo Conversazione su Tiresia in cui ripercorre la vita dell'indovino cieco collegandola alla sua sopravvenuta cecità.[33][34]
Ispirazione per fumetti
Nel numero 2994 del fumetto Topolino del 16 aprile 2013 appare la storia "Topolino e la promessa del gatto". Il racconto ambientato in Sicilia vede Topolino aiutare il commissario Salvo Topalbano, parodia del celebre commissario Salvo Montalbano. Un altro personaggio della storia, il signor Patò, è stato disegnato secondo la fisionomia dello scrittore siciliano.[35] . La storia, disegnata da Giorgio Cavazzano e tratta dai testi di Francesco Artibani, è stata supervisionata proprio da Camilleri.[36]. Lo stesso autore in un'intervista afferma che è la prima volta che il suo personaggio appare in un fumetto nonostante avesse avuto altre offerte in passato.[37]
Impegno politico


Camilleri al "No Cav Day", l'8 luglio 2008, in piazza Navona
Ha partecipato alla manifestazione "No Cav Day", l'8 luglio 2008 a piazza Navona, contro i provvedimenti del governo Berlusconi IV in materia di giustizia.
Il 29 gennaio 2009 decide di entrare in politica prospettando il "Partito dei Senza Partito" insieme con Antonio Di Pietro e Paolo Flores d'Arcais per partecipare alle elezioni europee del 2009[38] ma il 12 marzo dello stesso anno viene annunciato il mancato accordo fra i tre.
Nel marzo 2013, in seguito alle Elezioni politiche, assieme ad altri personaggi famosi lancia una raccolta firme con l'appoggio di MicroMega con l'intento di non fare entrare al Senato Silvio Berlusconi per la questione del conflitto d'interessi facendo applicare il D.P.R. n. 361 del 1957, riprendendo peraltro l'iniziativa portata avanti già nel 1994 e nel 1996 da un altro comitato di personaggi e conclusasi con il parere sfavorevole della Giunta delle elezioni della Camera dei deputati.[39]
Il 5 giugno 2013, nel corso della presentazione in un programma televisivo del suo libro Come la penso, ha espresso alcune sue considerazioni sulla situazione politica italiana; la sua contrarietà al governo Letta e alla rielezione del capo dello Stato Giorgio Napolitano.[40]
Ha manifestato il suo appoggio alla lista Tsipras per le elezioni europee del 2014, salvo poi ritirarlo per polemiche interne.[41]
Vita privata
La mattina del 17 giugno 2019, Camilleri è stato ricoverato all'ospedale Santo Spirito di Roma per un arresto cardiorespiratorio. Giunto in condizioni critiche, viene ricoverato, in prognosi riservata, nel reparto di rianimazione. Il creatore del commissario Montalbano è stato colpito dal malore mentre si stava preparando a partecipare con la sua Autodifesa di Caino il 15 luglio allo spettacolo che si sarebbe tenuto alle antiche Terme di Caracalla. «Se potessi vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio '****o', passare tra il pubblico con la coppola in mano» ha detto più volte Camilleri.[42]
Il 17 giugno 2019 viene ricoverato per un arresto cardiaco all'ospedale Santo Spirito di Roma, dove è deceduto il 17 luglio dello stesso anno senza mai aver ripreso conoscenza
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Alberto Sironi (Busto Arsizio, 5 agosto 1940– Assisi, 5 agosto 2019 è stato un regista televisivo italiano.
Si forma alla scuola d'arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano[1][3], guidata da Giorgio Strehler e Paolo Grassi. Dopo diverse esperienze teatrali al Piccolo, negli anni settanta comincia a collaborare con la Rai per la quale realizza alcune inchieste in Italia e all'estero. Collabora con le redazioni sportive, in particolare con Beppe Viola[3].
Nel 1978 è sceneggiatore e regista di due telefilm tratti dalla raccolta di racconti Il centodelitti di Giorgio Scerbanenco[3].
Tra il 1987 e il 1990 scrive il soggetto originale della serie tv Eurocops e ne dirige tre episodi. Nel 1995 dirige per Raiuno Il grande Fausto, fiction biografica in due puntate su Fausto Coppi[3]. Contemporaneamente scrive e dirige alcuni sceneggiati radiofonici, tra cui Rimorsi, in ottanta puntate[3].
Sempre per la Rai dirige nel 1998 Una sola debole voce[3].
Dalla fine degli anni novanta dirige le puntate della famosa fiction RAI Il commissario Montalbano,[4] ispirata al protagonista dei romanzi di Andrea Camilleri[3][5][1]. Sempre sul tema del giallo italiano, dirige nel 2005 una fiction in due puntate tratta dai thriller legali di Gianrico Carofiglio: L'avvocato Guerrieri - Testimone inconsapevole e L'avvocato Guerrieri - Ad occhi chiusi[3].
Ha diretto anche Il furto del tesoro, Salvo D'Acquisto e Pinocchio con l'attore britannico Bob Hoskins.
Muore il 5 agosto 2019, giorno del suo settantanovesimo compleanno, dopo una lunga malattia.
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Toni Morrison, pseudonimo di Chloe Anthony Wofford (Lorain, 18 febbraio 1931 – New York, 5 agosto 2019), è stata una scrittrice statunitense.
Nata a Lorain, Ohio da una famiglia nera della classe operaia originaria dell'Alabama seconda di quattro fratelli, dimostra subito grande interesse per il mondo letterario. Compie gli studi umanistici alla Howard University, dove si laurea nel 1953 in Letteratura inglese, e alla Cornell University, ai quali farà seguito una carriera accademica all'università del sud del Texas, presso la Howard University, dove avrà tra i suoi studenti Stokely Carmichael, e nel 1989 all'Università di Princeton. Nel 1958 sposa un architetto giamaicano, Harold Morrison, dal quale ha due figli e dal quale in seguito divorzia.
Nel 1965 inizia a lavorare per la casa editrice Random House di New York come editor curando le opere di diversi autori afroamericani come Gayl Jones, Toni Cade Bambara, Angela Davis e Muhammad Alì. Lavora nel frattempo come redattrice presso una prestigiosa rivista letteraria, collabora come critica letteraria e tiene numerose conferenze pubbliche che trattano della cultura afroamericana ottenendo presto la specializzazione in letteratura afroamericana. Nel 1970 compie il suo debutto come romanziera con L'occhio più azzurro (The Bluest Eye), dove viene narrata la storia di una bambina nera che desidera ardentemente assomigliare ai bianchi e vorrebbe avere gli occhi azzurri come Shirley Temple, ottenendo subito largo consenso di pubblico e di critica per il suo stile di spessore epico, per la poetica e per le descrizioni ricche ed espressive dell'America nera.
Nel 1973 pubblica il suo secondo romanzo, Sula dove viene presentato il ritratto di due donne dal carattere opposto, una ribelle e una conformista, e viene narrato il loro percorso di crescita nel periodo dell'ondata di migrazione degli anni quaranta, periodo che incise profondamente nei cambiamenti delle comunità dei neri. L'anno seguente, 1974, cura e pubblica l'antologia The Black Book raccogliendo numerosi documenti a testimonianza di 300 anni di storia afroamericana. Nel 1976 ottiene l'incarico di insegnamento presso l'Università di Yale, dove rimane per tre anni, e nel 1977 pubblica il Canto di Salomone (Song of Solomon) dove racconta le vicende di un ragazzo nero che durante gli anni sessanta parte da Detroit, dove vigevano i diritti civili, per raggiungere il paese mitico del sud da cui proviene la sua famiglia e ritrovare il suo passato razziale.
Il "Book-of-the-Month-Club" sceglie nel frattempo il libro da inserire tra il Libro del Mese e sarà questa la seconda volta, dopo la scelta del 1940 di Paura (Native Son) di Richard Wright, che un romanzo di autore afroamericano viene prescelto. Con Song of Solomon la scrittrice ottiene il National Book Critics Circle Award. Nel 1981 pubblica L'isola delle illusioni (Tar Baby) dove vengono messi in evidenza tutti i pericoli dell'alienazione della cultura nera negli anni ottanta. Diviene nel frattempo membro effettivo dell'Accademia americana delle arti e delle lettere ricevendo numerosi riconoscimenti letterari.
Lasciata nel 1984 la Random House, inizia a lavorare presso la State University of New York di Albany e in quell'anno insegna al "Bard College" e va in scena Dreaming Emmett con la regia di Gilbert Moses. Nel 1987 pubblica Amatissima (Beloved), la storia di una schiava fuggiasca che preferisce uccidere la figlia piuttosto che farle vivere le tremende condizioni della schiavitù. Con Amatissima la scrittrice ottiene nel 1988 il premio Pulitzer. Insegna intanto all'Università di Berkeley. Nel 1989 inizia ad insegnare Studi afroamericani e Scrittura creativa all'Università di Princeton e nel 1990 ottiene il premio internazionale Chianti Ruffino Antico Fattore. Nel 1992 pubblica Jazz e Playing in the Dark ("Giochi al buio"), un volume che raccoglie tutti i testi inerenti alle conferenze tenute presso l'Università Harvard ed esce alle stampe un'antologia di saggi riguardanti il caso Clarence Thomas-Anita Hill (re-Racing Justice, En-Gendering Power). Nel 1993 riceve il premio Nobel per la Letteratura.
Tra i suoi scritti si ricorda ancora Paradiso (1998), romanzo discusso e di non facile lettura, che riproduce oltre due secoli di storia afro-americana e Amore del 2004, che narra la storia di due giovani amiche; romanzo corale che fa uso continuo dei flashback, ed è, oltre che una profonda indagine sulla natura dell'animo umano, un'analisi sociale della comunità afroamericana. Insieme ad Alice Walker, autrice tra gli altri de Il colore viola, la Morrison è considerata tra i massimi rappresentanti della narrativa afroamericana degli ultimi cinquant'anni. Vicina al Partito Democratico, la scrittrice si schiera con Barack Obama in vista delle elezioni presidenziali statunitensi del 2008[1]. Tutti i suoi romanzi sono pubblicati in Italia da Frassinelli Editore.
Si spegne a New York, nel Bronx, al Montefiore Medical Center, dopo una breve malattia (complicanze di una polmonite, come ha fatto sapere il suo editore Alfred A. Knopf, il 5 agosto 2019.


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Inserito il - 14/08/2019 : 07:11:57  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Nadia Toffa (Brescia, 10 giugno 1979 – Brescia, 13 agosto 2019[1][2]) è stata una conduttrice televisiva e giornalista italiana, nota per la partecipazione al programma televisivo di Italia 1 Le Iene.
Dopo aver frequentato il Liceo classico Arnaldo a Brescia, si laureò in lettere con percorso storico-artistico all'Università di Firenze.

Carriera televisiva
Apparve la prima volta in televisione all'età di 23 anni su Telesanterno, un'emittente televisiva locale. Prima di iniziare il suo percorso con Le Iene, lavorò per quattro anni per Retebrescia. Nel 2009 diventò un'inviata del programma televisivo Le Iene, registrando numerosi servizi. Tra i più celebri si ricordano quelli su presunte truffe compiute da farmacie ai danni del servizio sanitario nazionale (durata tre mesi, dove finì a processo insieme ad altri per presunta diffamazione), sulla proliferazione delle sale slot machine, sullo smaltimento illegale dei rifiuti in Campania per mano della camorra, sul crescente tasso di tumori nel "triangolo della morte" tra Napoli e Caserta e sulla "terra dei veleni" a Crotone.

Il 2 aprile 2014 uscì il suo libro Quando il gioco si fa duro sul fenomeno dell'azzardopatia in Italia.[3] Il 15 aprile 2015 vinse il primo premio nella sezione TV del Premio Internazionale Ischia di Giornalismo.[4] Nell'autunno 2015 debuttò alla conduzione con il talk show di Italia 1 Open Space, ideato dai produttori delle Iene, andato in onda in prima serata per quattro puntate. Inoltre dal 2016 affiancò Pif e Geppi Cucciari alla conduzione di Le Iene, nella puntata infrasettimanale. Nell'autunno del 2016 tornò alla conduzione del programma Le Iene, affiancando nella puntata infrasettimanale Matteo Viviani, Andrea Agresti, Paolo Calabresi e Giulio Golia.

Dal 16 ottobre 2016 condusse la puntata domenicale, affiancando gli stessi colleghi alla conduzione. Il 21 novembre 2017 presentò un servizio su un presunto pericoloso esperimento nucleare tenuto nascosto[5] nel laboratorio del Gran Sasso, servizio smentito e giudicato privo di fondamento dal mondo accademico[6][7] e da altre fonti[9][10]. Il 20 febbraio 2018 il comune di Taranto le conferì la cittadinanza onoraria.[11] A giugno 2018 vinse il Premio Luchetta per un reportage, realizzato assieme a Marco Fubini, sulla prostituzione minorile nella periferia di Bari.[12][13][14][15] Da settembre 2018, fino alla penultima puntata della stagione, tornò alla conduzione de Le Iene con Nicola Savino.

La malattia e la morte
Il 2 dicembre 2017, durante la preparazione di un servizio a Trieste, ebbe un malore e fu ricoverata all'ospedale di Cattinara; ciò comportò un suo momentaneo allontanamento dalla vita lavorativa. L'11 febbraio 2018, durante il ritorno alla conduzione del programma televisivo di Italia 1 Le Iene, rivelò che l'assenza era dovuta ad un tumore cerebrale.[16] Dichiarò anche di aver seguito i protocolli di radioterapia e chemioterapia che le erano stati consigliati, affermando con vigore che non c'era nulla di cui vergognarsi, nemmeno nel dover portare una parrucca[17].

Il 13 ottobre 2018, ospite del programma televisivo Verissimo, annunciò di essere ancora affetta dal tumore, ricomparso nel marzo dello stesso anno.[18]

Nadia Toffa ha raccontato la malattia sui social e sui media, condividendone l'evoluzione con il pubblico[19].

«Le persone fragili non hanno nessuno che le difende quando vengono bullizzate in rete, la mia reazione vale anche per loro. Ho sentito un dovere, un'emergenza nel rispondere perché sapevo che la popolarità avrebbe dato un'eco maggiore alla mia voce e volevo usare questa eco per chi è lasciato da solo a fare i conti con la malattia. Come si fa a occuparsi della malattia, propria o altrui, e sopportare anche la violenza di chi non capisce e giudica?»

(Nadia Toffa[20])
È morta la mattina del 13 agosto 2019, alle ore 7:39, presso la "Casa di Cura Domus Salutis" di Brescia, dove era ricoverata da inizio luglio in seguito all'aggravarsi delle sue condizioni di salute.[21] A darne l'annuncio è stata la redazione de Le Iene tramite un post su Facebook
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Inserito il - 17/08/2019 : 06:52:17  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Peter Henry Fonda (New York, 23 febbraio 1940 – Los Angeles, 16 agosto 2019) è stato un attore e regista statunitense.
Fa parte di una grande famiglia di attori; è figlio dell'attore Henry Fonda e fratello di Jane, nonché padre dell'attrice Bridget.
Ha ricevuto il Golden Globe per il miglior attore in un film drammatico e la nomination all'Oscar al miglior attore per il film L'oro di Ulisse (1997). È stato inoltre nominato all'Oscar alla migliore sceneggiatura originale per il film Easy Rider, da lui prodotto nel 1969.
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Peter Fonda è nato il 23 febbraio 1940 a New York da Henry Fonda e Frances Seymour Brokaw. È di origine olandese, canadese, britannica, italiana e francese. La famiglia Fonda, da parte paterna, era di origine olandese[1], pur avendo come capostipite un italiano immigrato da Genova nei Paesi Bassi nel corso del XV secolo.[2] Nel 1642 alcuni membri di tale famiglia emigrarono in America, e furono fra i primi colonizzatori olandesi che si trasferirono nell'attuale Stato di New York dove fondarono la città che da loro prese il nome di Fonda.[3][1] Da parte materna Peter Fonda è di origine anglocanadese con radici britanniche, francesi e italiane: uno dei suoi antenati, Giovanni Gualdo, era un nobile di Vicenza.[4][5]. La madre, seconda delle cinque mogli del famoso attore, in precedenza era stata sposata con il miliardario George Tuttle Brokaw. Morì suicida il 14 aprile 1950, al compimento del suo 42º anno di età, tagliandosi la gola con un rasoio. La donna era da tempo affetta da problemi mentali e ricoverata al Craig House Sanitarium for Insane a Beacon, New York. Meno di un anno più tardi, al compimento del suo 11º compleanno Peter ha un grave incidente con un'arma da fuoco: si spara accidentalmente nello stomaco rischiando la vita.
È fratello dell'attrice Jane Fonda e padre dell'attrice Bridget Fonda.
Studia recitazione ad Omaha, Nebraska e frequenta la University of Nebraska-Omaha e la Omaha Community Playhouse, il teatro che ha visto l'esordio di attori quali suo padre Henry e Marlon Brando, dove inizia a recitare nella commedia Harvey. In seguito torna a New York e diventa apprendista al Cecilwood Theatre. Un anno dopo debutta a Broadway in Blood, Sweat and Stanley Poole grazie al quale inizia ad ottenere una certa fama.
Si trasferisce a Hollywood per entrare nel mondo del cinema e nel 1963 comincia la sua carriera interpretando un ruolo da co-protagonista in Tammy and the Doctor. L'intensità di Peter impressiona il regista Robert Rossen per il quale recita nel film Lilith - La dea dell'amore (1963). Rossen aveva previsto un attore ebreo nel ruolo di Stephen Evshevsky ma Fonda ottiene ugualmente la parte togliendo gli occhiali dalla faccia del regista e mettendoseli sulla sua in modo da sembrare più "ebreo".
Interpreta ruoli importanti anche ne I vincitori (1963) e in Giovani amanti (1964). Alla metà degli anni sessanta Peter Fonda non è un convenzionale protagonista di Hollywood. Come riferisce la rivista Playboy, Peter ha una "solida reputazione da rinunciatario". Diventa fortemente anticonformista e si fa crescere i capelli lunghi, alienandosi dall'establishment dell'industria cinematografica. Il lavoro desiderabile diviene scarso.
Attraverso la sua amicizia con i membri dei Byrds, Fonda conosce i Beatles e, nell'agosto 1965, fa loro visita nella casa in affitto del gruppo a Benedict Canyon, Los Angeles. Mentre lui e tutti gli occupanti della casa, tranne Paul McCartney, sono sotto l'effetto dell'LSD, Peter rievoca l'incidente che ebbe da bambino nel quale rischiò la vita e ripete ossessivamente la frase "I know what it's like to be dead" ("so cosa significa essere morto"). Queste parole infastidiscono John Lennon e compagni perché in netto contrasto con l'atmosfera della giornata di sole che stanno trascorrendo tra ragazze e LSD. Proprio quella frase viene perciò ripresa dai Beatles e inserita nella canzone She Said She Said contenuta nell'album Revolver del 1966.
In quel periodo Peter Fonda comincia ad essere associato sempre più con la controcultura degli anni sessanta. Il 12 novembre 1966 viene arrestato durante uno scontro tra manifestanti e polizia sulla Sunset Strip, nato da una protesta contro la chiusura del Pandora's Box, un famoso club hippy. È rilasciato senza accuse dopo che dichiara di trovarsi lì solo per filmare il tutto. Sui disordini di quel giorno i Buffalo Springfield scrivono la loro celebre canzone For What It's Worth.
Il primo ruolo ancorato alla controcultura interpretato da Fonda è quello di Heavenly Blues, il protagonista del film I selvaggi (1966). La pellicola viene citata numerose volte, tramite immagini, personaggi o campioni audio tratti direttamente dall'opera cinematografica inseriti nei brani, da diversi gruppi musicali come Primal Scream, Mudhoney, The Magnetic Fields e altri.
Nel 1967, insieme a Dennis Hopper, scrive ed interpreta Easy Rider, considerato il road movie per eccellenza e manifesto della cultura hippie di fine anni sessanta. Il film uscirà solo nel 1969, dopo una lunga e problematica fase di montaggio. Nel settembre del 2007, Fonda ha messo all'asta i cimeli di Easy Rider, tra cui la bandiera USA che decorava la sua giacca ed il timex che indossava nel film.
Nel 1976 interpretò il film Futureworld - 2000 anni nel futuro, sequel del film Il mondo dei robot (1973) e nel 1988 è comparso nella miniserie televisiva di produzione italiana Gli indifferenti, diretta da Mauro Bolognini e tratta dal romanzo omonimo di Alberto Moravia. Nel 2007 ha interpretato la parte del villain Mefistofele nel film Ghost Rider.
Muore a Los Angeles il 16 agosto 2019, all'età di 79 anni, a seguito di un'insufficienza respiratoria causata da un tumore ai polmoni contro cui lottava da tempo.

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Ida Colucci (Roma, 22 agosto 1960[1] – Roma, 19 agosto 2019) è stata una giornalista italiana, direttrice del TG2 dal 6 agosto 2016[2] al 31 ottobre 2018.
Nata a Roma da famiglia originaria di Sant'Angelo all'Esca,[3] iniziò la sua carriera presso l'agenzia di stampa Asca. In seguito lavorò per Nuova Ecologia e Legambiente.[4] Fece il suo ingresso in Rai nel 1991,[1] al Giornale Radio, per passare poi al Tg2, di cui divenne inviata nel 2005[1] (e dal 2009 al 2016 ne fu anche vicedirettrice). Il 4 agosto 2016 fu nominata direttrice del telegiornale della seconda rete Rai[5] dall'amministratore delegato Antonio Campo Dall'Orto. Il 31 ottobre 2018 fu sostituita alla direzione del Tg2 da Gennaro Sangiuliano, nominato lo stesso giorno dal Cda della Rai, su proposta dell'Amministratore Delegato Fabrizio Salini.
Ida Colucci è morta il 19 agosto 2019 dopo una lunga lotta contro un tumore, tre giorni prima del suo cinquantanovesimo compleanno
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Stagioni 1980-1984[modifica | modifica wikitesto]
Debuttò in campo internazionale partecipando, non ancora diciassettenne, ai suoi primi Giochi olimpici invernali, Lake Placid 1980, dove si classificò 18ª nello slalom gigante. Nella stagione successiva ottenne il primo piazzamento in Coppa del Mondo (15ª nello slalom gigante di Zwiesel del 4 febbraio) e s'impose ai vertici della Coppa Europa: a fine stagione risultò vincitrice della classifica di slalom gigante e 3ª sia in quella generale, sia in quella di slalom speciale[5].
Ai XIV Giochi olimpici invernali di Sarajevo 1984, dopo essere stata portabandiera della Spagna durante la cerimonia di apertura[6], fu 6ª nello slalom gigante e non completò lo slalom speciale. Poco più tardi, il 21 marzo a Zwiesel, ottenne il suo primo podio in Coppa del Mondo: 3ª in slalom gigante.
Blanca Fernández Ochoa (Madrid, 22 aprile 1963 – Cercedilla, 2019[2]) è stata una sciatrice alpina spagnola specialista delle prove tecniche in attività tra la fine degli anni ottanta e il successivo decennio. È stata una delle poche sciatrici spagnole a vincere in Coppa del Mondo (ha ottenuto quattro successi, uno in slalom gigante e tre in slalom speciale) e ha inoltre vinto la medaglia di bronzo nello slalom speciale in occasione dei XVI Giochi olimpici invernali di Albertville 1992 in Francia, la seconda medaglia per la Spagna nella storia di tale competizione dopo quella vinta dal fratello Francisco a Sapporo 1972. È stata due volte portabandiera della Spagna durante la cerimonia d'apertura dei Giochi olimpici invernali, a Sarajevo 1984 e ad Albertville 1992.
Era sorella di Juan Manuel[3], Luis e Dolores[1], anch'essi sciatori alpini di livello olimpico. Il citato Francisco è deceduto nel 2006
Stagioni 1985-1992[modifica | modifica wikitesto]
Ai Mondiali di Bormio 1985 si piazzò 9ª nello slalom gigante e 14ª nello slalom speciale, mentre il 3 marzo dello stesso anno colse a Vail la sua prima vittoria in Coppa del Mondo, in slalom gigante. Due anni dopo, ai Mondiali di Crans-Montana 1987, fu 10ª nel supergigante e 5ª sia nello slalom gigante, sia nello slalom speciale. Ai XV Giochi olimpici invernali di Calgary 1988 fu vicina a vincere la medaglia d'oro nello slalom gigante: in vantaggio nella seconda manche fino a poche porte dall'arrivo, cadde poco prima di tagliare il traguardo[3]. Si classificò inoltre 21ª nel supergigante e 5ª nello slalom speciale.
Ai Mondiali di Vail 1989 ottenne il suo miglior piazzamento iridato in carriera, 4ª nello slalom speciale, e si piazzò 7ª nello slalom gigante. Nel corso della sua ultima stagione agonistica, 1991-1992, ottenne la sua ultima vittoria in Coppa del Mondo, il 1º dicembre nello slalom speciale di Lech, e partecipò ai XVI Giochi olimpici invernali di Albertville 1992. Dopo essere stata nuovamente portabandiera durante la cerimonia di apertura[6], conquistò la medaglia di bronzo nello slalom speciale vinto da Petra Kronberger davanti ad Annelise Coberger e fu 12ª nello slalom gigante. Il 21 marzo seguente il suo ultimo piazzamento in carriera fu anche il suo ultimo podio in Coppa del Mondo: 2ª nello slalom gigante di Crans-Montana.
Scomparsa e morte[modifica | modifica wikitesto]
Dopo essere stata vista l'ultima volta il 23 agosto 2019 nella località di Aravaca, presso Madrid, la sua famiglia ne ha segnalato la scomparsa il 29. Dopo ricerche che hanno coinvolto centinaia di persone tra poliziotti, membri della Guardia Civil e volontari, il suo corpo è stato ritrovato il 4 settembre nei pressi di un'area ricreativa di Cercedilla, nella Sierra de Guadarrama, una zona di montagna nota per l'escursionismo, attività che la ex sciatrice aveva l'abitudine di praticare.
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Inserito il - 06/11/2019 : 07:13:04  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando

Mario Cotelli (Tirano, 6 marzo 1943 – Sondrio, 5 novembre 2019) è stato un allenatore di sci alpino italiano, commissario tecnico della Nazionale italiana di sci alpino nel settore maschile dal 1969 al 1978, e giornalista. Durante la sua gestione nacque l'epopea della valanga azzurra.
È morto a 76 anni Mario Cotelli, ex commissario tecnico della nazionale di sci negli anni ‘70. Fu lui il creatore della mitica «Valanga Azzurra» che portò al trionfo Gustavo Thoeni, Piero Gros ed Herbert Planck. E’ stato fino ad oggi collaboratore del Corriere della Sera. L’ex direttore tecnico della Valanga Azzurra era in dialisi già da qualche anno per insufficienza renale. Nelle rare uscite che aveva fatto nelle ultime stagioni, è sempre stato il solito Cotelli: memoria inattaccabile, combattente e difensore delle sue teorie. Nessuna remora nell’esprimere le sue opinioni che spesso hanno acceso il fuoco delle discussioni. Quest’estate aveva scelto di passare un lungo periodo a Pantelleria proseguendo il suo percorso di cure. Si è aggravato proprio nell’ultimissimo periodo.
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Fred Bongusto, pseudonimo di Alfredo Antonio Carlo Buongusto (Campobasso, 6 aprile 1935 – Roma, 8 novembre 2019), è stato un cantante e compositore italiano. Dotato di una voce calda e sensuale, il campobassano Bongusto fu molto popolare negli anni Sessanta e Settanta come il classico cantante confidenziale (insieme a nomi come Nicola Arigliano, Teddy Reno, Emilio Pericoli, Johnny Dorelli e l'amico Peppino di Capri), una figura che rimanda a quella del crooner nella scena anglo-americana, di cui Frank Sinatra è l'esempio più celebre.

Dagli anni Settanta è stato anche autore di colonne sonore di film, soprattutto nel genere della commedia all'italiana.
Si fa notare per le sue doti musicali già da studente a Campobasso in vari complessi locali; entra poi nel 1960 nel gruppo I 4 Loris (composto da Renato Silvestri, Loris Boresti, Luciano Bigoni e Nini Mezzet, oltre che da Bongusto) nel ruolo di voce solista. Parallelamente studia batteria insieme a Massimo Boldi, con cui rimane in amicizia per lunghi anni. (tratto da: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2015/04/05/news/gli_ottant_anni_di_fred_bongusto_il_crooner_doce_doce_-111265919/?ref=search)

I 4 Loris ottengono un contratto discografico con la Primary di Giovanni Battista Ansoldi e debuttano nel 1961 con il 45 giri Madison Italiano/Notte d'amore, dove Notte d'amore è la reinterpretazione di Jealous Lover di Charles Williams, canzone inserita nella colonna sonora del film L'appartamento di Billy Wilder, con il testo italiano curato da Misselvia.

Il successo discografico arriva grazie all'amicizia che lo lega a Ghigo Agosti, che gli scrive e compone il brano Bella bellissima, incisa su 45 giri nel 1962, accompagnata sul lato B da Doce doce; Bella bellissima, ma ancora di più il lato B, si rivelò per il cantante esordiente un trampolino di lancio nel mondo dello spettacolo.

Una rotonda sul mare (1964) è considerato il suo maggiore successo. Tra gli altri suoi brani più noti vi sono Malaga, Spaghetti a Detroit, Amore fermati, Doce doce, Frida, Tre settimane da raccontare, La mia estate con te, Lunedì e Prima c'eri tu che vinse nel 1966 Un disco per l'estate, manifestazione alla quale ha partecipato anche nel 1964 con Mare non cantare, nel 1965 con Il mare quest'estate, nel 1969 con Una striscia di mare, nel 1972 con Questo nostro grande amore e nel 1974 con Perdonami amore. Nel 1976 e nel 1977 incide altri due successi estivi che rimarranno negli anni: La mia estate con te (di Luigi Albertelli e Gene Colonnello) e Balliamo (Di Francia-Iodice-Di Francia) che sarà poi tradotto in spagnolo e diverrà un grande successo anche in Sud America, specie nell'interpretazione di Manolo Otero.

Oltre ad aver partecipato a un paio di film musicali nella prima metà degli anni Sessanta (Obiettivo ragazze, Questi pazzi, pazzi italiani), Bongusto si è anche prodotto come arrangiatore di colonne sonore: ne ha curate una trentina per film di successo come Il tigre di Dino Risi, Malizia (candidata al Nastro d'argento) e Peccato veniale di Salvatore Samperi, Venga a prendere il caffè da noi e La cicala di Alberto Lattuada, oltre ad aver interpretato la sigla di chiusura Quattro colpi per Petrosino dello sceneggiato Joe Petrosino di Daniele D'Anza.

Nel 1973 ha interpretato e inciso il brano di Stevie Wonder Superstition adottando lo pseudonimo di Fred Goodtaste, ovvia traduzione inglese del proprio nome e cognome.

Nel 1979 Bongusto è vittima di uno spiacevole fatto di cronaca: in sua assenza, due terroristi armati, rivelatisi successivamente essere Cristiano Fioravanti e Alessandro Alibrandi, si introducono nella sua abitazione spacciandosi per fattorini e, dopo avere legato, imbavagliato e malmenato le due donne presenti (la moglie Gabriella Palazzoli e la loro governante), portano via dalla casa denaro, gioielli e il disco d'oro di Bongusto, per un valore di diverse centinaia di milioni.[1]

Nel 1985 pubblica l'album "Dillo tu..." in cui spicca "Ammore scumbinato" che riscuote un buon successo, specie nei piano-bar.

Nel 1986 partecipa al Festival di Sanremo con Cantare (Di Francia-Iodice-Bongusto) ottenendo un ottimo successo, tanto che il brano fu il più eseguito in quell'estate. (cfr. Almanacco Panini su Sanremo). Parteciperà anche all'edizione del 1989 del Festival sanremese con Scusa.

Nel 1989, pubblica l'album Le donne più belle, contenente un brano inciso e cantato con Il Giardino dei Semplici: 'E fantasme.

Bongusto è stato sposato dal 1967 con Gabriella "Gaby" Palazzoli (scomparsa nel 2016)[senza fonte] apprezzata soubrette degli anni cinquanta e sessanta che recitò in teatro con Macario e nel cinema a fianco di Alberto Sordi nel film Buonanotte... avvocato! e che, nel 1960, fu protagonista di un breve matrimonio con l'attore americano John Drew Barrymore dal quale ebbe una figlia di nome Blyth, sin da piccola cresciuta con Bongusto; John Barrymore Jr. con la moglie successiva avrà poi come figlia la celebre Drew Barrymore.

Continua a svolgere di tanto in tanto attività canora e mantiene immutato il contatto con il Sudamerica, il Brasile in particolare: intenso il rapporto con artisti come Toquinho (anche lui di origini molisane) e Vinícius de Moraes. Dal 5 al 16 dicembre 2007 la sua ultima tournée in Sudamerica, nel corso della quale si è esibito in Uruguay ed Argentina.

Il 18 marzo del 2005 l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi gli ha consegnato una targa d'argento per i 50 anni di carriera, festeggiati successivamente, il 30 maggio del 2007, al Gilda di Roma. Il 26 maggio dello stesso anno viene insignito dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi dell'onorificenza di Commendatore ordine al merito della Repubblica italiana.

Bongusto trascorre buona parte del suo tempo ad Ischia, un'isola che ama profondamente e nella quale ha stabilito una sorta di buen retiro nel borgo marinaro di Sant'Angelo, dove ha trovato l'ispirazione per alcune tra le sue canzoni più belle.

L'ultima delle sue apparizioni pubbliche risale al 22 aprile 2013, in occasione del concerto in ricordo di Franco Califano, quando ha cantato il brano scritto per lui dallo stesso artista intitolato Questo nostro grande amore. Nel 2013 duetta in Amore Fermati con Iva Zanicchi nel disco della cantante In cerca di te.

Negli anni Novanta ha rivestito anche la carica di Consigliere Comunale a Bari, eletto nel Partito socialista italiano.

Da giovanissimo Bongusto ha giocato a calcio, mostrando buone qualità; tuttavia, il suo sport preferito è diventato successivamente il tennis, disciplina nella quale si è fatto apprezzare raggiungendo anche un buon livello agonistico.
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Morto Antonello Falqui,padre del varietà


(ANSA) - ROMA, 16 NOV - Se ne è andato con leggerezza e ironia, come aveva vissuto e aveva insegnato a vivere a intere generazioni di italiani. La notizia della scomparsa di Antonello Falqui, il padre del varietà all'italiana e artefice del successo di tanti grandi personaggi dello spettacolo, ha fatto subito il giro del web nel modo più singolare: "Sono partito per un lungo lungo lungo viaggio" - è il testo di un post apparso sui suoi profili facebook e twitter - potete venire a salutarmi lunedì 18 novembre alle 11 alla chiesa di Sant'Eugenio a viale Belle Arti a Roma". Immediatamente dopo centinaia di messaggi di cordoglio hanno invaso la rete, personaggi dello spettacolo ma anche tanta gente comune. Ovunque hanno cominciato a rimbalzare gli spezzoni dei suoi varietà, Studio Uno e Canzonissima i più famosi, e i volti dei loro protagonisti: da Mina a Walter Chiari, da Paolo Panelli a Bice Valori, da Franca Valeri alle gemelle Kessler. Pochi giorni fa aveva compiuto 94 anni.

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dany61
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Inserito il - 18/01/2020 : 05:04:20  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Morto Pietro Anastasi
Pietro Anastasi (Catania, 7 aprile 1948 – Catania, 17 gennaio 2020) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo centravanti.
Dopo gli esordi nella Massiminiana e la ribalta nel Varese, legò la sua attività calcistica soprattutto alla Juventus, squadra nella quale militò per otto stagioni a cavallo degli anni 1960 e 1970 diventandone uno degli uomini-simbolo, nonché tra i più amati dai tifosi,[3][4][5] fino a esserne nominato capitano[6] dal 1974 al 1976; con i bianconeri vinse tre campionati di Serie A, nel 1971-1972, 1972-1973 e 1974-1975, disputando inoltre le finali di Coppa delle Fiere, nel 1971, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale, queste ultime entrambe nel 1973.
Considerato uno dei migliori attaccanti italiani della sua generazione,[3] giocò con la squadra torinese un totale di 258 partite in Serie A realizzando 78 reti, laureandosi capocannoniere della Coppa delle Fiere 1970-1971 e della Coppa Italia 1974-1975, prima di una precoce parabola discendente[4] che lo portò a chiudere la carriera con le maglie di Inter, Ascoli e Lugano. Ha disputato complessivamente 338 gare nella massima serie italiana segnando 105 gol; è stato inoltre il secondo marcatore della categoria, nel 1968-1969, e il terzo in altre due occasioni, nel 1969-1970 e 1973-1974.
Campione europeo con la nazionale italiana nel 1968, in azzurro ha giocato 25 partite siglando 8 reti.
R:I:P:Grande Campione!!!!!!

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dany61
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Inserito il - 27/01/2020 : 07:17:43  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany61 Invia a dany61 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Kobe Bean Bryant (Filadelfia, 23 agosto 1978 – Calabasas, 26 gennaio 2020[1]) è stato un cestista statunitense.
Ha giocato prevalentemente nel ruolo di guardia tiratrice ed è considerato tra i migliori giocatori della storia dell'NBA.[2][3][4] Suo padre è l'ex cestista Joe Bryant, mentre sua madre Pamela Cox è sorella dell'ex cestista Chubby Cox ritiratosi nel 1983.[5] Aveva due sorelle più grandi, Sharia e Shaya,[5] mentre suo cugino John Cox è anch'egli cestista.[6] Bryant è cresciuto cestisticamente in Italia,[7] dove ha imparato i fondamentali europei, e ha militato per tutta la sua carriera NBA nei Los Angeles Lakers,[9] squadra con cui ha conquistato 5 titoli.[10] Bryant è stato il primo giocatore NBA a militare nella stessa squadra per 20 anni.[9] Con la Nazionale statunitense ha partecipato ai FIBA Americas Championship 2007 e ai giochi olimpici di Pechino 2008 e di Londra 2012, vincendo la medaglia d'oro in tutte e tre le manifestazioni.[10]
Il 4 marzo 2018 ha vinto il Premio Oscar insieme al regista e animatore Glen Keane, nella categoria miglior cortometraggio d'animazione per Dear Basketball, che ha sceneggiato ispirandosi alla sua lettera di addio al basket.[11]
Rientra tra gli sportivi più conosciuti al mondo[12][13][14] e la sua carriera è ritenuta una delle migliori nella storia dello sport professionistico
Caratteristiche tecniche
Kobe Bryant è quarto tra i migliori marcatori nella storia dell'NBA con 33.643 punti,[16] ed è quarto anche per quanto riguarda i punti realizzati nei playoffs con 5.640.[17]
Ha giocato solitamente come guardia tiratrice, ma all'occorrenza ha ricoperto i ruoli di playmaker e ala piccola.[18] Dal 1999 al 2013 è stato sempre incluso in almeno uno dei tre quintetti dell'All-NBA Team, mentre dal 1998 fino al ritiro ha sempre partecipato all'NBA All-Star Game. Eccellente difensore (dote talvolta messa in secondo piano dall'altrettanto spiccata abilità offensiva),[19] in 12 occasioni ha fatto parte di uno dei due NBA All-Defensive Team,[10][20] secondo (a pari merito con Kevin Garnett) per volte in cui è stato inserito negli All-Defensive Team dietro a Tim Duncan.[21] Si è distinto anche per la grande personalità, carisma e mentalità vincente con cui si approcciava alle partite.[22][23][24]
Ha una media di 25 punti a partita, da aggiungere a uno score di 4,7 assist, 5,3 rimbalzi e un totale di oltre 1.800 palle rubate.[25][26] Era bravo anche nei clutch-time[27] e a segnare i tiri contestati.[22][28] È stato anche un abile tiratore da tre punti: ha detenuto per anni il record NBA di triple realizzate in una sola partita, 12, prima solo, poi a pari merito con Donyell Marshall e infine con Stephen Curry,[29] che lo ha poi superato il 7 novembre 2016, realizzandone 13.[30] Il record verrà poi battuto da Klay Thompson il 29 ottobre 2018, con 14 triple.[31] Si è ispirato molto a Michael Jordan sia nello stile di gioco che nella mentalità, tanto che lo stesso Jordan si è complimentato con lui per la sua carriera oltre a sostenere di "avere rivisto in Bryant molto di sé stesso".[32]
Per via della sua mentalità e professionalità è stato d'ispirazione per molti cestisti: giocatori come Kevin Durant,[33] Dwyane Wade[34] e Derrick Rose hanno definito Bryant il Michael Jordan della loro generazione.[35] Anche LeBron James ha ammesso di essersi ispirato a lui sostenendo di volere essere come lui a inizio carriera.[36][37] Joel Embiid invece ha dichiarato che per il rientro dal suo lungo infortunio Bryant è stato un modello da seguire.[38] Bryant è stato d'ispirazione anche per tanti altri sportivi tra cui Roger Federer, Neymar e Serena Williams.[37][39][40]
Carriera
Dall'Italia alla high school
Bryant iniziò a giocare a basket sin dai 3 anni e visse in Italia dai 6 fino ai 13 anni di età,[5] spostandosi nelle varie città dei club per i quali giocava il padre.[41] Tra il 1984 e il 1991 passò da Rieti a Reggio Calabria, per proseguire a Pistoia e infine a Reggio Emilia.[5]
Tornato negli USA si iscrisse all'high school, dove guadagnò fama a livello nazionale vincendo il titolo statale con la Lower Merion High School, situata in un sobborgo di Filadelfia, infrangendo al contempo il record di punti nel quadriennio liceale per la zona di Philadelphia detenuto da Wilt Chamberlain, realizzandone 2.883.[42]
NBA
Tredicesima scelta al Draft 1996


La maglia indossata da Bryant all'High School (Lower Merion) che è stata ritirata
Nel 1996, non ancora diciottenne, decise di fare il grande salto tra i professionisti e si dichiarò eleggibile per il Draft NBA senza passare per il college,[42][43] nonostante vi fossero state offerte per lui da parte di prestigiose università come Kentucky e Duke.[44]
Venne scelto dagli Charlotte Hornets al primo giro come numero 13 assoluto; subito dopo, però, gli Hornets cedettero ai Los Angeles Lakers i diritti su Bryant in cambio del ventottenne centro Vlade Divac, che dopo sette stagioni lasciò i gialloviola.[45] I californiani avevano appena messo sotto contratto il centro più forte sul mercato, Shaquille O'Neal, e non avevano più bisogno di Divac.[45] I Lakers, prima di orchestrare lo scambio, organizzarono un provino per testare le qualità del giovane Bryant (che tra l'altro sperava di essere scelto proprio dai Lakers) e ne furono conquistati.[46][47] Lo scambio fu architettato da Jerry West che convinse Divac ad andare a Charlotte nonostante lui non volesse venire scambiato per un giocatore che veniva dal college, minacciando addirittura di ritirarsi.[45][48]
Le prime stagioni (1996-1999)
Debuttò tra i professionisti il 13 novembre 1996 in una sfida contro i Minnesota Timberwolves,[49] senza segnare punti.[50] All'epoca era il debuttante più giovane nella storia dell'NBA a 18 anni e 72 giorni.[51] Durante la prima stagione a Los Angeles Bryant partì come riserva di Eddie Jones e di Nick Van Exel; in febbraio vinse lo Slam Dunk Contest precedendo Chris Carr e Michael Finley.[52] Il proprio minutaggio fu limitato a inizio stagione, ma aumentò nel corso di essa arrivando a tenere di media 15,5 minuti e 7,6 punti a partita.[53] Nei playoffs Bryant mostrò di essere ancora acerbo: nella partita decisiva della serie contro gli Utah Jazz (persa 4-1) tirò corto tre volte, e il compagno di squadra Nick Van Exel criticò la scelta del coach Del Harris di aver fatto gestire all'inesperto Bryant i possessi palla decisivi.[52] Diversa fu la reazione del suo compagno di squadra Shaquille O'Neal che prese le sue difese sostenendo che lui "sia stato l'unico che ha avuto il coraggio di prendersi quei tiri".[54] Comunque le sue prestazioni gli valsero l'ingresso nell'All-Rookie Second Team, diventando il più giovane della storia a esserci entrato.[55]
Le critiche dovute ai tiri sbagliati contro i Jazz fortificarono Bryant che nella stagione successiva giocò di più e meglio, partendo col piede giusto segnando 23 punti contro gli Utah Jazz (contro cui un anno prima sbagliò i tiri decisivi) facendo vincere i Lakers per 104-87.[53] Il 14 dicembre 1997 segnò il primo 30ello della sua carriera nel successo per 119-89 contro i Dallas Mavericks.[53] Solo 3 giorni più tardi segnò 33 punti nella sconfitta per 104-83 contro i Chicago Bulls di Michael Jordan che ne segnò 36.[56] A fine anno raddoppiò la sua media, che salì a 15,4 punti a partita.[25] Allo stesso tempo cominciò a mostrare le sue qualità: il voto dei tifosi lo inserì nel quintetto base per l'All-Star Game di New York (record come più giovane titolare nella storia della rassegna),[57] mentre al termine dell'annata arrivò secondo nelle votazioni come miglior 6º uomo dell'anno dietro a Danny Manning.[58] I Lakers si presentarono meglio ai playoffs con un record di 61-21, ed eliminarono Portland (4-0) e Seattle (4-1), arrivando sino alla finale di Conference dove vennero nuovamente sconfitti da Utah per 4-0.[53]
L'anno seguente, a causa delle cessioni di Van Exel e Jones,[59] il 20enne Bryant diventò la guardia titolare. Kurt Rambis, ex giocatore dei Lakers, sostituì il licenziato coach Del Harris.[53] Al termine del lungo lockout che posticipò l'inizio della stagione al 5 febbraio,[53] il 31 gennaio Bryant rinnovò il suo contratto per 6 anni a 71 milioni di dollari complessivi.[60] Nonostante la squadra avesse faticato durante l'anno, Bryant disputò una buona annata, e il club nei playoffs eliminò al primo turno gli Houston Rockets, con Bryant che nella definitiva gara-4 mise a referto 24 punti e 8 assist in 47 minuti d'impiego con la squadra che vinse 98-88 chiudendo la serie.[53] Il cammino della franchigia terminò al turno successivo nelle semifinali di Conference, dove venne eliminata dai San Antonio Spurs futuri campioni.[53] A fine anno venne incluso per la prima volta nell'All-NBA Team (precisamente nel terzo).[61]
Gli anni delle Finals (1999-2004)


Bryant a inizio carriera
Nell'estate 1999 Rambis fu degradato a vice-allenatore e come nuovo coach arrivò Phil Jackson, già 6 volte campione NBA con i Chicago Bulls.[62] Nonostante Jackson avesse pensato di cederlo ai Detroit Pistons in cambio di Grant Hill,[63][64] Bryant rimase in squadra e subito i Lakers vinsero il titolo nel 2000, dopo avere eliminato in ordine Sacramento Kings, Phoenix Suns e Portland Trail Blazers, contro gli Indiana Pacers.[65] Contro i Pacers i gialloviola vinsero in 6 gare, Bryant diede il suo contributo tenendo di media 15,6 punti,[66] e in gara-2 subì un infortunio alla caviglia;[67] non disputò gara-3, ma giocò in gara-4 seppur dolorante e contribuì alla vittoria della squadra per 120-118 con 28 marcature.[67][68] Venne anche inserito per la prima volta nell'All-Defensive Team (divenendo il più giovane a farne parte).[10]
Nel 2000-2001 Kobe si prese maggiori responsabilità iniziando a superare Shaquille O'Neal nelle gerarchie della squadra; O'Neal non gradì e tra dicembre e gennaio si susseguirono voci che accostarono i due giocatori ad altre franchigie.[67] Dopo l'All-Star Game (in cui Bryant fu il miglior finalizzatore dell'ovest)[69] i due si riappacificarono,[67] ma vi fu un altro problema per Bryant: in marzo venne riportata sul Chicago Sun-Times da Rick Telander un'indiscrezione su una presunta frase di Jackson, secondo il quale Bryant non si integrava col suo modo di giocare.[70] Oltre a questo i Lakers si piazzarono 2º a ovest, arrivando ai playoffs tra le perplessità,[71] che vennero spazzate in post-season in cui i lacustri vinsero tutte le 15 partite della Western Conference (3 contro i Trail Blazers, 4 contro i Kings e gli Spurs, e contro quest'ultimi fu protagonista di una prestazione da 36 punti, 9 assist e 8 rimbalzi in gara-3),[72][73] per raggiungere la finale dove incontrarono i Philadelphia 76ers dell'MVP della regular season Allen Iverson, che vinse il premio nonostante Bryant avesse disputato un'ottima stagione da 28,5 punti e 5 assist di media.[74] In finale Bryant vinse nuovamente l'anello in 5 gare.[72]
L'anno successivo Bryant vinse per la prima volta l'MVP dell'ASG, in cui segnò 31 punti.[75] In stagione totalizzò 25,2 punti e 5,5 rimbalzi e 5,5 assist.[25] I gialloviola nei playoffs, dopo avere eliminato agevolmente i Trail Blazers e gli Spurs (con Bryant che tenne 27 punti di media nelle 5 gare della serie, e che in gara-4 ne segnò 28 di cui 7 con la squadra sotto per 80-81), in finale di Conference riaffrontarono i Sacramento Kings dell'ex Vlade Divac e Chris Webber.[76] Questa volta la serie fu combattuta e, dopo un 30ello di Bryant nella vittoriosa gara-1, in gara-2 Bryant giocò male anche per via di un'intossicazione alimentare e i Kings vinsero;[76] Sacramento vinse anche gara-3, mentre in gara-4 i Lakers vinsero pareggiando la serie con 25 punti di Bryant[77] e un tiro allo scadere di Robert Horry.[76] La serie si protrasse fino a gara-7, con i Lakers che passarono il turno grazie anche a Bryant che realizzò 30 e 31 punti nelle ultime due gare della serie.[78][79] La finale si rivelò facile in quanto i gialloviola batterono i New Jersey Nets di Jason Kidd,[80] e questo fu il terzo three-peat per Jackson, dopo i due con i Chicago Bulls.[81]
Nel 2002-2003 Bryant disputò un grande mese di febbraio in cui tenne di media 40,6 punti in 14 partite,[82] con una striscia di 13 partite consecutive con 35 o più punti segnati,[83] oltre ad aver partecipato all'All-Star Game dove ne segnò 22.[84] Terminò la stagione (per la prima volta) a 30 punti di media,[85] superando anche O'Neal nella statistica del WS,[85][86] ma nei playoffs i gialloviola non riuscirono a ripetersi in quanto vennero sconfitti dai San Antonio Spurs al secondo turno.[87]
Dopo la sconfitta coi neroargento i Lakers decisero di rinforzarsi prendendo due fuoriclasse come Karl Malone e Gary Payton, giocatori storici della NBA entrati nella fase calante della carriera che si inserirono in un team già costruito per vincere l'anello, che non erano riusciti a vincere.[88]
Il soprannome "Black Mamba"
A seguito delle accuse di stupro ricevute nel 2003 Bryant decise di adottare il soprannome Black Mamba.
Bryant si autoattribuì questo soprannome dopo avere visto Kill Bill: Volume 2, pellicola in cui è presente il mamba nero (in inglese Black Mamba) e in cui vengono descritte le sue caratteristiche.
Dopo avere visto il film si documentò su questo serpente sostenendo che il suo modo di giocare e di agire sia simile a quello di adottato dall'animale menzionato nel film di Quentin Tarantino.[89]
I loro arrivi coincisero con lo scandalo che riguardò Bryant circa l'ipotesi di stupro e questo rovinò del tutto i rapporti con O'Neal, da sempre burrascosi,[90] e Bryant gettò benzina sul fuoco con delle frasi con cui chiamò in causa O'Neal.[20][91][92] Ad ogni modo, agli occhi di molti osservatori i rapporti fra i due peggiorarono negli anni anche a causa della crescita di Bryant come giocatore, a cui faceva da contraltare la fine della fase di assoluto dominio di O'Neal, con quest'ultimo accettava sempre meno l'ipotesi di dover lasciare la scena e diventare il "secondo" della coppia, permettendo a Bryant di prendere in mano la squadra nei momenti decisivi e garantendo, probabilmente, il prolungamento di una dinastia vincente a LA.[93] Kobe si presentò visibilmente scosso per quanto avvenuto in estate,[91] ma ciò non gli impedì di tenere (seppur con prestazioni incostanti) delle buone medie[94] e di entrare nell'All-NBA First Team e nell'All-NBA First Defensive Team.[95] Dopo avere regolato al primo turno gli Houston Rockets in 5 gare,[94] nelle semifinali i lacustri reincontrano gli Spurs; Bryant fu decisivo con 42 punti segnati in gara-4 dopo essere tornato da un'udienza.[96] La serie si chiuse per merito dello storico compagno Derek Fisher con un tiro a 0,4 secondi dalla fine di gara-6.[97] Dopo avere eliminato in 6 gare i Minnesota Timberwolves in finale di conference,[94] i gialloviola tornarono in finale NBA dove affrontarono i Detroit Pistons; in finale Bryant ebbe molte difficoltà, segnando 33 punti nell'unico successo del team in gara-2,[94] ma soffrì molto l'arcigna difesa di Tayshaun Prince e Rip Hamilton (seppur tenendo di media 22,6 punti), e la squadra perse così l'anello in 5 gare.[95] A seguito di questa sconfitta, Bryant decise di testare la free agency, ma il 15 luglio 2004 siglò un rinnovo con i Lakers per sette anni, per la cifra di 136,6 milioni di dollari.[98] Contestualmente, venuto a conoscenza del fatto che il proprietario dei lacustri Jerry Buss era intenzionato a tenere Bryant, O'Neal chiese di essere ceduto, ponendo fine di fatto ad una squadra che aveva dominato l'inizio del millennio.[99] Va notato che O'Neal vinse poi un titolo a Miami con gli Heat nel 2006, dove fece coppia con il nuovo astro nascente Dwyane Wade, a cui O'Neal non fece nessuna fatica a cedere la leadership del team, e fu proprio Wade a essere meritatamente nominato MVP di quelle finali.[100] All'addio di Shaq, si accompagnarono quelli di coach Jackson (che nell'estate 2004 pubblicò un libro dove definì Bryant "inallenabile"),[101] Payton (che vinse poi l'anello a Miami con Shaq),[100] Malone e di alcuni giocatori del nucleo storico dei Lakers come Derek Fisher e Rick Fox facendo ripartire tutto da Bryant,[94] che rimase nonostante vi fosse la possibilità per lui di trasferirsi ai Clippers e ai Bulls.[98][102]
Gli anni d'attesa (2004-2007)
Dopo una dura stagione 2004-2005 sotto coach Rudy Tomjanovich e Frank Hamblen in cui i Lakers non arrivarono ai playoffs (nonostante Bryant avesse tenuto di media 27,6 punti),[94] Phil Jackson, nonostante le sue dure critiche a Bryant di un anno prima, tornò ad allenare i losangelini, che oltre a Bryant avevano poche sicurezze nel roster (sostanzialmente, quel che rimane della contropartita per la cessione di O'Neal, ovvero Lamar Odom).[101][103] Il 20 dicembre 2005, segnò 62 punti in tre quarti di gioco contro i Dallas Mavericks, di cui 30 nel solo terzo quarto.[104] Al momento di andare in panchina, senza più rientrare per l'ultimo quarto di gioco, Bryant aveva segnato appunto 62 punti contro i 61 dell'intera compagine avversaria, cosa mai accaduta in precedenza dopo tre quarti di gioco.[105]


Bryant in riscaldamento nel 2007
Il 22 gennaio 2006 stabilì il secondo miglior punteggio di tutti i tempi in una singola partita nella storia NBA, segnando 81 punti contro i Toronto Raptors, guidando i Lakers alla vittoria per 122-104. Significativo il fatto che i Lakers stessero perdendo di 18 punti nel terzo quarto: ciò valorizza ancor di più la prestazione di Bryant, ottenuta per far vincere la propria squadra; Bryant fece 21/33 da due punti, 7/13 da tre e 18/20 ai tiri liberi, ai quali vanno aggiunti 6 rimbalzi, 2 assist, 3 palle recuperate e 1 stoppata, 14 punti nel primo quarto, 12 nel secondo e due realizzazioni di 27 e 28 punti nei due quarti finali.[106] La sua prestazione è seconda solo ai 100 punti messi a segno da Wilt Chamberlain il 2 marzo 1962 con i Philadelphia Warriors contro i New York Knicks.[106] Fu anche grazie a questa prestazione che tenne di media nel mese 43,4 punti a gara, migliore nella storia per un giocatore dei Lakers.[10] Chiuse la stagione con la massima media[25] della sua carriera di 35,4 punti a partita, risultando essere il migliore marcatore della lega portando i Lakers ai playoffs da settimi,[107] rientrando nella top 10 per punti a partita segnati in una stagione, secondo solo a Michael Jordan, Elgin Baylor e a Wilt Chamberlain,[108] e fu il settimo giocatore in assoluto per marcature in una stagione (2.832).[109] A fine stagione, nonostante i gialloviola si piazzarono settimi a ovest, Bryant arrivò quarto nelle votazioni per l'MVP della stagione regolare, vinto da Steve Nash.[110] Fu proprio contro i Suns di Nash che i gialloviola si scontrarono ai playoffs;[111] Bryant disputò una grande serie segnando il tiro decisivo a 2 centesimi di secondo dalla fine della partita in gara-4, mentre in gara-6 segnò 50 delle 118 marcature dei gialloviola.[107] Tuttavia la sua prestazione fu vanificata in quanto i Suns di punti ne segnarono 126 portando la serie sul 3-3, e nella decisiva gara-7 non bastarono 24 realizzazioni di Bryant in quanto i Suns vinsero con un netto 121-90 eliminando i californiani.[111]
Nel luglio 2006 venne operato a un ginocchio, pertanto fu costretto a saltare i mondiali di pallacanestro che si tennero in Giappone tra agosto e settembre.[112] Il 22 marzo 2007 diventò il quarto giocatore nella storia a segnare almeno 50 punti in 3 partite consecutive (con Wilt Chamberlain, Michael Jordan ed Elgin Baylor), il primo a riuscirci dal 1987, quando ci riuscì Jordan.[113] Superò anche questo record due giorni dopo, segnando altri 50 punti che lo portarono a essere il secondo giocatore NBA dopo Wilt a fare un poker over 50 (65-50-60-50, in ordine contro Trail Blazers, Timberwolves, Grizzlies e New Orleans Hornets).[107][113] La partita successiva segnò 43 punti.[113] Le sue prestazioni fra l'altro valsero un record vittorie-sconfitte di 4-0 alla squadra (dopo un periodo molto negativo per la squadra con una serie di 6 sconfitte consecutive).[113] Tuttavia in stagione si rese protagonista di brutti episodi che lo portarono a più squalifiche: il 28 gennaio 2007 tirò una gomitata a Manu Ginóbili, reo di averlo stoppato e venne sospeso per una partita.[114] In marzo invece fu protagonista di 2 episodi simili in cui le vittime furono Marko Jari#263; e Kyle Korver, venendo sospeso in entrambi i casi per una partita.[115][116] La mancata acquisizione di Jason Kidd per non privarsi del giovane ma acerbo centro Andrew Bynum fece montare Bryant su tutte le furie,[117] tanto che nel marzo 2007 Bryant richiese nuovamente la cessione.[118] In più Bryant non aveva un buon rapporto con Bynum, visto che lui spinse per mandarlo via.[20] A fine stagione fu nuovamente il miglior realizzatore della lega con 31,6 punti portando i Lakers ai playoffs ancora da settimi;[107][119] ma in post-season i californiani reincontrarono i Suns, e questa volta, nonostante i 32,8 punti di media di Bryant, uscirono a gara-5.[107][120]
Il ritorno alle Finals, gli ultimi due titoli e il declino della squadra (2007-2013)


Bryant con il nuovo numero 24
Nella stagione 2007-2008, nonostante i suoi malumori e le voci di trade con i Minnesota Timberwolves (da cui i Lakers volevano prendere Kevin Garnett in cambio, ma non si concretizzò in quanto Garnett andò ai Boston Celtics durante il Draft 2007)[107] e i Chicago Bulls (che avrebbero ceduto Luol Deng per avere il Mamba in novembre),[121] Bryant rimase e, oltre ad avere cambiato numero (da 8 a 24),[85] fu tra gli artefici della bella stagione della squadra, vincendo il premio di MVP della regular season, riuscendoci dopo 12 anni di carriera NBA tenendo di media 28,3 punti.[107] I Lakers, grazie anche all'innesto di Pau Gasol arrivato nel febbraio 2008,[107] tornarono alle finali per la prima volta dalla sconfitta del 2004, ma vennero sconfitti dai Boston Celtics 4-2.[122]
La stagione 2008-09 confermò i Lakers come una delle migliori squadre, e nella regular season ottennero il 2° record assoluto una partita solamente dietro i Cleveland Cavaliers.[123] La stagione partì molto bene sia per lui che per la squadra che vinse 17 delle prime 19 partite,[124] in cui tenne 24,7 punti di media.[25] Il 2 febbraio 2009 realizzò una prestazione da incorniciare al Madison Square Garden contro i New York Knicks mettendo a referto 61 punti che rappresentarono il record nella lunga storia dello stadio della Grande Mela,[125] prima che Carmelo Anthony ne realizzasse 62 proprio con i Knicks il 25 gennaio 2014;[126] il precedente record di punti apparteneva a Bernard King che il giorno di Natale dell'84 ne totalizzò 60.[127] Diventò anche co-MVP dell'ASG 2009 a pari merito con l'ex-compagno di squadra Shaquille O'Neal, riproponendo per una gara la coppia del three-peat vista tra il 2000 e il 2002 con Phil Jackson in panchina.[128] Al termine della stagione regolare i lacustri si piazzarono al primo posto a ovest grazie anche al suo contributo.[25] Il 14 giugno 2009 vinse per la prima volta il premio di MVP delle finali, giocate dai Lakers contro i sorprendenti Orlando Magic (4-1 il risultato finale della serie), diventando il primo giocatore dai tempi di Jerry West nel 1969 a mantenere una media di almeno 32,4 punti e 7,4 assist in una serie[129][130] e il primo dopo Michael Jordan ad avere una media di almeno 30 punti, 5 rimbalzi e 5 assist per una squadra che abbia vinto il titolo.[131] I suoi 162 punti totali lo videro al 4º posto assoluto della storia per un singolo giocatore in una serie di finale di 5 partite giocate.[132] In tutti i playoffs tenne invece di media 30,2 punti.[25]


Bryant affronta Courtney Lee degli Orlando Magic
La successiva stagione si aprì subito con un Bryant che segnò 40 punti in 4 delle prime 11 partite quando Gasol era assente per infortunio.[133][134] Il 17 novembre 2009 contro i Detroit Pistons Bryant mise a referto proprio 40 punti: fu la centesima volta nella sua carriera che ne realizzò almeno 40;[135] meglio di lui hanno fatto Michael Jordan, 173 volte sopra i 40, e Wilt Chamberlain, 271 volte.[136] Il 1º febbraio 2010, Bryant diventò il miglior marcatore dei Los Angeles Lakers con 25.208 marcature in carriera, sorpassando Jerry West.[137] Durante l'annata solidificò il proprio rapporto con coach Jackson elogiandone le capacità gestionali.[138] In stagione ebbe comunque dei problemi fisici: in dicembre rimediò una frattura dell'indice, mentre in febbraio ebbe un problema alla caviglia che lo costrinse a stare fermo contro la sua volontà.[139] Il 2 aprile firmò un rinnovo triennale da 87 milioni di dollari complessivi.[140] Nei playoffs i Lakers arrivarono alle finali dove riaffrontarono i Celtics dopo aver battuto OKC per 4-2, Utah per 4-0 e Phoenix per 4-2;[122] in quest'ultima serie segnò un tiro decisivo a 35 secondi dalla fine in gara-6 nonostante un'ottima marcatura di Grant Hill.[141] La finale, dopo gara-5, vide i Celtics in vantaggio per 3-2 e si decise a gara-7 con la squadra losangelina che batté Boston per 83-79.[142] Bryant vinse così il suo quinto titolo in carriera, insieme al secondo trofeo di MVP delle finali, in cui tenne di media 28,6 punti.[143] In gara-7 segnò 23 punti, seppur con un 6-24 dal campo di percentuale (e 0 tiri da 3 segnati su 6).[142]
Durante l'annata 2010-2011 Bryant entrò nella top ten dei migliori realizzatori NBA di sempre.[144] Il 20 febbraio 2011 durante l'All Star Game, giocato proprio a Los Angeles, conquistò il suo quarto titolo di MVP della gara delle stelle, grazie ad una prestazione da 37 punti e 14 rimbalzi in 29 minuti di gioco;[145] lo stesso giorno diventò il primo giocatore ancora in attività ad entrare a far parte della Hollywood Walk of Fame di Los Angeles e secondo giocatore di sempre dietro a Magic Johnson.[146] In quella stagione i Lakers figurarono nuovamente tra i favoriti per la vittoria finale e tutti si aspettavano la finale contro i nuovi Miami Heat di LeBron James, Dwyane Wade e Chris Bosh.[147] Chiusa una buona regular season al 2º posto ad ovest dietro i San Antonio Spurs (a cui contribuì con 25,3 punti di media),[25] i Lakers nei playoffs superarono 4-2 i New Orleans Hornets dopo aver perso gara-1 in casa,[148] ma in semifinale vennero spazzati via 4-0 dai futuri campioni NBA dei Dallas Mavericks.[149]
A fronte di quest'eliminazione i Lakers tentarono di rivoluzionare la squadra: il lockout posticipò l'inizio della stagione 2011-2012 a dicembre, ma prima dell'inizio i gialloviola tentarono di prendere Chris Paul da New Orleans in una trade a 3 squadre che avrebbe portato CP3 a LA, con la franchigia losangelina che avrebbe ceduto due suoi pilastri come Pau Gasol agli Houston Rockets e Lamar Odom in Louisiana; tuttavia la trattativa venne annullata da l'allora commissioner dell'NBA David Stern per "ragioni cestistiche".[150][151] Bryant si arrabbiò molto per questa vicenda,[152] così come per la trade che portò Lamar Odom ai Dallas Mavericks, con il giocatore che chiese la cessione perché deluso dal comportamento della dirigenza gialloviola che tentò di cederlo.[153] Nel corso del lockout per Bryant ci fu la possibilità di venire alla Virtus Bologna, che tuttavia non si concretizzò.[154] La sua stagione, nonostante un problema al polso,[155] partì bene, e in gennaio segnò oltre 40 punti in 4 gare consecutive.[156] La sua stagione, seppur condizionata dalle voci sul divorzio dalla moglie,[157] fu buona in quanto raggiunse dei traguardi prestigiosi: il 6 febbraio 2012 diventò il 5º miglior marcatore della storia NBA, superando in classifica Shaquille O'Neal,[158] mentre all'All-Star Game (dove giocò nel quintetto base) segnò 28 punti superando Michael Jordan come miglior realizzatore di sempre all'All-Star Game.[159] Concluse anzitempo l'annata con una media di 27,9 punti, saltando 7 gare per una contusione allo stinco in aprile prima della post-season, contribuendo così alla qualificazione ai playoffs dei Lakers.[160][161] Anche questa stagione si chiuse con un'eliminazione alle semifinali di conference contro gli Oklahoma City Thunder di Kevin Durant e Russell Westbrook, nonostante Bryant avesse segnato avesse segnato 116 punti (36+38+42) nelle ultime 3 partite della serie chiusasi a gara-5;[162] Kobe vide sfumare la possibilità di vincere il 6º titolo suo obiettivo dichiarato così da poter eguagliare Michael Jordan.[163]


Bryant mentre difende su LeBron James nel febbraio 2016
La stagione 2012-2013 si aprì con grandi aspettative per i lacustri: arrivarono a LA le stelle Dwight Howard e Steve Nash per aiutare Kobe a vincere il 6° anello.[164] Tuttavia le cose non procedettero come previsto e la squadra non girò tanto che dopo 5 partite Mike Brown venne esonerato per fare spazio a Mike D'Antoni,[164][165] con cui Bryant non ebbe un bel rapporto.[166][167] In stagione Bryant dovette giocare molti più minuti del previsto nonostante avesse problemi fisici[164][168] e la squadra faticasse a integrarsi col gioco di D'Antoni.[167][169][170] Il 30 marzo 2013 raggiunse i 31 423 punti, superando Wilt Chamberlain.[171] Da marzo in poi, nonostante i problemi fisici, iniziò a giocare oltre 40 minuti per consentire al team di raggiungere i playoffs.[168][172] Il 12 aprile 2013 pagò gli sforzi profusi contro Golden State in quanto subì un grave infortunio al tendine di Achille, a seguito di un contrasto falloso con Harrison Barnes, che lo costrinse a chiudere anzitempo la stagione e che mise a rischio la sua carriera;[173] tra l'altro Bryant, seppur da infortunato, segnò i 2 tiri liberi successivi e uscì dal campo sulle sue gambe senza l'ausilio della barella.[174] Nei playoffs, col Black Mamba assente, la squadra venne eliminata per 4-0 al primo turno dai San Antonio Spurs futuri finalisti.[164] Bryant disputò comunque un'ottima annata[175] che in seguito definì la migliore della sua carriera.[176]
Ultimi anni (2013-2016)
Il grave infortunio condizionò Bryant nella stagione 2013-2014 in quanto giocò solamente 6 partite.[85] La stagione successiva ne giocò 31,[177] venendo nuovamente limitato dagli infortuni e giocò la sua ultima partita il 21 gennaio 2015 contro i New Orleans Pelicans, in cui Bryant tentò di rimanere in campo nonostante un forte dolore alle cuffie rotatori.[178] Il 14 dicembre raggiunse quota 32 293 punti, superando Michael Jordan nella classifica dei realizzatori all-time, piazzandosi al 3º posto dopo Kareem Abdul-Jabbar e Karl Malone.[179]
Nonostante i problemi fisici, l'anno successivo Bryant fu disponibile sin da subito: con 25 milioni di stipendio fu il giocatore più pagato della lega, ma le sue prestazioni furono negative, onde per cui il 2 novembre lui stesso fece autocritica a riguardo.[180][181] A fronte di ciò il 29 novembre 2015, tramite una lettera dedicata alla pallacanestro rilasciata a The Player's Tribune, annunciò il suo ritiro dall'attività agonistica al termine della stagione 2015-2016.[182]
Il suo ultimo anno fu un farewell tour in quanto in ogni arena gli vennero tributati applausi e apprezzamenti, persino in quelle di squadre rivali come i Boston Celtics.[183] All'All-Star Game del 14 febbraio 2016 ci arrivò come giocatore più votato,[184] e disputò 26 minuti nonostante lui avesse chiesto all'allenatore dell'ovest Gregg Popovich di giocarne solo 10, segnando 10 punti.[185] Il 13 aprile 2016 giocò la sua ultima partita in NBA concludendo con 60 punti (miglior prestazione realizzativa per un singolo giocatore nell'anno 2015-2016) nella vittoria contro gli Utah Jazz, tirando con il 44% dal campo e stabilendo un nuovo record per punti segnati nell'ultima partita in carriera.[186][187]
Il 18 dicembre 2017 i Lakers, in suo onore, hanno ritirato sia la maglia n°8 che la n°24 con una cerimonia allo Staples Center presieduta da Magic Johnson.[9][47] In questo modo è diventato il primo giocatore nella storia dell'NBA a vedere 2 numeri di maglia ritirati dalla stessa squadra.[176]
Nazionale
Rifiuti, infortuni e FIBAS Americas Championship 2007


Kobe Bryant con la Nazionale statunitense a Pechino 2008.
Dopo avere rifiutato le convocazioni alle Olimpiadi 2000[188] e 2004 (la seconda per problemi giudiziari)[189] e ai Mondiali 2002,[190] saltò i Mondiali 2006 per infortunio.[112] La carriera in nazionale di Bryant ebbe inizio nel 2007 in un'amichevole tra i giocatori della Nazionale statunitense in preparazione ai FIBA Americas Championship 2007 di Las Vegas.[191][192] Durante la competizione Bryant andò più volte in doppia cifra (segnando 3 ventelli)[193] e segnò anche il suo massimo di punti con il Team USA in occasione della sfida con l'Argentina vinta per 91-76 mettendone a segno 27.[194] Contro gli stessi argentini gli USA vinsero la finale per 118-81, con Bryant che realizzò solo 5 punti.[195] Nella manifestazione tenne di media 15,3 punti, non andando in doppia cifra solo in 2 occasioni nel corso della competizione.[193]
Olimpiadi 2008
Nel 2008, sotto la guida dell'allenatore di Duke Mike Krzyzewski, disputò i Giochi Olimpici 2008 nonostante dei problemi al mignolo.[196] Anche questa volta Bryant vinse la medaglia d'oro, segnando 20 punti (di cui 13 nel secondo tempo) nella combattuta finale contro la Spagna.[197] Nel torneo tenne di media 15 punti,[198] realizzandone 25 nella vittoria per 116-85 contro l'Australia.[199]
Olimpiadi 2012 e ritiro
Successivamente disputò anche i Giochi Olimpici 2012.[200] Dopo un inizio in sordina con 9,4 punti di media, dai 20 punti (la maggior parte dei quali segnati nel 4° quarto) nei quarti contro l'Australia andò in doppia cifra prima nella semifinale con 13 punti contro l'Argentina e poi con 17 nella vittoriosa finale (107-100) contro la Spagna, ottenendo la terza medaglia d'oro.[201][202] Al termine della manifestazione, in cui tenne di media 12 punti,[203] annunciò il proprio ritiro dalla nazionale.[204] Nel 2016 s'intravide per lui la possibilità di concludere la carriera con un terzo oro olimpico; tuttavia declinò l'invito.[204]
Con la nazionale disputò complessivamente 37 incontri, di cui 16 alle Olimpiadi e 10 ai FIBA Americas Championship, mettendo a referto in totale 504 punti (con una media di 13,6 punti a partita).
Dopo il ritiro
La lettera con cui annunciò il proprio ritiro al basket nel 2015 fu convertita in un cortometraggio animato intitolato Dear Basketball (che era l'incipit della lettera originale) nel 2017 diretto da Glen Keane.[205] Nel gennaio 2018 venne annunciato che la lettera sarebbe stata candidata all'Oscar come miglior cortometraggio d'animazione;[206] il 4 marzo 2018 la pellicola vinse la statuetta, rendendo Kobe il primo sportivo in assoluto a vincere tale premio.[207] Durante i playoffs 2018 condusse il programma Detail in cui analizzava le partite della post-season.[208] Il 17 ottobre dello stesso anno venne annunciata la seconda edizione del programma a cui si aggiunse l'ex giocatore NFL Peyton Manning.[209]
Il 12 novembre 2018 pubblicò un libro intitolato The Mamba Mentality - Il mio basket, in cui parla della sua carriera oltre che di avversari da lui affrontati. Collaborarono alla stesura del libro il suo ex allenatore Phil Jackson, che scrisse l'introduzione, oltre che l'ex compagno di squadra Pau Gasol che scrisse la prefazione.[210][211] Il 15 marzo 2019 effettuò i sorteggi dei gironi per i Mondiali in Cina (di cui è ambasciatore globale insieme agli ex cestisti Dirk Nowitzki e Yao Ming).[212][213] Il 20 aprile, insieme a Wesley King, pubblicò un altro libro, intitolato The Wizenard Series: Training Camp.[214] Nel corso delle estati svolse degli allenamenti con cestisti NBA come Giann#299;s Antetokounmpo,[215] Russell Westbrook[216] e Kawhi Leonard.[217]
La morte
Alle 9:06 PDT del 26 gennaio 2020, Bryant, sua figlia di tredici anni Gianna e altre sette persone decollarono dal John Wayne Airport nella Contea di Orange (California), su un elicottero Sikorsky S-76 di proprietà del giocatore.[218] Il velivolo si schiantò a Calabasas alle 9:47 circa, prendendo fuoco. I vigili del fuoco della contea di Los Angeles spensero l'incendio alle 10:30,[219] confermando la morte di tutti e nove i passeggeri. Secondo i primi rapporti l'elicottero si schiantò a causa della nebbia fitta.[1]
Fuori dal campo
Vita privata


Kobe durante un intervento a Manila nel 2009
Il suo primo nome, Kobe, fa riferimento alla pregiata qualità di carne bovina, quella che i suoi genitori mangiarono in un ristorante poco prima della sua nascita.[5]
Parlava fluentemente l'italiano (oltre che lo spagnolo),[220][221] avendo vissuto in Italia tra i 6 e i 13 anni, al seguito del padre che aveva lasciato l'NBA per trasferirsi prima a Rieti poi alla Viola Reggio Calabria, all'Olimpia Basket Pistoia e alla Pallacanestro Reggiana.[5]
A 22 anni, il 18 aprile 2001, si sposò con Vanessa Laine.[222] Il rapporto tra i coniugi non è sempre stato idilliaco, oltre che per l'accusa di stupro del 2003 per il fatto che nel dicembre 2011 Vanessa chiese il divorzio stanca dei tradimenti del cestista;[223] tuttavia il 12 gennaio 2013 la procedura venne annullata e i due si riconciliarono.[224] Bryant e Vanessa hanno avuto quattro figlie: Natalia Diamante, nata il 19 gennaio 2003, Gianna Maria-Onore, nata il 1º maggio 2006 e deceduta il 26 gennaio 2020, nello stesso incidente che ha coinvolto il padre,[1] Bianka Bella, nata il 5 dicembre 2016, e Capri Kobe, nata il 20 giugno 2019.
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Kirk Douglas, nato Issur Danielovitch e noto anche come Isadore Demsky (Amsterdam, 9 dicembre 1916 – Beverly Hills, 5 febbraio 2020), è stato un attore e produttore cinematografico statunitense.


Autografo di Kirk Douglas
Nel 1999 l'American Film Institute lo inserì al 17º posto tra le più grandi star della storia del cinema statunitense.
Era padre dell'attore Michael Douglas e del produttore Joel Douglas, nonché nonno di Cameron Douglas
Kirk Douglas nasce ad Amsterdam, nello stato di New York, il 9 dicembre del 1916 da immigrati ebrei bielorussi originari di #268;avusy: Bryna Sanglel, detta Bertha (1884-1978) ed Herschel Danielovitch, detto Harry (1884-1950). Si laurea in Lettere e si diploma poi all'Accademia americana di arti drammatiche di New York.


Kirk Douglas nel 1939
Dopo aver prestato servizio nella Marina degli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale, inizia a lavorare al teatro, recitando anche a Broadway, dove viene scritturato da Guthrie McClintic, il quale gli suggerisce di cambiare subito nome in uno "decente": l'appellativo "Isadore Demsky", secondo il produttore, può andar bene per apparire in recite studentesche, ma sui cartelloni di Broadway non ha possibilità di far colpo. Issur Danielovitch opta quindi per Kirk, dal nome di un personaggio dei fumetti che era tra i suoi preferiti, e per Douglas, dal cognome della sua insegnante di dizione all'accademia.
La sua prima interpretazione cinematografica è quella di un giovane procuratore distrettuale nel film Lo strano amore di Marta Ivers (1946) di Lewis Milestone, accanto a Barbara Stanwyck e Van Heflin; l'anno seguente affianca Robert Mitchum e Jane Greer in Le catene della colpa di Jacques Tourneur. Successivamente recita anche in ruoli brillanti, tuttavia la commedia non si addice alle sue caratteristiche, più adatte a ruoli forti, spesso cinici, da "duro". Conquista l'interesse del pubblico e della critica interpretando un pugile forte atleticamente, ma di scarse qualità umane, in Il grande campione (1949) di Mark Robson; il successo definitivo arriva però con L'asso nella manica (1951) di Billy Wilder, in cui interpreta Chuck Tatum, giornalista senza scrupoli che specula sul dramma di un minatore intrappolato dopo il crollo in una miniera. Seguono Pietà per i giusti (1951) di William Wyler, accanto ad Eleanor Parker, in cui interpreta un poliziotto spietato, e Il bruto e la bella (1952) di Vincente Minnelli, nei panni di un produttore cinematografico dal cuore di pietra che tormenta la fragile diva Lana Turner. In quegli anni fornisce ottime prove anche nelle pellicole Chimere (1950) di Michael Curtiz e Lo zoo di vetro (1950) di Irving Rapper.
Nel 1954, dopo avere interpretato in Italia il mito di Ulisse di Mario Camerini, ove affianca Silvana Mangano ed Anthony Quinn, fonda una propria casa di produzione denominata Bryna Productions (dal nome della madre), con la quale realizza i suoi più grandi successi da protagonista. Nel 1956 interpreta con grande efficacia il pittore Vincent van Gogh nel film Brama di vivere, diretto da Vincente Minnelli, mentre al 1957 risale uno dei capolavori nella sua ricca filmografia, Orizzonti di gloria, pellicola fortemente antimilitarista diretta dal giovane Stanley Kubrick ed al quale Douglas teneva molto. Sempre diretto da Kubrick, l'attore sarà il protagonista nel 1960 del kolossal Spartacus. Nella sua lunga carriera è stato anche un eccellente interprete di film western, tra i quali sono da ricordare Il grande cielo (1952) di Howard Hawks, L'uomo senza paura (1955) di King Vidor, e Sfida all'O.K. Corral (1957) di John Sturges: in quest'ultimo impersonò splendidamente il personaggio del medico Doc Holliday, al fianco di Burt Lancaster nel ruolo dello sceriffo Wyatt Earp.
Fino alla fine degli anni sessanta partecipa a film di vario genere, distinguendosi ancora per la sua presenza sanguigna e decisa; tra questi si segnalano il disneyano 20.000 leghe sotto i mari (1954) di Richard Fleischer, I vichinghi (1958) di Richard Fleischer, Noi due sconosciuti (1960) di Richard Quine, L'occhio caldo del cielo (1961) di Robert Aldrich, Due settimane in un'altra città (1962) di Vincente Minnelli (1962), Solo sotto le stelle (1962) di David Miller, Sette giorni a maggio (1964) di John Frankenheimer, Carovana di fuoco (1967) di Burt Kennedy, La fratellanza (1968) di Martin Ritt e Il compromesso (1969) di Elia Kazan.
Negli anni settanta e ottanta dirada la sua attività sul grande schermo; di questo periodo si ricordano, tra gli altri, Uomini e cobra (1970) di Joseph L. Mankiewicz, Un uomo da rispettare (1972) di Michele Lupo, Fury (1978) di Brian De Palma, Jack del Cactus (1979) di Hal Needham, Saturn 3 (1980) di Stanley Donen, L'uomo del fiume nevoso (1982) di George Miller e Due tipi incorreggibili (1986) di Jeff Kanew, ove appare nuovamente coppia con Burt Lancaster.


Kirk Douglas, con il direttore d'orchestra Zubin Mehta alla cerimonia della Hollywood Walk of Fame nel 2011
Ha ricevuto tre candidature al Premio Oscar, senza mai vincerlo. Solo nel 1996 viene premiato con l'Oscar alla carriera. Il 16 gennaio 1981 riceve una prestigiosa onorificenza civile statunitense, la Medaglia presidenziale della libertà, dal presidente Jimmy Carter[2]. Douglas interpreta il suo penultimo film, Vizio di famiglia (2003) di Fred Schepisi, accanto a Michael, proprio nei ruoli di padre e figlio. La sua ultima apparizione al cinema risale al 2004, con il film Illusion di Michael A. Goorjian, ove interpreta un regista moribondo. Saltuariamente attivo anche nelle produzioni televisive, appare per l'ultima volta sul piccolo schermo nel 2008.
Ormai lontano dalle scene in ragione dell'età avanzata e delle limitazioni fisiche, si è impegnato, attraverso i mezzi di comunicazione di massa (fra i quali un suo blog), in una campagna atta a indurre gli Stati Uniti d'America a chiedere perdono per la schiavitù delle persone deportate dall'Africa fra i secoli XVI e XIX e per le ingiustizie che gli afroamericani continuarono a patire anche dopo l'abolizione formale del regime schiavista[3], battaglia vinta nell'agosto 2008[4].
Kirk Douglas muore il 5 febbraio 2020 all'età di 103 anni: fu l'attore vivente più anziano vincitore del Premio Oscar[5].
Vita privata[modifica | modifica wikitesto]
Kirk Douglas si è sposato due volte. Dal primo matrimonio con l'attrice britannica Diana Dill (durato dal 1943 al 1951) ha avuto due figli, l'attore Michael Douglas (nato nel 1944) e Joel Douglas (nato nel 1947), divenuto in seguito produttore. Nel 1954 Douglas si è risposato con la produttrice Anne Buydens, conosciuta sul set di Brama di vivere, da cui ha avuto altri due figli, Peter Vincent (1955) ed Eric (1958-2004, morto a 46 anni per abuso di stupefacenti).
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Mirella Freni, pseudonimo di Mirella Fregni (Modena, 27 febbraio 1935 – Modena, 9 febbraio 2020), è stata un soprano italiano, attivo dalla fine degli anni cinquanta ai primi anni duemila.
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Fu una "bambina prodigio", essendosi esibita in pubblico già all'età di dieci anni in un concorso RAI, cantando Un bel dì vedremo da Madama Butterfly. Aveva cominciato ad amare la musica in famiglia e a cantare da voce bianca le arie d'opera popolari, mentre uno zio materno le aveva insegnato a leggere le prime note. Beniamino Gigli, dopo averla ascoltata in un'audizione privata a Roma, le consigliò di dedicarsi in maniera sistematica allo studio del canto.
Come insegnante ebbe il baritono, noto nel primo Novecento, Gigi Bertazzoni, accompagnato al pianoforte dal maestro Leone Magiera, che ne divenne il preparatore musicale per i primi venticinque anni di carriera.
Dopo qualche anno di studio, debuttò con grande successo il 3 febbraio 1955 al Teatro Comunale di Modena come Micaela in Carmen. Subito dopo il brillante esordio, la Freni interruppe la carriera in seguito al matrimonio col maestro Magiera e alla nascita della figlia Micaela, riprendendo soltanto tre anni dopo, quando, dopo l'affermazione al "Concorso internazionale Giovanni Battista Viotti" a Vercelli, cantò nel ruolo di Mimì al Teatro Regio di Torino. Seguirono gli esordi a Glyndebourne nei ruoli mozartiani di Susanna e Zerlina e al Covent Garden in Nannetta nel 1961.
Nel 1962, ancora con Falstaff, esordì alla Scala di Milano. Il primo grande successo scaligero da protagonista fu nel 1963 nella celebre edizione de La bohème diretta da Herbert von Karajan, del quale divenne ben presto una delle cantanti preferite in assoluto. Nello stesso anno debuttò, ancora come Mimì, alla Staatsoper di Vienna, dove interpretò il suo personaggio prediletto in trentatré rappresentazioni, fino al 1992.
Altro importante debutto fu al Metropolitan nel 1965, ancora in Bohème, accanto al pure esordiente Gianni Raimondi. Seguirono apparizioni negli altri principali teatri statunitensi e poi in tutti i più grandi teatri del mondo, prevalentemente in ruoli squisitamente lirici o lirico-leggeri (oltre a Mimì e Micaela, Liù, Suzel, Juliette, Marguerite, Adina, Elvira e diversi ruoli mozartiani), con l'eccezione di Violetta, affrontata alla Scala[1], a Londra e nella sua Modena.
A partire dagli anni 70 iniziò ad affrontare ruoli dalla vocalità più tesa, in particolare dell'universo verdiano, come Desdemona in Otello, Elisabetta in Don Carlo, Amelia in Simon Boccanegra, Elvira in Ernani, fino ad Aida. Aggiunse inoltre al repertorio i personaggi pucciniani di stampo più drammatico, come Butterfly, Manon e Tosca.
Con gli anni 90 allargò il repertorio nell'ambito del verismo, interpretando Fedora e Adriana Lecouvreur, e spingendosi nell'area dell'opera russa con Eugene Onegin, La dama di picche e il personaggio di Giovanna de La pulzella d'Orleans. Proprio con quest'ultimo ruolo chiuse la carriera a Washington nel 2005. Nello stesso anno il Metropolitan (dove ha cantato in centoquaranta recite) celebrò il quarantesimo anniversario dell'esordio in quel teatro con uno speciale gala ("Mirella Freni Gala Anniversary Concert"), che fu l'ultima apparizione.
La carriera di Mirella Freni fu caratterizzata, come traspare anche dal percorso evolutivo, da un affinamento e uno studio continui, sia della tecnica vocale sia dell'interpretazione scenica. Tra le interpretazioni più acclamate spicca quella della Bohème pucciniana, tanto da essere considerata fra le Mimì per antonomasia del XX secolo. Ha svolto una vasta attività discografica.
Dopo la separazione dal maestro Magiera sposò nel 1981 il basso Nicolai Ghiaurov, scomparso nel 2004. Nel 1990 pubblicò un libro di memorie intitolato Mio caro teatro. Nel 1993 venne insignita della Legion d'Onore. Nel 2010, all'Arena di Verona, le fu assegnato il primo Oscar della Lirica alla carriera. Nel 2015 il teatro alla Scala l'ospitò in una serata in suo onore in occasione degli 80 anni.
Curiosità[modifica | modifica wikitesto]
Si può dire che la sua vita fu legata all'opera sin dalla nascita: raccontava la Freni che per poco non nacque su una delle panche del Teatro comunale di Modena. Infatti sua madre, operaia alla Manifattura Tabacchi della città, recatasi a teatro nonostante fosse agli ultimi giorni di gravidanza arrivò a casa appena in tempo prima del parto.[2]
La Freni ebbe la stessa balia di Luciano Pavarotti, circostanza favorita dal fatto che le madri erano colleghe di lavoro.

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"Le montagne russe del mio corpo sono una corsa impegnativa ma bellissima. Ho avuto due bambine. Il mio scopo più importante è essere su questo pianeta per loro.
Qualunque siano le conseguenze sul corpo, è un miracolo che va vissuto. Ci sono stati momenti in cui mi chiudevo nell’armadio a piangere. Odiavo vestirmi, era così difficile sembrare decente. Pensavo: 'Devo mangiare bene, devo buttare giù questo sederone!'. Ma mangiare mi piace, anche adesso non riesco a non pensare alle brioche! Perciò non guardate le star che ricompaiono in perfetta forma subito dopo aver dato alla luce un bambino. Non confrontatevi con le riviste e i tappeti rossi.
Mi sono serviti 45 anni per trovare me stessa, per raggiungere il mio equilibrio. Non sono perfetta, ma sono io"
(Drew Barrymore)
Oggi l'attrice compie 45 anni!
Tantissimi auguri alla bellissima Drew Barrymore

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Clive Eric Cussler (Aurora, 15 luglio 1931 – Scottsdale, 24 febbraio 2020) è stato uno scrittore statunitense di romanzi d'avventura.
Nasce nel 1931 ad Aurora[1], nell'Illinois, da madre americana e padre tedesco, ma si trasferisce da bambino ad Alhambra, California. Interrotti gli studi al Pasadena City College dopo due anni per arruolarsi nell'aviazione, partecipa alla guerra di Corea raggiungendo il grado di sergente. Lavora anche come meccanico e tecnico aeronautico per il Military Air Transport Service (MATS).
Nel 1955 sposa Barbara Knight, che gli rimarrà accanto per quasi cinquant'anni fino alla sua morte, avvenuta nel 2003. Tre figli sono nati dal matrimonio tra Cussler e la Knight: Teri, Dana e Dirk. Quest'ultimo (che ha dato il nome al personaggio di maggior successo di Cussler, Dirk Pitt) si è laureato a Berkeley ed ha lavorato per molti anni in campo finanziario prima di dedicarsi a tempo pieno alla narrativa, sulle orme paterne, collaborando alla stesura di tre romanzi scritti a quattro mani con il padre.
Terminato il servizio militare, Cussler negli anni '60 ha lavorato nella pubblicità, come direttore creativo di una delle più importanti agenzie pubblicitarie degli Stati Uniti. Molte delle sue pubblicità per la televisione e la radio hanno vinto importanti premi internazionali, tra cui un premio ricevuto al Cannes Lions Advertising festival.
Fonda nel 1978 la National Underwater & Marine Agency, fondazione non profit specializzata nella localizzazione, identificazione e recupero di relitti marini di rilevanza storica, che ha preso il nome dall'omonima agenzia governativa di fantasia per cui lavorano i personaggi dei suoi libri.
In seguito alla pubblicazione di Cacciatori del mare, primo lavoro interamente realistico scritto in collaborazione con Craig Dirgo, è stato nominato dottore in lettere ad honorem dalla State University of New York Maritime College nel 1997[2].
È un attivo membro dell'Explorers Club di New York e della Royal Geographical Society di Londra.
Possiede una vasta collezione di auto e aerei d'epoca raccolti nel Cussler Museum[3] di Arvada (Colorado). Molti dei mezzi storici di sua proprietà appaiono anche nei suoi romanzi.
Carriera letteraria[modifica | modifica wikitesto]
La carriera di scrittore di Cussler comincia nel 1965, in un periodo durante il quale si ritrovava a badare ai figli la notte mentre la moglie lavorava presso il dipartimento di polizia. Esordisce nella narrativa nel 1973, con la pubblicazione del romanzo Enigma, cronologicamente il secondo romanzo dedicato alle avventure di Dirk Pitt. Solo nel 1982 viene pubblicato il primo romanzo di Pitt, Vortice, rimasto fino ad allora inedito. I primi due romanzi di Cussler vengono inizialmente poco notati da critica e pubblico, che li considera solo delle avventure marinare di poco conto, ed è solo con il romanzo Recuperate il Titanic! del 1976 che Cussler raccoglie un consenso unanime che lo porterà a diventare uno dei romanzieri d'avventura più apprezzati al mondo.
I romanzi di Cussler seguono una struttura narrativa che di volta in volta mantiene le stesse linee guida principali: dopo un antefatto storico che verrà risolto nel finale, Cussler sposta la narrazione in epoca moderna (o collocata nell'immediato futuro), mettendo Pitt e il compagno Albert "Al" Giordino di fronte a megalomani che vogliono conquistare il mondo, donne stupende, nemici crudeli, doppiogiochisti e tecnologie futuribili ma attendibili. Da un punto di vista strettamente narrativo, le avventure descritte da Cussler (specialmente nei romanzi di Dirk Pitt) sono un incrocio tra le avventure di James Bond e Indiana Jones, descritte spesso con un piglio ironico ma anche con un ottimo senso del drammatico. Vari suoi romanzi sono classificati nel filone del thriller tecnologico e sconfinano nella fantascienza[4].
Per ben 17 romanzi consecutivi Cussler ha raggiunto la prima posizione nella hit parade del New York Times dedicata ai romanzi di fiction.
Il suo più famoso personaggio è l'ingegnere navale e Maggiore dell'aeronautica statunitense Dirk Pitt insieme al suo inseparabile compagno d'avventura Albert Giordino. Lo stesso Dirk Pitt è stato pensato come alter ego dell'autore, soprattutto nella sua passione per il mare, per la storia e per le automobili d'epoca di cui è un collezionista: Dirk Pitt fa parte delle serie "Le avventure di Dirk Pitt", scritte a quattro mani col figlio Dirk Cussler da Vento nero in poi. Invece nella serie denominata "NUMA files", composta insieme a Paul Kemprecos e da I cancelli dell'inferno con Graham Brown, egli narra le avventure di Kurt Austin e Joe Zavala, i quali fanno parte della squadra missioni speciali della NUMA. Nella serie "Oregon Files", invece, composta inizialmente con Craig Dirgo e poi da I predatori con Jack du Brul, racconta le avventure di Juan Cabrillo e la sua squadra, i quali fanno parte di una squadra missioni speciali, con la loro nave: la Oregon. Nella serie "Fargo adventures", invece (scritta a quattro mani con Grant Blackwood per i primi tre libri, con Thomas Perry per il quarto e il quinto libro e con Russel Blake dal sesto) narra le vicende dei coniugi Fargo, Sam e Remi. Ne "Le indagini di Isaac Bell" (scritta con Justin Scott dal secondo romanzo), racconta le avventure dell'investigatore Isaac Bell della Van Dorn Detective Agency, nell'America di inizio Novecento, sulle tracce di spietati criminali.
Il primo libro pubblicato in America è stato Enigma, mentre in Italia è stato Recuperate il Titanic!, edito da Rizzoli; poi i diritti italiani sono stati acquisiti dalla Longanesi.
Nel corso della sua pluridecennale carriera è stato l'autore di 18 romanzi fiction, due avventure per bambini e due titoli non narrativi. Ha inoltre pubblicato, insieme a undici coautori (Grant Blackwood, Russell Blake, Graham Brown, Robin Burcell, Dirk Cussler, Craig Dirgo, Jack DuBrul, Paul Kemprecos, Boyd Morrison, Thomas Perry, Justin Scott), altri 59 romanzi e 3 titoli non narrativi. Al 2019 ha pertanto all'attivo un totale di 84 progetti editoriali.
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Javier Pérez de Cuéllar (nome completo Javier Felipe Ricardo Pérez de Cuéllar y de la Guerra)
(Lima, 19 gennaio 1920 – Lima, 4 marzo 2020[1][2]) è stato un politico e diplomatico peruviano.
È stato il quinto Segretario generale delle Nazioni Unite, dal gennaio 1982 al dicembre 1991.
Laureatosi in Giurisprudenza, divenne Ambasciatore nel 1962. Fautore di una politica di stampo terzomondista, e dell'inserimento del Perù nel novero dei paesi non allineati, nel 1969 fu il primo ambasciatore peruviano in Unione Sovietica; nel 1973 fu delegato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di cui divenne poi Segretario Generale il 1º gennaio 1982. Si fece apprezzare per le sue doti di diplomatico, tanto da essere rieletto nel 1986, ed ottenere successivamente un grande successo con la mediazione per il cessate il fuoco nel conflitto tra Iran ed Iraq, nel 1988.


Pérez de Cuéllar nel 2015
Nel 1995 ha concorso senza successo contro Alberto Fujimori per la carica di Presidente del Perù. È stato Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Peruviana e Ministro degli Esteri del Perù dal 22 novembre 2000 al 28 luglio 2001, dopo la caduta del governo Fujimori.
Quando era ambasciatore in Francia, incontrò e sposò la prima moglie, Yvette Roberts (morta a Lisbona, 2013). Da questo matrimonio, ha avuto un figlio, Francisco, e una figlia, Águeda Cristina.
Quando nel 1975 era a Cipro come rappresentante speciale del segretario generale, Pérez de Cuéllar sposò la seconda moglie, Marcela Temple Seminario con cui non ha avuto figli
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Gianni Mura (Milano, 9 ottobre 1945 – Senigallia, 21 marzo 2020) è stato un giornalista e scrittore italiano.
Mura nasce a Milano nel 1945 da padre carabiniere e madre insegnante di scuola elementare.[1][2] La sua formazione si indirizza verso gli studi classici, compiuti al Liceo Ginnasio Statale Alessandro Manzoni.[2]
Nel novembre 1964 ottiene un posto da praticante al quotidiano sportivo La Gazzetta dello Sport (direttore Gualtiero Zanetti), grazie alla segnalazione del proprio istituto, che era uso proporre i migliori studenti in italiano alla testata;[2] intanto si iscrive all'Università, alla Facoltà di Lettere moderne. Quello che doveva essere un impiego temporaneo diventa il suo posto di lavoro per otto anni.[3] Durante il periodo alla Gazzetta lavora dapprima come corrispondente per incontri di calcio di differenti categorie, e dal 1965 viene inviato come corrispondente al Giro d'Italia.[4]
Dato il suo impegno come giornalista, rinuncia agli studi per dedicarsi pienamente alla professione.[2] Si iscrive all'Ordine dei Giornalisti della Lombardia il 14 aprile 1967,[3] successivamente scrive anche per il Corriere d'Informazione, Epoca e L'Occhio.[3] Dal 1976 collabora con la Repubblica;[3] segue le Olimpiadi di Montreal[2] e nel 1983 diventa membro fisso della redazione.[2] Per tutta la durata del campionato di calcio di Serie A, tiene una rubrica domenicale intitolata Sette giorni di cattivi pensieri. Sul settimanale Il Venerdì si occupa invece di recensioni eno-gastronomiche insieme con la moglie Paola[3] nella rubrica dal titolo Mangia e bevi. Dal 1998 è presidente della giuria del premio L'Altropallone, riconoscimento simbolico sportivo per la pace e solidarietà.[5]
Nel maggio 2007, edito da Feltrinelli, esce il suo primo romanzo, Giallo su giallo, vincitore del Premio Grinzane - Cesare Pavese per la narrativa 2007,[6] ambientato durante lo svolgimento del Tour de France,[6] corsa che il giornalista segue da tempo.[7] Alla stessa corsa, raccontata da alcuni suoi articoli al seguito del Tour, ha dedicato il libro La fiamma rossa. Storie e strade dei miei Tour, uscito nel 2008 per minimum fax.
Dal 2011 è direttore, insieme a Maso Notarianni, di E - Il mensile, rivista di Emergency, che terminerà le pubblicazioni il 25 luglio del 2012.[9]
Nel 2012 esce, sempre per Feltrinelli, il suo secondo romanzo che ha per protagonista il commissario Magrite: Ischia.
Dal 2015 ha una sua rubrica su Scarp de' tenis, intitolata Le storie di Mura.
Ricoverato per un malore all'ospedale di Senigallia nel marzo 2020, si spegne a 74 anni per un attacco cardiaco.

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Nino Alberto Arbasino (Voghera, 22 gennaio 1930 – Voghera, 22 marzo 2020) è stato uno scrittore, giornalista, poeta, critico teatrale e politico italiano.
Tra i protagonisti del Gruppo 63, la sua produzione letteraria ha spaziato dal romanzo (Fratelli d'Italia del 1963, riscritto nel 1976 e nel 1993) alla saggistica (ad esempio Un paese senza, 1980). Si considerava uno scrittore espressionista, e considerava Super Eliogabalo il suo libro più surrealista e anche quello più espressionista: «soprattutto per le descrizioni dei luoghi, che sono sempre onirici e deliranti»
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
«Il male di vivere lo incontravo a Voghera, ma non lo salutavo»
(Alberto Arbasino[2])
Figlio di Edoardo e Gina Manusardi, primo di tre fratelli: Mario e Massimo, mancato in giovane età. Studia al Regio Liceo-Ginnasio Grattoni di Voghera. Nel 1948 si iscrive alla facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Pavia e viene ammesso al Collegio Cairoli. Passa alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Statale di Milano nel 1951 attirato dalla carriera diplomatica. Nel 1955 si laurea in Giurisprudenza, relatore Roberto Ago, di cui diventerà assistente. Si fa conoscere al pubblico con alcuni scritti pubblicati su riviste importanti come L'illustrazione italiana, Officina e Paragone che nel 1955 gli pubblica uno dei suoi primi racconti, Destino d'estate. In esso si rintracciano alcuni temi ricorrenti nell'opera di Arbasino: la provincia italiana del periodo post-bellico chiusa nel suo mondo ristretto e la critica di una società pettegola e ristretta delle ville e dei salotti.
Nella primavera del 1956 passa un trimestre di studio in Francia a Sciences Po. Nel 1957 si trasferisce a Roma, sempre col professor Ago, alla Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza. Da scrittore esordiente, ha avuto come editor Italo Calvino nel 1957.[3] I suoi primi racconti, inizialmente pubblicati su riviste, sono stati poi raccolti in Le piccole vacanze e L'Anonimo lombardo. Nell'estate 1959 passa alcune settimane a Harvard come borsista della Political Section. Nel 1960 esce a puntate su Il Mondo La bella di Lodi che l'anno successivo verrà adattato per il cinema insieme a Mario Missiroli. Nel maggio 1963 esce per Feltrinelli Fratelli d'Italia. Nel 1965 abbandona la carriera universitaria per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura. Nel 1967 inizia la collaborazione con Il Corriere della Sera, terminata poi con la direzione di Giovanni Spadolini.
Nell'ottobre 1969 esce Super-Eliogabalo che viene accolto dal pubblico e dalla critica in modo controverso. Nel gennaio 1976 inizia la collaborazione con il quotidiano La Repubblica. Nel corso del 1977 ha condotto su Rai 2 il programma Match. Nel 1980 riceve l'Ambrogino d'oro del Comune di Milano dal sindaco Tognoli. A marzo 1985 pubblica per Garzanti Il meraviglioso, anzi. Nel 1993 viene ripubblicato e ampiamente riscritto Fratelli d'Italia, questa volta da Adelphi, iniziando così una prolifica collaborazione con la casa editrice milanese. Nel settembre 2001 Feltrinelli pubblica i versi di Rap!. Nel 2009 sono usciti due volumi antologici che riprendono l'opera con cronologia e storia editoriale ben ricostruite da Raffaele Manica ne «I Meridiani» di Mondadori. Nel 2004 gli è stato assegnato il Premio Chiara alla carriera[4]. Era solito rivedere e riscrivere le sue opere, pertanto quasi tutte sono state ripubblicate in edizioni aggiornate.[5]


Con Giuseppe Pontiggia in occasione del Premio Campiello del 1994.
Abbandonò la cerimonia del premio letterario Boccaccio (Certaldo, Firenze) prima ancora della conclusione (10 settembre 2011), affermando: "Sono qui da due giorni a sentire fanfaluche e convenevoli. Io questo premio non lo voglio, tenetevelo, me ne vado"[6]. Nel 2012 è stato insignito del Premio Scanno per la Letteratura. Nel 2013 riceve il Premio Campiello alla carriera. Nel 2014 è insignito del Premio Il Vittoriale degli Italiani; nel corso della cerimonia di premiazione dichiara: «Non so se qualche anno fa avrei accettato questo premio, oggi sono orgoglioso di riceverlo»[7].
Attività politica[modifica | modifica wikitesto]
È stato deputato al Parlamento italiano come indipendente per il Partito Repubblicano Italiano fra il 1983 e il 1987.
Estetica[modifica | modifica wikitesto]
Romanziere sofisticato e sperimentale, con trame estremamente rarefatte, lunghe digressioni metaletterarie e letterarie in molte lingue, giornalista di costume, critico teatrale e musicale, intellettuale. Raffaele Manica, nell'introduzione al Meridiano a lui dedicato, ha scritto: “Nell'idea di romanzo di Arbasino le citazioni sostituiscono l'intreccio o l'avventura del romanzo tradizionale: sono altre avventure verso altri mondi noti o meno noti o ignoti”.
Grande estimatore di Gadda, ne ha analizzato la scrittura nei saggi Genius Loci, in I nipotini dell'ingegnere (1960), in Sessanta posizioni[9], in L'ingegnere e i poeti: Colloquio con C. E. Gadda[10] e in L'ingegnere in blu, con il quale ha vinto l'anti-premio Pen Club nel 2008.[11] Arbasino è inoltre il padre delle espressioni: "Casalinga di Voghera" e "Gita a Chiasso"[12][13][14].
Pregevole inoltre la sua produzione come autore di libri di viaggio.
Di lui è stato anche detto che è erede della tradizione illuministica lombarda, quella di Giuseppe Parini per intenderci, per il valore civile dei suoi interventi pubblici. Gran parte della sua produzione giornalistica ha trovato spazio sulle colonne di Repubblica. «Modernista conservatore»[12], molti suoi scritti risultano caratterizzati argomentativamente da un buon senso spesso condivisibile ma talora appesantito da boutade "moralisteggianti"[15][16][17].


Alberto Arbasino nel 1976 a Orvieto
Polemiche[modifica | modifica wikitesto]
Seppur omosessuale dichiarato, nel 2000, durante le giornate del World Pride, criticò duramente quelle manifestazioni, arrivando a definirle "l'orgoglio del sedere"[18][19].
Archivio[modifica | modifica wikitesto]
Nel giugno 1996 Alberto Arbasino ha donato all'Archivio contemporaneo "Alessandro Bonsanti" conservato presso il Gabinetto Vieusseux a Firenze gli appunti avuti alla fine degli anni Sessanta da Harold Acton, contenenti una vivace descrizione del gruppo di inglesi-fiorentini poi utilizzata dallo scrittore lombardo per la stesure delle Due orfanelle, che sarebbe stato dato alle stampe nel 1968[20]. Il fondo Alberto Arbasino, contenente testi autografi di Arbasino che ne documentano l'intera opera (narrativa, teatrale, poetica, saggistica) e parte del suo epistolario, è conservato presso il Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell'Università degli Studi di Pavia.
Morte[modifica | modifica wikitesto]
Arbasino è morto a Voghera il 22 marzo 2020, a novant'anni

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Lucia Bosè, pseudonimo di Lucia Borloni[1] (Milano, 28 gennaio 1931 – Segovia, 23 marzo 2020[2]), è stata un'attrice italiana naturalizzata spagnola, eletta Miss Italia 1947.
Insieme a Silvana Pampanini, Gina Lollobrigida e Sophia Loren è stata una delle prime maggiorate del cinema italiano.
Lucia, figlia di Domenico Borloni e Francesca Bosè[senza fonte] era una commessa milanese della famosa Pasticceria Galli[3] quando fu notata dal regista Luchino Visconti. Le porte del cinema si aprirono dopo il 1947 grazie alla vittoria del concorso Miss Italia a Stresa. Alla stessa edizione parteciparono altre concorrenti divenute poi famose attrici: Gianna Maria Canale, Gina Lollobrigida (classificatesi rispettivamente seconda e terza), Silvana Mangano ed Eleonora Rossi Drago, poi esclusa perché sposata e madre.


Lucia Bosè nel 1950
Superò il provino per Riso amaro ma l'opposizione della famiglia la costrinse a rinunciare al film. Partecipò comunque ad alcune pellicole che segnarono l'affermazione del neorealismo italiano, come Non c'è pace tra gli ulivi (1950) di Giuseppe De Santis, ma soprattutto Cronaca di un amore (1950) di Antonioni per il quale fu anche La signora senza camelie (1953). In questo primo periodo fu diretta anche da Luciano Emmer e Francesco Maselli partecipando inoltre a diverse pellicole brillanti a fianco del suo primo fidanzato Walter Chiari. Dopo 17 film si sposò e lasciò il cinema ma rimase un popolare personaggio da rotocalco. Tornò sugli schermi alla fine degli anni sessanta, per lo più in ruoli secondari in pellicole quali Sotto il segno dello scorpione dei Taviani; Metello di Mauro Bolognini, Fellini Satyricon, di Federico Fellini. Tra le interpretazioni successive si ricordano: Cronaca di una morte annunciata (1987), di Francesco Rosi, L'avaro (1990) di Tonino Cervi nel cui film è stata doppiata da Angiolina Quinterno, Volevo i pantaloni (1990) di Maurizio Ponzi, I Viceré (2007) di Roberto Faenza.
Nel 2000 riesce a realizzare un suo sogno di gioventù e crea nella città di Turégano il primo Museo degli Angeli che raccoglie le rappresentazioni degli angeli provenienti da ogni parte del mondo. In Cronaca di un amore è stata doppiata da Rosetta Calavetta. Nelle ultime puntate della fiction Capri 3 la voce di Lucia Bosè è sostituita da quella di Marzia Ubaldi.
Nel 2017 riceve il Wilde Vip European Award per l'arte e la cultura, onorificenza conferita dalla Dreams Entertainment con l'Osservatorio Parlamentare Europeo.[4]
È morta il 23 marzo 2020 a causa di una polmonite complicata dal coronavirus, dopo il ricovero in ospedale a Segovia, in Spagna.
Lucia Bosè, dopo un lungo fidanzamento con l'attore italiano Walter Chiari, conobbe il torero Luis Miguel Dominguín, che sposò nel 1955 e col quale ha avuto i figli Miguel, Lucia e Paola. Le nozze civili furono celebrate a Las Vegas e quelle religiose in Spagna. Il matrimonio si concluse nel 1968 con la separazione, a causa delle continue infedeltà del marito.
Aveva due nipoti, Olfo e Bimba Bosé, figli di Lucia.
Ebbe modo di frequentare personalità di rilievo, come Pablo Picasso, Luchino Visconti, padrino di battesimo di Miguel, ed Ernest Hemingway.
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celeste
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